mercoledì 28 novembre 2018

MOLTO PIU' SIMILI DI QUANTO SI POSSA CREDERE

MOLTO PIU' SIMILI  DI QUANTO SI POSSA CREDERE
Cinzia Sciuto
NON C'E' FEDE CHE TENGA- Manifesto laico contro il multiculturalismo

pag. 50 " Sebbene infatti in ogni contesto sociale e religioso i fondamentalismi prendano forme diverse, essi sono tutto sommato molto più simili di quanto si possa credere: hanno di certo più in comune un islamista e un fondamentalista cattolico (mia nota: perché non cita anche un ortodosso ebreo, un cristiano ortodosso, un evangelico?) che ciascuno di loro con un proprio correligionario laico (mia nota: ovviamente non prende in considerazione chi sfocia negli atti di violenza, mi sembra ben chiaro anche se sottinteso). Si può anzi dire che esista una vera e propria "Internazionale fondamentalista", il cui punto di unione (...) è soprattutto la concezione della famiglia e della donna"
Concordo pienamente con questa affermazione (che conferma una mia vecchia analisi), che paradossalmente mette in piena luce quanta confusione ci sia tra chi ha l'ambizione e l'ispirazione etica di difendere i diritti  che spesso agisce per contrapposizione pro gli uni contro gli altri piuttosto che avendo la laicità come stella polare.

PIUTTOSTO CHE NIENTE, MEGLIO PIUTTOSTO

PIUTTOSTO CHE NIENTE, MEGLIO PIUTTOSTO
Ha ragione Cinzia Sciuto, però non so come esprimere la mia contentezza di vivere in un imperfettissimo (dal punto di vista della laicità) paese occidentale, piuttosto che in una teocrazia... EVVIVA  L'EUROPA

martedì 27 novembre 2018

I DIRITTI SONO AUTOFONDANTI

Se una certa interpretazione di una fede riscontra contraddizioni con i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani, è  quell' interpretazione che va messa in discussione, non certo i diritti -Cinzia Sciuto, NON C'È FEDE CHE TENGA

sabato 24 novembre 2018

NON C'È FEDE CHE TENGA_ CINZIA SCIUTO

NON C'È  FEDE CHE TENGA_ CINZIA SCIUTO
Ho iniziato questo libro con una certa curiosità. Le prime pagine mi fanno immaginare un bel percorso di riflessione e di interrogazione. Se mi aiuterà  a sgretolare eventuali incrostazioni ideologiche che magari non ho consapevolezza di avere, oppure mi confermerà  in convinzioni scientificamente e razionalmente maturate, avrà  fatto un buon lavoro

mercoledì 21 novembre 2018

UN BRILLANTE FUTURO

UN BRILLANTE FUTURO
stralci da I VOLONTEROSI CARNEFICI DI HITLER di D.J.GOLDHAGEN

"Un rapporto generale di polizia dell'ottobre dell'anno dopo (1922) prevedeva un brillante futuro per il Partito nazista, perchè la sua attenzione al pericolo rappresentato dagli ebrei era condivisa così largamente, e non soltanto da qualche gruppo ristretto <E' innegabile che l'idea antisemita sia penetrata nei più ampi livelli della classe media, e a fondo anche nella classe operaia>"

"In Germania gruppi più propensi a nutrire opinioni favorevoli, o quanto meno diverse, sugli ebrei furono, o si sentirono, costretti a tenere per sé le proprie idee di fronte all'antisemitismo che permeava la società, le istituzioni e la politica"

da una lettera autobiografica di Melita Maschmann (funzionaria nazista)
" Dall'esempio dei miei genitori avevo imparato che si potevano avere opinioni antisemite senza che ciò inficiasse i rapporti personali con i singoli ebrei. Potrebbe sembrare che in questo atteggiamento rimanesse qualche vestigia di tolleranza, ma proprio a tale confusione io imputo il fatto di essere poi riuscita a dedicarmi anima e corpo a un sistema politico disumano, senza che mi sorgesse il benché minimo dubbio sulla mia correttezza personale. Quando predicavo che tutte le miserie della nazione erano dovute agli ebrei (...) non mi sentivo portata a pensare a te (l'amico ebreo a cui scrive) (...). Pensavo solo all'Uomo nero, -l'Ebreo-.(...) Il perseguitato, quello che veniva reso inoffensivo, era soltanto l'EBREO."
 (stralci tra pag, 92 e pag.98)

sabato 27 ottobre 2018

UNA INVETTIVA CONTRO L'APPIATTIMENTO CULTURALE

 
UNA INVETTIVA CONTRO L'APPIATTIMENTO CULTURALE
Tom Nichols LA CONOSCENZA E I SUOI NEMICI. L'ERA DELL'INCOMPETENZA E I RISCHI PER LA DEMOCRAZIA.
In perfetto stile anglosassone Nichols conclude il suo libro con questa ironica frase: " Questa, almeno, è la mia opinione di esperto sulla faccenda. Ma potrei sbagliarmi" Eventualità alla quale, è evidente dopo una invettiva lunga 235 pagine, è il primo a non credere, ma suggella lo stile che rende questo libro, potenzialmente un vero mattone, una lettura briosa e divertente, pur nella "pesantezza" della questione trattata. Captatio benevolentiae, spesso l'ironia è rivolta verso se stesso, le proprie incoerenze e debolezze, anche rispetto ad atteggiamenti che nel libro condanna.
Per il resto picchia duro (a volte tira anche gli innumerevoli sassolini che ha nelle scarpe) contro la deprecabile e deprimente abitudine di considerare ogni opinione, sia essa sorta a conclusione di un ciclo di sudati studi scientificamente condotti, sia essa digitata sui social mentre si beve il caffelatte a colazione, di uguale valore. 
Scelgo una citazione dal libro che a mio avviso rappresenta sufficientemente lo spirito, se non il contenuto dettagliato, dell'opera ( ma potrei sbagliarmi !😏) 
"... la falsa sensazione e l'illusione di egualitarismo creati dall'immediatezza dei social media. Io ho un account Twitter e un profilo Facebook, tu anche, e quindi pari siamo, no? Dopo tutto se un reporter illustre di un quotidiano importante, un diplomatico della Kennedy School, uno scienziato di un ospedale di ricerca e la zia Rose che abita a Reno hanno tutti qualche account on line, allora le loro opinioni sono altrettanto messaggi che vi sfrecciano davanti agli occhi. Ogni opinione è valida quanto l'ultimo post su una home page."
Però sappiamo bene che non siamo esperti di finanza, anzi di finanzcapitalismo come lo chiama Gallino, ma da inesperti e ignoranti riusciamo a capire, meglio degli avidi padroni della finanza e del denaro che accumulano miliardi con i loro studiatissimi algoritmi, che "è sbagliato" questo modo di condannare il mondo a crisi continue che vengono pagate da chi sta in basso nella scala sociale. Quindi a volte competenza e conoscenza non sono un valido discrimine per la bontà delle opinioni. Non è la stessa cosa progettare un satellite o un aereo e la cartolarizzazione di una ipoteca per specularci sopra. 
Per questo ho trovato, pur nella sinteticità di una estrapolazione di una opinione che ricercherò nella sua forma completa, interessanti le parole in quarta di copertina di Sabino Cassese.
" Le società moderne hanno bisogno di ritrovare le ragioni della cooperazione tra competenti e amateurs, tra élites ed eletti, perché la politica non può fare a meno né di ascoltare gli orientamenti popolari, né di interpretarli ed eseguirli"

venerdì 26 ottobre 2018

L'UOMO ECONOMICO. UN MODELLO DIVENTATO CARNE E OSSA

L'UOMO ECONOMICO. UN MODELLO DIVENTATO CARNE E OSSA
da (Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi - di Luciano Gallino)

" Il sistema finanziario non avrebbe potuto sviluppare i modi di operare elencati sopra (nel libro Finanzcapitalismo), né raggiunto i risultati che può vantare a livello mondiale, se non avesse avuto l'apporto di miliardi di inconsapevoli servo-unità umane ( il termine, ingrato ma appropriato, risale a Mumford e alla sua definizione di mega-macchina) in forma di multipli dell'uomo economico appositamente costruiti. E' questo un modello dell'uomo che lo concepisce come un essere le cui azioni sono motivate unicamente da un principio normativo supremo: il perseguimento dell'interesse o utilità personale. Concettualmente parlando l'uomo economico è una macchina da calcolo, come ebbe a definirlo tempo addietro l'antropologo Marcel Mauss. Lo diventa realmente nel suo comportamento effettivo, sia sul piano economico che su quello morale e politico, quanto più gli vengono offerti dalla società riconoscimenti materiali e simbolici se in tale modo si comporta, e deprivazioni di varia natura se da tale comportamento gli capita di deviare"

lunedì 22 ottobre 2018

L' ALFABETO EBRAICO

L' ALFABETO EBRAICO _ PAOLO DE BENEDETTI , a cura di Gabriella Caramore
Sto leggendo questo bel libro a cura di Gabriella Caramore nel quale Paolo De Benedetti spiega l'alfabeto ebraico.
Come!, potrebbe obiettare qualcuno, il tuo Paese - Paese Europa, Paese Italia - va a rotoli e tu perdi tempo con l'alfabeto ebraico.
Beh sì, perdo tempo, prendo tempo. Leggo questo libricino con gusto, trovo conferma che la storia non finisce oggi, che tante volte sembrava essere giunta la soluzione definitiva, salvo poi scoprire su quali basi fragili stava questo "definitivo"
Nell'introduzione scritta da Caramore, la curatrice cita De Benedetti e quelle che egli considera le "stelle polari" che definiscono l'essenza dell'Ebraismo:
"La prima, il fatto che vi sia sempre un'altra intepretazione possibile, diversa dalla propria. Questo è un buon antidoto rispetto ad ogni tentazione di pensiero assoluto e ogni pretesa di verità. 
La seconda: aggiungere sempre alla proprie affermazioni un 'se così si può dire'. In questo modo si attenua l'assertività della propria affermazione, facendo spazio a quella di altri, anche a quella non espressa.
La terza: mettere un tempo di sospensione tra la domanda e la risposta. Il che non significa che non si debbano proporre soluzioni ai nostri quesiti, ma che non dobbiamo avere la pretesa di risolvere tutte le difficoltà.
La quarta: secondo un detto rabbinico, occorre insegnare alla propria lingua a dire 'non so', per non essere presi per mentitori. Invece di esprimere sentenze su ogni cosa, ammettere, talvolta, la propria insipienza"
Basterebbe questo per farmi convinto che non sto perdendo tempo.
Poi leggo questa frase (e dico da bulimico accumulatore di biro, matite, penne stilografiche e blocchi, agende, fogli riciclati, quaderni, tutto per la mano-scrittura) "Io credo che la nostra attenzione superficiale alle lettere derivi anche dal fatto che ormai non le scriviamo quasi più. Quando si scrivevano con la penna si creava un legame tra chi scriveva e la lettera stessa, si seguiva un ductus, un certo percorso e non un altro nel vergarla. Oggi battiamo un tasto al computer e la lettera compare tutta in un colpo, mentre quando scrivevamo con la penna le lettere nascevano sotto di essa". Che belle parole. Avevo tentato un tempo di scrivere il blog fotocopiando pagine manoscritte, ma i pochi amici che leggevano si sono lamentati della mia incomprensibile scrittura e mi sono arreso. Ma la mano-scrittura, quanto è bella!

lunedì 15 ottobre 2018

LA PAROLA E' MINUTA...EPPURE COMPIE MIRACOLI. EVVIVA I LIBRI CHE DI PAROLE NE CONTENGONO PARECCHIE

"LA PAROLA E' MINUTA...EPPURE COMPIE MIRACOLI".  EVVIVA I LIBRI CHE DI PAROLE NE CONTENGONO PARECCHIE

Ho già forse scritto che poter leggere il "breviario" di Gianfranco Ravasi il lunedì ("rubando" l'inserto dal Sole 24 Ore) è uno dei motivi per cui volentieri  si buttano già le gambe dal letto e si prende l'autobus per andare al lavoro.
Oggi la citazione è questa (e su questa mi fermo)
"La parola è minuta e invisibile, eppure compie miracoli... Può spegnere la paura, eliminare la sofferenza, alimentare la gioia, accresce la compassione". Ci informa il Cardinale Ravasi che è il frammento dell'ELOGIO DI ELENA di un autore greco, Gorgia di Leontini ( VI/V secolo a.C.)
(libero subito il tavolo dal fatto che la parola falsa e di odio può far male e può essere letale - è conosciuto.)
Mi ha colpito questa citazione in un periodo nel quale, con altri amici (sempre più numerosi) mi sono buttato nella follia di dar vita ad una associazione culturale che ha tra gli scopi quello di promuovere l'acquisto di libri (magari non online). Avrei apprezzato questo frammento in ogni caso. Ora, all'inizio di un periodo spero lungo nel quale con gli altri promuoveremo il contenitore principe delle parole: il libro, mi diverte e, se fossi fatalista, lo considererei di buon auspicio. Invece lo considero semplicemente vero.

mercoledì 3 ottobre 2018

LE VIE DELLA SETA _ Peter Frankopan

LE VIE DELLA SETA _ Peter Frankopan
Che bel libro questo di Frankopan. Sono 600 pagine che si leggono con interesse e curiosità. Un libro avvincente e appassionante come tutti i libri ben scritti che trattano di storia, di geografia (forse un po' poca le geografia in questo libro) e di politica insieme.
L'idea forte, e credo anche un po' motivo dell'interesse che suscita, è lo spostamento del fuoco della lente con cui Frankopan legge e interpreta la storia del mondo. Certo Frankopan sa motivare la sua scelta e io cosa posso fare se non immergermi nella lettura stupendomi della sua erudizione storica senza purtroppo grandissimi strumenti critici e culturali per capire se la sua scelta è pienamente fondata. Ricordate come abbiamo studiato la storia? Siamo partiti dalla terra benedetta tra il Tigri e l'Eufrate, la mitica Mesopotamia. Poi piano piano ci siamo spostati verso Ovest, prima in Grecia, poi a Roma, poi verso la Spagna, l'Inghilterra colonialista e poi il salto dell'Oceano sempre più a Ovest verso gli Stati Uniti. Russia comunista a parte, ci siamo sempre spostati un po', come se avessimo una lente tra noi e il mappamondo e noi piano piano ruotiamo il mappamondo verso destra.
Bene, Frankopan non si sposta. Rimane con la lente concentrata su quella parte di mondo che sta  un po' più a est, un po' più ad ovest, un po' più a nord della Mesopotamia. Non credo, non ricordo che nel libro sia citata l'Australia, pochissimo il Giappone. Ma anche Roma imperiale è letta attraverso la relazione con gli imperi e le nazioni della parte centrale dell'Asia. Manifesta molto più interesse per Gengis Khan, i Mongoli, i mercanti Sogdiani (giuro, è stata la prima volta che ho sentito parlare dell'esistenza dei Sogdiani - se me lo avessero chiesto senza aver letto il libro avrei pensato a popoli della saga di Star Trek). Ho trovato molto suggestivo e affascinante questo punto di vista. Per certi versi ho ritrovato suggestioni di Ferguson. E mi ha reso ancora più convinto che l'Europa o si rende Stato Unitario, unico e forte, o rischiamo singolarmente di diventare staterelli insignificanti.
Già nella introduzione si poteva comprendere la mission di Frankopan, riletta dopo aver letto il libro si comprende meglio
"La storia della civiltà comunemente e pigramente accettata, scriveva Wolf, è una storia in cui <l'antica Grecia generò Roma, Roma generò l'Europa cristiana, l'Europa cristiana generò il Rinascimento, il Rinascimento l'Illuminismo, l'Illuminismo la democrazia politica e la rivoluzione industriale. L'industria, unita alla democrazia, a sua volta ha prodotto gli Stati Uniti, dando corpo ai diritti alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità> (...) Ma questo resoconto era fallace; c'erano altri modi di guardare alla storia, modi che non implicavano di guardare al passato dal punto di vista dei vincitori della storia recente". Beh, Frankopan ci ha provato. Io l'ho apprezzato e lo consiglio.

mercoledì 19 settembre 2018

E CHIEDERGLI NIENTE

E TU LO PENSI
David Maria Turoldo, da "Canti Ultimi"

"E tu lo pensi
e continui a pensarlo
come preso da vortice.
E lo invochi con dolce pazienza:
solo per chiamarlo
e udire l'ineffabile nome.
E chiedergli niente,
mano ancora di guarirmi
perché non può non può
non deve! Se interviene
libero gioco addio!
Invece chiamate tutte le creature
angeli e giusti
a riempire i cieli di canti..."

Sto leggendo la biografia e un po' di poesie di Turoldo. Poche ne capisco. La biografia mi sembra scritta bene, senza agiografia.
Questa poesia mi ha colpito.
Da esterno, ateo e lontano da qualsiasi forma di religiosità, mi ha sempre stupito negativamente la questione dei miracoli. Non ho mai capito perché Dio dovesse intervenire random, salvo te e sono indifferente a lui, a te levo la malattia e il tuo vicino di letto lo lascio morire. Mi è sempre sembrato una vera illusione stimolatrice di un mercato ben concreto e liquido (inteso come sinonimo di soldi). Per questo mi è piaciuta immensamente questa poesia.  "Non può, non deve"... avendo a cuore, anche nella sofferenza, più la libertà che la speranza di un sollievo.

lunedì 17 settembre 2018

EFFETTO STREISAND_ UNA BUONA LEZIONE (se la si vuole apprendere)

EFFETTO STREISAND_ UNA BUONA LEZIONE (se la si vuole apprendere)
da E.Morozov "L'ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet"
"Effetto Streisand, ovvero l'idea che più cerchi di eliminare qualcosa da internet più alimenti l'interesse, annullando così lo scopo dell'intervento originario"
Metterei un secondo comma all'effetto Streisand: più caschi nella trappola di dover commentare qualsiasi scempiaggine affidata alla rete per la diffusione, più ottieni un effetto amplificatore e quella scempiaggine (magari postata ad arte in modo sguaiato e offensivo) ottiene visibilità.
Nell'epoca della pseudo libertà della rete il buon vecchio Dante si conferma un maestro di vita incomparabile: non ti curàr di lór, ma guarda e passa

domenica 16 settembre 2018

E' LEGGE CHE LA RAGIONE DEVE CONTRADDIRSI?

David Maria Turoldo " MIE NOTTI CON QOHELET"

Seconda notte

Piove e la notte è ancora più cupa, Qohelet.
Amico delle verità supreme,
neppure di te sai dire
se una fede e quale
ti illumini oppure ottenebri la mente.

Anche tu di nessuna verità puoi dirti certo,
tale è la rasura delle parole.
Meno ancora Ragione ti giova:
non un bagliore che rischiari
il campo del dubbio: è legge
che Ragione deve contraddirsi.

E dunque in cosa credere,

                                      o Qohelet

E' vero, la Ragione deve contraddirsi perchè non essere verità rivelata o verità ultima, deve sempre porre in dubbio se stessa, con umiltà e senza voler concedere consolazione o gratificazione. L'invenzione della fede, della verità rivelata ancorché oscura e nascosta ( ma sperata), può essere un bagliore consolante (e quindi benemerita se serve a consolare). La flebile luce della Ragione illumina solo il passo successivo, ma quando questo passo è fatto, è un grande passo.

lunedì 10 settembre 2018

DIVENTARE L'ESPERTO DI UNA GRANDE PENA, LA SUA PENA

DIVENTARE L'ESPERTO DI UNA GRANDE PENA, LA SUA PENA
(da "La donna delle Azzorre" di Romana Petri)
"E' questo il grande pericolo della vita, il dolore che non vogliamo abbandonare. L'ho imparato molto bene guardando molto gli altri. Pare che ognuno non faccia altro che diventare l'esperto di una grande pena, la sua pena. E all'inizio duole come una ferita dove si versa il sale, poi, con il tempo, sembra non sentirla più, ma non è vero, è che ne è invaso, e non se ne accorge perché non ha più spazi sani, è diventato lui stesso quella pena."

domenica 9 settembre 2018

L'INGENUITA' DELLA RETE. IL LATO OSCURO DELLA LIBERTA' DI INTERNET

L'INGENUITA' DELLA RETE. IL LATO OSCURO DELLA LIBERTA' DI INTERNET ( E. Morozov)

Leggendo i primi capitoli del libro di MOROZOV " L'ingenuità della rete- il lato oscuro della libertà di internet" si assiste divertiti alla fiera, appunto, della ingenuità di un decennio or sono quando l'opinione comune era che più rete, più internet, più social avrebbero condotto, con un processo lineare, al diffondersi della democrazia anche nei regimi più dispotici, come se l'uso della rete non potesse essere fatto proprio dagli stessi despoti e come se la democrazia, con tutte le sue fatiche, fosse la naturale aspirazione di massa.
Si ride o sorride amaramente oggi nel periodo dei troll, delle fake news, della manipolazioni della opinione pubblica (lanciare messaggi forti, estraendo dall'opinione pubblica i "sentimenti negativi" -rabbia, paura e aggressività- in modo da "abbassare la guardia" di chi ascolta _ articolo di oggi domenica 9 settembre su #LaStampa a firma di #FabioMartini) attraverso ben studiate strategie di utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale.
Ciò che si pensava prodromo della libertà e della democrazia viene in realtà utilizzato - con successo -  per l'esatto opposto scopo: minare la basi della democrazia attraverso la formazione di un consenso di massa per forme di governo illiberali sostenute da un conformismo generalizzato.
Sarebbe divertente se non fosse, conoscendo la Storia, preoccupante.

lunedì 3 settembre 2018

SANCIRE IL FALLIMENTO

SANCIRE IL FALLIMENTO

Ogni lunedì attendo con una certa impazienza l'arrivo, con la posta, del Sole24ore della domenica contenente l'inserto appunto chiamato "domenica". Appena tolto dal resto del giornale il fascicolo atteso, leggo come prima cosa "il breviario" di Gianfranco Ravasi. E non ne sono mai deluso. Anche quando la riflessione stimolata dal Cardinale può essere, quando sincera, dura e dolorosa.
Questa settimana:
"-Coloro che creano non sono ancora coloro che fondano- Sto sfogliando quan e là uno dei discussi Quaderni Neri del filosofo tedesco Martin Heidegger (...) La frase in cui mi sono imbattuto (...) ha invece il taglio di un aforisma nitido che si apre facilmente a una considerazione morale. Infatti, come tutti, anch'io ho incontrato persone di straordinaria genialità e creatività che, però, alla fine hanno generato qualcosa di simile a un magico gioco pirotecnico, ricamato in un cielo tenebroso e capace di illuminarlo solo per alcuni istanti. Poi è ritornato il sudario del buio notturno. Alla fine è stato un "affondare" più che un "fondare". Il costruire in modo stabile, infatti, richiede una costanza paziente, uno scavo tra le pietre ansimando e sudando ogni giorno, fino a erigere un monumento aere perennius, cioè resistente come il bronzo al fluire del tempo, per usare la celebre immagine di Orazio."

domenica 12 agosto 2018

GUIDO GUERRIERI _ PICCOLE AFFINITA'

GUIDO GUERRIERI _ PICCOLE AFFINITA'
(da: Gianrico Carofiglio " Ragionevoli dubbi")
"Comunque è bello qui. Ti piace tenere libri a terra o sei solo un casinista?"
Si riferiva alle pile di libri intorno al divano e in giro per la stanza. Non ci avevo mai pensato, ma dissi di sì, mi piaceva tenerli a terra perché mi facevano compagnia.

giovedì 2 agosto 2018

LA COSTRUZIONE DEL NOSTRO Sé SOCIALE

LA COSTRUZIONE DEL NOSTRO Sé SOCIALE
(Luciano Floridi. LA QUARTA RIVOLUZIONE. Come l'infosfera sta trasformando il mondo)

"Ricordiamoci del fatto che la costruzione del nostro sé sociale (chi le persone pensano che siamo) influenza il modo in cui sviluppiamo le nostre concezioni del sé (chi pensiamo di essere), le quali hanno, a loro volta, una ricaduta sulla formazione della nostra identità personale (chi siamo). Maggiore libertà sul lato sociale significa anche maggiore libertà nel dare forma a se stessi."
(poche righe prima, però)
"In primo luogo, perché anche la presunta naturalezza e autenticità sono prodotti culturali in larga misura costruiti. Ciò che consideriamo naturale è spesso il risultato di una manipolazione umano soltanto meno visibile, come un giardino ben curato."
E' importante sottolineare la sequenza delle frasi (quella sotto prima di quella sopra) per non far dire a Floridi ciò che non vuole dire. Ma il dubbio se quella che crediamo, nella concezione del sé, ciascuno di noi "libertà", non sia in realtà un "giardino ben curato". Tutti noi ci crediamo anticonformisti, controcorrente, coltivatori della parresia.

sabato 9 giugno 2018

SERVE "QUESTA" FINANZA? NO _ Saskia Sassen "ESPULSIONI"

SERVE "QUESTA" FINANZA? NO._
 Saskia Sassen "ESPULSIONI"

L'evento cruciale che portò il sistema finanziario a un momentaneo arresto nel 2008 fu la classica esplosione  di una bolla speculativa: la crisi dei 62mila miliardi di credit default swaps, che esplose nel settembre 2008, a un anno esatto dalla crisi dei mutui ipotecari subprime dell'agosto 2007.
(...)
A sua volta, ciò spinse coloro che avevano acquistato dei credit default swaps come una sorta di assicurazione... a cercare di incassare vendendoli.
Ma i credit default swaps non erano affatto una forma di assicurazione; erano dei derivati, vale a dire che i venditori degli swaps non avevano il capitale occorrente per coprire quegli strumenti, come avrebbero dovuto fare se essi avessero costituito una vera e propria assicurazione. I venditori non avevano previsto né il crollo né il desiderio dei compratori di mettere gli swaps all'incasso.
(...)
I Credit defalut swaps fanno parte del cosiddetto <sistema bancario ombra> . Secondo certi analisti nel momento in cui la crisi esplose tale sistema incideva per il 70% sul volume complessivo delle attività bancarie.
Il sistema bancario ombra non è informale, illegale o clandestino. E' aperto, ma prospera sulla opacità degli investimenti. ( Se i CDS) avessero costituito una vera assicurazione, la legge li avrebbe assoggettati all'obbligo della copertura con riserve di capitale
(...)
Che si sia un'impresa, una famiglia o una nazione, tutti abbiamo bisogno del debito, Ma abbiamo bisogno di un simile livello di debito? Fatto ancora più importante, abbiamo bisogno di strumenti tanto complessi per finanziare i bisogni fondamentali di imprese e famiglie? No. Molti di questi bisogno possono essere soddisfatti dai prestiti bancari tradizionali. La finanza ci serve perché <crea> capitale e può consentire di realizzare indispensabili progetti su larga scala: bonificare discariche tossiche, ecologizzare fonti energetiche, sopperire ai tanti bisogni degli indigenti nei paesi poveri e ricchi. Nell'ultimo ciclo di crescita la finanza non ha fatto nulla del genere. Ha optato per la finanziarizzazione: dei prestiti al consumo e dei mutui ipotecati per l'acquisto di case, dei prestiti agli studenti e delle pensioni, del debito delle amministrazioni comunale e di molto altro ancora. La finanza si è dimostrata aggressiva, invadente ed egoista e, invece di venire regolamentata fermamente, è stata troppo spesso lasciata libera di rischiare i nostri soldi per guadagnare.

sabato 2 giugno 2018

SOSTITUZIONE MODELLI ENERGETICI_ Alberto Clò ENERGIA E CLIMA

SOSTITUZIONE MODELLI ENERGETICI_ Alberto Clò ENERGIA E CLIMA

I processi di sostituzione non sono l'esito automatico dell'evoluzione delle tecnologie, ma, insieme, delle decisioni assunte dai soggetti privati e pubblici. Non vi è alcuno schema obbligato che associ a un'unità di reddito un determinato quantum di energia così come non esiste un unico modello di sviluppo. Sistemi di offerta e di domanda dell'energia co-evolvono in circuiti innovativi che si alimentano l'un l'altro, ove cambiamenti nella domanda di servizi energetici rendono possibili speculari cambiamenti nell'offerta (e viceversa), come emerge dal succedersi delle passate sequenze: dal lavoro umano e animale alle biomasse e legname, al carbone, al petrolio, al metano, al nucleare, alle rinnovabili.
La tesi che si vuol sostenere è che gli scenari energetici almeno nell'arco della prossima generazione possono dirsi sostanzialmente predeterminati dalla path dependence energetica - le scelte future dipendono da quelle passate - sul versante sia dell'offerta che della domanda. I cicli storici di sostituzione delle fonti di energia (...) mostrano che la penetrazione di una nuova fonte richiede un tempo nell'ordine di mezzo secolo per raggiungere su scala mondiale una quota grosso modo di un quinto del complessivo consumo. Che la nuova transizione energetica possa essere altro è possibile ma nondimeno incerto.

mercoledì 30 maggio 2018

IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO... (CONNECTOGRAPHY - Parag Khanna)

IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO... (CONNECTOGRAPHY - Parag Khanna)
(ho ripreso in mano Connectography di Khanna, per leggerlo con più attenzione)
" Un decennio fa dall'Africa e dall'India si alzavano voci che proclamavano che -un miliardo di persone non può essere ignorato- presumendo che la semplice dimensione demografica dovesse riflettersi in determinati diritti, come quello di avere un seggio nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. MA IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO, E LO FA, UN MILIARDO DI PERSONE QUANDO QUESTE SONO POVERE, PRIVE DI TUTTO, DISCONNESSE E SENZA DIRITTI (mia nota: verissimo, se muoiono nella traversata del deserto o uccisi dai trafficanti libici, semplicemente non appaiono, se muoiono nel Mediterraneo forse ci fanno stillare qualche lacrima - da qualcuno con ipocrita soddisfazione - se hanno l'azzardo di sopravvivere, allora sì che non sono IGNORate, anzi sono ODIate)
Solo quando un miliardo di africani e un altro miliardo di indiani saranno connessi all'economia globale le loro nazioni cominceranno a essere prese davvero sul serio" Penso che con "connessi" Khanna intenda dire che saranno protagonisti alla pari, e non solo fornitori di manodopera a basso costo o schiavi estrattori di materie prime o sfruttatori dei loro stessi popoli a nostro beneficio.  Il paragrafo è urticante e sgradevole, ma non si può dire non sia realistico.

lunedì 28 maggio 2018

PATRIA - Fernando Aramburu

PATRIA – di Fernando Aramburu

Ma che libro di clamorosa bellezza questo che ho da poco finito di Fernando Aramburu! Non oso neppure una recensione di un romanzo così denso. La storia della Spagna e dei Paesi Baschi negli anni del terrorismo di ETA, la storia di famiglie basche profondamente coinvolte in quelle vicende, la storia di persone che rappresentano dei particolari e degli universali, raccontate con partecipazione umana con uno stile narrativo spettacolare. Dovrei rileggerlo per cogliere limiti e manchevolezze, ma confesso che non ho alcun interesse a farlo. Preferisco ancora a distanza di qualche giorno di godere del piacere che la lettura di questo libro mi ha regalato. La vicenda è drammatica, e la sofferenza dei protagonisti vivissima e pienamente rappresentata, eppure lo stile rimane asciutto senza essere distaccato. Non cerca, a mio avviso, l'emozione nel lettore, però alla fine ci sentiamo come immersi nelle pagine di quel libro, nei luoghi di quel racconto, ci sembra di essere presenti e vedere sul posto i personaggi muoversi, agire, parlare. Io ho parenti e amici baschi (mia cognata e i miei nipotini), mio fratello vive da decenni ormai in Euskadi, con loro, quando e se leggeranno il libro, mi confronterò dal punto di vista storico. Lo scenario che ci rappresenta Aramburu appare piuttosto realistico, la sua scelta di campo netta, senza nascondere eccessi anche da parte dello stato Spagnolo. Credo che ci voglia dire che è la salvaguardia della cultura Basca, la continuità della lingua, la conservazione delle tradizioni il tramite per conservare la specificità Basca nello Stato Spagnolo, non una irrealizzabile indipendenza. (i miei nipotini, per esempio, studiano in Euskera ). Ma non voglio addentrarmi in considerazioni per le quali non ho una preparazione adeguata. Mi limito a consigliare caldamente la lettura di questo stupendo libro.

RAVASI E MASTROCOLA: OLTRE LA MEDIOCRITà DELLE COSE

RAVASI E MASTROCOLA: OLTRE LA MEDIOCRITà DELLE COSE
(premesso- e ripetuto in seguito - non si intende disconoscere la necessità che si risponda ad esigenze drammaticamente materiali di molte persone che vivono condizioni di povertà anche dura)
Ho letto sulla Domenica del Sole 24 Ore il Breviario di Ravasi e le Paginette di Mastrocola, posti il primo sulla prima pagina e il pezzo di Mastrocola in penultima.
E ho trovato, con divertito interesse, la trattazione di uno stesso argomento e un chiaro comune sentire. Poiché non credo (ma non so, in realtà) che sia siano messi d'accordo, penso che ciascuno di loro, leggendo il pezzo dell'altra/o, abbia sorriso.
Scrive Ravasi (il Breviario è opera di un Cardinale, il laico estrapola il concetto dall'afflato religioso, e ci si ritrova in pieno): "<L'uomo è ben più di una macchina: è uno spirito, un dio nel mondo, ma lo è in un relazione con le COSE CHE LO CIRCONDANO BEN PIU' VITALE E SUPERIORE A QUELLA MOTIVATA DAI SOLI BISOGNI> Oggi è la festa della Trinità, quindi della realtà segreta e misteriosa del Dio cristiano. Noi abbiamo scelto di parlare oggi dell'immagine divina per eccellenza, la sua statua più somigliante, l'uomo, con una considerazione del grande poeta tedesco Friedrich Hoelderlin. Che l'uomo sia un quasi-dio lo afferma persino la bibbia, quando il Salmista riconosce che <tu, o Signore, l'hai fatto davvero poco meno di un dio (8,6)>. Proprio per questo egli non è riducibile a una macchina biologica, a un meccanismo puramente sensoriale, a un destinatario di prodotti da consumare. IL SUO RAPPORTO CON LA REALTA' CHE LO CIRCONDA NON DEV'ESSERE, ALLORA, LEGATO SOLO AL BISOGNO. La parola realtà deriva dal latino res, che a sua volta dipende dall'indoeuropeo rah che indica il bene, un dato non solo materiale, ma anche spirituale. Ed è così che l'uomo vive, sì, di cibo ma, al tempo stesso, di bellezza e di verità. Egli non è un grumo di cellule, ma un essere divino collocato da Dio nel mondo"
Questo è Ravasi (pur nel mio crede nella assoluta casualità dell'uomo nel mondo, non disconosco la spiritualità, non determinata, ma derivata dalla sua storia e dal suo saper immaginare ciò che non esiste)
Mastrocola nelle sue PAGINETTE (che leggo con simpatia, contrariamente al solito, anche per l'incipit dedicato alle galline) scrive: " La vera bruttezza, la vera mediocrità, naturalmente, non solo (soltanto) le felpe. Ho riflettuto un po', in questi mesi, in questo prolungarsi dell'agonia del vuoto di governo... e sono arrivata a pensare che l'aspetto peggiore , più mortificante, è che questa politica si sia finora più che mai fondata su cose e non su idee. Cose soltanto concrete, che si toccano, si quantificano, si spendono. La promessa di COSE: PIU' SOLDI, MENO TASSE, BONUS, AGEVOLAZIONI , SUSSIDI...NOMI DI COSE E BASTA. Un profluvio di offerte  da supermercato: è questo che ci offende. Vorremmo votare un politico che ci mostri una visione del mondo, non uno che ci offre una scatola di pelati in più. ... Troppa concretezza bieca, pesante, fine a se stessa. Manca un volo, un'impennata..." Rispetto a Ravasi di Mastrocola occorre sgrassare molto dallo snobismo benestante che ammorba il suo ragionare. La liberazione dai bisogni primari consente il sogno, il volo, e compito primario di chi chiede fiducia per governare una nazione è quello di recuperare dai bisogni, che si soddisfano con le cose, gli ultimi. Ma sfrondata da questa pecca il ragionamento di Mastrocola, il materialismo gretto di cui è ammantato il nostro discorso (sociale, culturale e non solo politico ) è veramente di gucciniana memoria (Cyrano)

martedì 15 maggio 2018

SULL'AMORE _ due Breviari di Gianfranco Ravasi

SULL'AMORE _ due Breviari di Gianfranco Ravasi


Per due settimane consecutive, nel suo “breviario” per la Domenica del Sole 24 Ore, il Cardinale Gianfranco Ravasi tratta dell'amore. E lo fa esprimendo due concetti che sembrano quasi contraddirsi. Domenica 6 maggio conclude il suo breve scritto con una definizione bellissima (a suo e mio giudizio) di Ungaretti: “ Il vero amore è una quiete accesa”. E inizia il pensiero di domenica 13 maggio con un aforisma tratto da Silenzio, un racconto di Max Frisch “ In amore non si vede un punto d'arrivo, né un appagamento, ma solo un continuo proseguire”. Quando ho letto questa frase non ho potuto fare a meno di tornare con la mente, ove le avevo riposte, alla parole della settimana precedente (e neppure l'accorto ed eruditissimo Ravasi se le è dimenticate). Il primo istinto è stato quello di cogliere la contraddizione ( “quiete” -”proseguire”) Non è forse la quiete la plastica rappresentazione dell'appagamento? Ma ho trovato un filo rosso (esercizio facilissimo, nevvero?) nella parola “accesa”. Una quiete accesa è un bellissimo ossimoro che si sposa benissimo con la mancanza di appagamento, il continuo proseguire. Ovviamente Ravasi stoppa subito il don Giovanni che non si appaga di aggiornare il suo catalogo, il “proseguire” che propugna è un desiderio la cui etimologia richiama alle stelle e non al possesso e all'appagamento superficiale. Ma non scinde dalla “quiete” la qualifica “accesa”, che elimina dall'orizzonte il “grigio dell'egoismo e dell'abitudine”. Si potrebbe proseguire a lungo stimolati da questa riflessione abilmente posta in due puntate consecutive da Ravasi, con il rischio di scivolare in corbellerie. Meglio lasciare così sospeso l'argomento, condividendolo con gli amici attraverso gli strumenti che oggi abbiamo (un po' sterili, quanto è più bello non limitarsi a like o brevi commenti, ma discuterne con calore attorno a un tavolo, anzi un desco per essere più coinvolgenti).
Il breviario di Ravasi è la prima cosa che leggo il lunedì appena arriva il Sole 24 ore della Domenica da cui velocemente estraggo l'inserto, ed è un raggio di sole nella giornata. Anche questo, per me ateo, è un felice ossimoro.

lunedì 14 maggio 2018

Eshkol NEVO: TRE PIANI


Eshkol NEVO: TRE PIANI

titolo originale: שלוש קומות (Tre piani- ogni tanto chi da i titoli in altra lingua non vola di fantasia)

UN CRESCENDO

Cosa posso dire di questo romanzo, il terzo che leggo di Nevo: un crescendo, è un crescendo dal primo a terzo racconto (al terzo piano del palazzo). Se sono tutti racconti molto coinvolgenti e scritti, secondo la mia poca capacità critica, molto bene, dovendo essere più specifico dico che il secondo è meglio del primo e il terzo è meglio del secondo. Da notare che il secondo e il terzo è un racconto in prima persona ove il protagonista raccontante è in realtà una protagonista raccontante, una donna. I racconti sono così intimi ed introspettivi da risultare coraggiosi (azzardati, presuntuoso?- non ho questa impressione) da parte di Nevo.

L'architettura del romanzo che riprende Freud (tranquilli, lo si dice nella presentazione e lo ripete lui nel corso del romanzo, non ci sarei arrivato da solo) è ben costruita, anche nei rimandi tra le diverse esperienze degli inquilini del palazzo- ma questo è un esercizio semplice con un buon editor.

Piuttosto il mio approccio è stato quello di immergermi nella storia, nelle storie, con un certo distacco nel primo racconto fino quasi a muovermi accanto ai protagonisti nel terzo e cogliere nelle pieghe delle pagine, accanto a una partecipazione amichevole con i protagonisti, tutte le valutazioni, le suggestioni, i valori, le scelte etiche che Nevo sa proporre.

Forse le vicende che sono narrate appaiono un po' eccessive, non inverosimili ma almeno improbabili nella vita comune delle persone (o forse la mia è una vita particolarmente noiosa), ma in realtà appaiono come strumenti per scavare negli intimi desideri, nelle intime scelte, nelle relazioni tra le persone di protagonisti che forse vorrebbero essere archetipi sui cui il lettore può riflettere se stesso e le sue scelte.

Alla fine della trilogia che ho appena letto, considero di aver fatto una bella scoperta. Lo consiglio.

sabato 12 maggio 2018

ISRAELE: LA BANALITA' DEL MALE

ISRAELE: LA BANALITA' DEL MALE 

Eshkol Nevo: LA SIMMETRIA DEI DESIDERI. Titolo originale משאלה אחת ימינה che il traduttore traduce in “un desiderio a destra”
Ma che bravo scrittore è Eshkol Nevo. Devo proprio ringraziare l'amica Ornella perviene avermelo consigliato ( e prestato subitaneamente tre suoi libri).

Non si entra subito in sintonia con il libro. Occorre, almeno a me è stato necessario, insistere un po' per instaurare quel clima di empatia con i personaggi che mi sembra una peculiarità positiva dello scrittore israeliano. Dopo il primo momento, i protagonisti diventano conoscenti (magari non amici, ma persone con le quali si immagina di scambiare volentieri due chiacchiere anche più approfondite dei convenevoli).

Non riesco a togliermi dalla testa LONESOME DOVE che ho letto da poco, e mi viene sempre di fare paragoni con quel libro monumentale. Anche in LA SIMMETRIA DEI DESIDERI le vicende drammatiche accadono assolutamente per caso, inaspettate e sorprendentemente banali nella causa scatenante. E mentre i protagonisti Israeliani vivono i loro successi e i loro drammi, interiori o causati dal fato, al Palestinese Sadat è impedito dal comandante del posto di frontiera di recarsi all'ospedale dove cerca di curare il suo cancro perchè un cugino ha problemi con la giustizia israeliana, in una forma di punizione collettiva che non suona nuova in quelle terre (se pensate che sia un espediente letterario, una fantasia, leggete su INTERNAZIONALE n° 1255 dell'11 maggio 2018 il pezzo di Amira Haas, intitolato PERMESSO STRAORDINARIO, sulle vicende di Saada Hassouna). La narrazione delle vicende dei quattro amici e lo strano modo che hanno di realizzare i loro desideri (che non rilevo per non fare spoiler) a mio avviso è un escamotage per dipingere singole esperienze umane con simpatia e partecipazione. Sentiamo vicine queste persone per la loro umana banalità, i difetti, le cadute, le meschinità. Anzi proprio la meschinità, che è probabilmente la caratteristica che vorremmo meno “riconoscere” in un protagonista del libro che stiamo leggendo, consente a Nevo di scrivere 6 pagine tremende, nella edizione che ho letto “Beat Bestseller” da pagina 159 a pagina 164, di denuncia di come l'occupazione e la repressione dei Palestinesi abbia infettato Tsahal, a lungo promosso come “l'esercito più etico del mondo”, cadendo da difensore della sicurezza di Israele a forza di repressione incapace di evitare la “banalità del male”. Se consideriamo che, come si legge nel libro ISRAELE IN 100 MAPPE, gli israeliani confidano più in Tsahal che in Dio per la loro sicurezza, una denuncia così potente dei mali della oppressione non può essere una calunnia (Nevo ne sarebbe uscito distrutto) e quindi deve letterariamente rappresentare qualcosa di vero e verificabile. Occorre dire che questa denuncia ci parla anche della grandezza di Israele e della vicinanza all'Europa di quella nazione, dubito che una denuncia simile avrebbe avuto diritto di testimonianza in una pubblicazione a Gaza o nell'Autonomia Palestinese senza censura e senza pericoli fisici per l'estensore della denuncia. Concludo suggerendo la lettura di questo libro, intanto mi accingo ad iniziare TRE PIANI, il terzo libro che Ornella mi ha prestato.

martedì 8 maggio 2018

Eshkol NEVO _ NOSTALGIA

Eshkol NEVO _ NOSTALGIA
titolo originale: ארבעה בתים וגעגוע (quattro case e nostalgia)
traduttrice Elena Loewenthal

Quanto è triste questo bel romanzo di _Nevo dal titolo "Nostalgia". Narra la vicenda di Saddiq, un muratore Palestinese che si trova a lavorare nella sua vecchia casa di famiglia abbandonata quando era piccolo al tempo della Nakba e ora abitata da Israeliani Ebrei. Riconosce la casa e viene incaricato dalla vecchia madre del compito di recuperare un oggetto prezioso per il valore nostalgico della Memoria della famiglia rimasto nascosto dietro un mattone. Attorno a questa vicenda si svolgono le vicende contorte ma coinvolgenti degli abitanti attuali Israeliani Ebrei del quartiere di Gerusalemme dove sorge la casa in questione.
I personaggi sono descritti in modo da risultare empatici, si diventa amici leggendo e si spera che i problemi trovino soluzione, ma rimane bene nel cuore del libro come le vicende di vincitori e sconfitti viaggino su piani differenti. Saddiq rimane quasi invisibile agli occhi degli Israeliani, solo un personaggio, un anziano, che vive un momento di "pazzia" lo vede e lo confonde con un figlio che è morto piccolo. Non credo che sia casuale che sia  la pazzia, anche momentanea, ovvero l'uscita dallo schema, ad aprirci lo sguardo, divenuto innocente perchè non condizionabile,  al di là delle convinzioni, delle convenzioni e degli stereotipi, e a consentirci di "vedere" le persone in quanto persone e non in quanto "rappresentazioni", e a scoprire  i legami che ci legano oltre razze e religioni. I personaggi sono trattati con delicatezza da Nevo, con amichevole condiscendenza verso i difetti e le paure di ciascuno, il protagonista (non è una contraddizione) apparentemente è una figura secondaria e viene solo intravisto dagli altri personaggi e perlopiù dimenticato quasi subito, eppure il suo dramma pesa come un macigno anche nella nostra riflessione, mostrandoci come le vicende umane dei vincenti scorrano indifferenti sulla sofferenza degli sconfitti, spesso invisibili e spesso sconosciuti e dimenticati. Il caso ha voluto che finissi questo romanzo pochi giorni dopo aver finito LONESOME DOVE che narra un'altra vicenda di vincenti e sconfitti (in quel libro le vicende dei nuovi americani che costruiscono una nazione sulla distruzione di popolazioni native).

martedì 1 maggio 2018

Frédéric Encel_ ISRAELE IN 100 MAPPE

Frédéric Encel_ ISRAELE IN 100 MAPPE le sfide di una democrazia in guerra

titolo originale: Atlas géopolitique d'Israel - BUS - Leg edizioni

Israele e l'Ebraismo sono due misteri che mi affascinano, che si sovrappongono ma non coincidono completamente. Credo che nessun Stato come Israele rappresenti un unicum sul globo terracqueo.
Leggo libri di autori ebrei e israeliani, leggo libri sulle vicende degli Ebrei in Europa, leggo newsletter e blog su Israele da quelli più schierati senza se e senza ma con la polita israeliana a quelli più critici verso tale politica, ho seguito pure per qualche tempo l'edizione inglese di Ha'aretz. Eppure mi rendo conto che la conoscenza di Israele sia più derivata da giudizi che da conoscenza geografica/storica della realtà.
Nei limiti delle sue 200 pagine, senza credo troppe pretese, ma apparentemente con una certa oggettività scientifica, questo bel libro della BUS mi è stato utile a contestualizzare maggiormente la situazione.
Ne esce, a mio avviso, accresciuta la consapevolezza della importanza delle mappe che raffigurano confini, fonti d'acqua, diversità territoriali, infrastrutture antropiche esistenti e progettate, fonti energetiche, risorse del suolo e del sottosuolo per capire le scelte strategiche e politiche a volte mascherate con altre scusanti.
Non posso dire ora di avere una conoscenza certa, però libri come questo aiutano a comprendere meglio. Comprendere non vuol dire approvare, bensì cercare di giudicare con maggior cognizione di causa e meno con ideologia. Rimane fermo il fatto che ogni persona vale, ed è unica ed irripetibile.
Non ho modificato alcuni pareri precisi che ho elaborato in questi anni:

  • chi sia oggettivamente oppresso e chi opprima;
  • chi abbia definitivamente vinto la guerra (Israele);
  • quale sia la soluzione ovvero  un unico Stato che risponda di quanto scritto nel 1948 (Lo Stato di Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli [anche Arabi della Nakba?], incrementerà lo sviluppo del Paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite);
  • quale sia l'evidenza del rischio che si utilizzi la sicurezza per impiantare un regime di apartheid 

Tutte considerazioni che faccio trattando del libro che illustra Israele, altre considerazioni se analizzassi un libro che tratta la Palestina.
Insomma, nel mio e nel suo piccolo questo libro si dimostra utile per cercare di ragionare per conoscere e/o conoscere per ragionare. Un libro che merita di essere letto e discusso.

lunedì 30 aprile 2018

Parag Khanna _ CONNECTOGRAPHY

CONNECTOGRAPHY: LE MAPPE DEL FUTURO ORDINE MONDIALE _ Parag Khanna
“Supply Chain ”: Un sistema di organizzazioni, persone, attività, informazioni e risorse coinvolte nel processo atto a trasferire o fornire un prodotto o un servizio dal fornitore al cliente.

Questo processo, come già detto molto articolato e complesso, comincia con le materie prime, continua con la realizzazione del prodotto finito e la sua gestione di magazzino, e termina con la fornitura del prodotto finale al cliente. L’intero iter è diviso in vari step, e in ogni step sono coinvolte diverse figure professionali.
- questa definizione è presa dal sito www.bucap.it

E' importante avere presente questa definizione nella lettura del libro di Khanna, sia perchpè è la pietra angolare di tutto il suo ragionamento, sia perchè, forse considerando “catena di distribuzione” un po' plebeo, il traduttore non ha mai tradotto quelle due parole, a cui si accompagnano diverse apposizioni, da mondo, a informatica a finanza ecc.

Khanna inizia il capito dei ringraziamenti (10 pagine), scrivendo: “Quando si scrive un libro che tocca praticamente tutto...” Ecco, è proprio la sensazione che ho avuto io chiudendo, forse più confuso di quando l'ho iniziato, la poderosa opera di 540 pagine: ha toccato proprio tutto, ma lo doveva fare in un solo libro?

Intendiamoci, è un libro entusiasmante, si fa fatica a smettere di leggerlo e a posarlo per le incombenze quotidiane. Apre orizzonti vastissimi, soprattutto per una persona di media cultura e ristretti visioni come me. Suggerisce nuovi punti di vista delle vicende del mondo, mostra, appunto, connessioni, consente di comprendere gli eventi non limitandosi all'evento stesso, ma collocandolo in un movimento composito di cause ed effetti.

Credo opportuno, per apprezzare la contemporaneità dell'argomento, che la connessione (connettere le menti, creare il futuro) è il tema dell'Expo di Dubai 2020 (Dubai, secondo Khanna, sarà la città del futuro, soppiantando Londra e New York – e secondo Khanna le città saranno il motore dello sviluppo globale futuro).

Riconsegno questo libro a un Sistema Bibliotecario ma subito lo prenoto da un altro, perchè la prima volta l'ho letto con frenesia, ora voglio rileggerlo con calma, cercando di approfondire e chiarire gli aspetti critici che l'ottimista Khanna tralascia (egli vede nella globalizzazione un processo che è utile per uscire dalla povertà, sul medio periodo – o lungo – ma appare piuttosto indifferente alla vita, che è unica e irripetibile, di ogni singola persona, quindi una tragedia come il crollo del Rana Plaza a Dakha (che pure cita nel libro almeno 4/5 volte) consentirà di migliorare le condizioni di lavoro e di sicurezza nel futuro, ma viene, ho la sensazione, vissuta come un passaggio inevitabile e necessario nel procedere del supply chain world. Però quelle 1.135 vittime non risorgono.

Ho scritto molto dicendo poco di questo libro, ma non nascondo di aver la sensazione di carenza di ossigeno di fronte alla massa di dati e connessioni che inanella pagina dopo pagina (a volte mi sono divertito a cercare su google earth i porti o le città che citava). Banalmente credo sia un libro da leggere e da discutere. Possibilmente davanti a un planisfero.

domenica 29 aprile 2018

Frank Tétart_ IL MONDO NEL 2018 IN 200 MAPPE

Frank Tétart_ IL MONDO NEL 2018 IN 200 MAPPE
Un altro ottimo libro della Biblioteca Universale di Storia -Atlanti.
Come altri della collana che ho potuto leggere, anche questo libro affronta con tono divulgativo ma con precisione e accuratezza apprezzabile l'argomento scelto. Niente poco di meno che "il mondo" fotografato con una istantanea globale. Lo Stato del Mondo o l'annuario dell'anno sono argomenti affrontati bene anche da altre pubblicazioni. Il pregio di questa è di rendere argomenti complessi e difficilmente contestualizzabili da una persona media come sono io, in qualcosa di percepibile e comprensibile. Aiuta questo passaggio l'utilizzo di mappe che rendono concreti i ragionamenti peraltro espressi con sintesi pragmatica, indirizzata all'evidenza del fatto piuttosto che al giudizio politico o ideologico.
Per chi studia le questioni geopolitiche nei diversi accessi l'argomentare dell'autore potrebbe risultare eccessivamente semplicistico, ma credo che lo scopo di questa collana sia quello di una educazione permanente popolare, e a mio avviso coglie perfettamente nel segno.
Aiuta la suddivisione chiara degli argomenti trattati, cinque macro capitoli suddivisi in diversi sottocapitoli, e anche la compatezza del libro  (sotto le 200 pagine).
Le mappe sono a mio avviso il valore aggiunto nell'accompagnare il lettore in ogni argomento trattato.
Libro letto con gusto e passione. Assolutamente consigliato
Un simpatico errore ortografico proprio in copertina. Capita.

sabato 14 aprile 2018

ARTICO la battaglia per il grande Nord - Marzio G. Mian

ARTICO la battaglia per il grande Nord - Marzio G. Mian
ARTICO la battaglia per il grande Nord - Marzio G. Mian
Per una concatenazione un po' casuale di eventi l'Artico è entrato prepotentemente nelle mie letture. Per un appassionato del Nord che trascina generalmente la moglie in ferie "con il piumino" (e quando le promette il Sud la porta nella Terra del Fuoco) dovrebbe essere normale, no? Ma l'Artico che è balzato al centro dei miei interessi geopolitici (mamma mia che parolona, diciamo dei libri che leggo) è un po' destabilizzante. E' un Artico modificato dall'immaginario che mi ha sempre accompagnato, molto meno bucolico (anche nella sua durezza e drammaticità), molto meno ghiacciato, molto meno armonico. E' un Artico che proprio in conseguenza del cambiamento climatico sta diventando ( meno ghiacciato, più transitabile) preda di interessi economici e politici delle nazioni che si affacciano ad esso, e delle nazioni che, in qualche modo, cercano di avere una parola (e un ricavo) in merito (la Cina, tanto per non smentirsi). Ci sono vittime in questa corsa ai tesori dell'Artico ( non sono solo in Africa le vittime della avidità) e sono, anche in questo caso per non smentirsi, soprattutto la natura (in senso ampio) e le popolazioni indigene (ci dice Mian che la Groenlandia è falcidiata da suicidi giovanili tra gli Inuit). Questo libro, per quanto schierato e con una tesi ben definita sì da richiedere una controprova con qualche altra lettura (e che scade un po' nella banalizzazione nell'ultimo capitolo, senza pregiudicare il giudizio positivo complessivo), di Mian ci racconta con passione e partecipazione le vicende Artiche e le lotte palesi o nascoste, evidenti o potenziali, che si giocano su quella parte ancora un po' misteriosa del mondo. E' un libro che si legge con interesse, partecipazione, scoramento, tristezza. Ma lo si legge senza riuscire a posarlo, avvincente come solo un racconto del mondo che supera la disturbante superficialità della comunicazione mediatica abituale riesce a fare. Lascia la sensazione che si sta perdendo un paradiso, anche solo sognato o immaginato, ma ci si pone anche la domanda se ha senso che pensiamo di consumare ai nostri ritmi obbligando chi ha le ricchezze sotto i piedi a non sfruttarle perchè noi possiamo rigenerarci per 15 giorni all'anno. In realtà il problema è ovviamente più grave e più drammatico nelle conseguenze, incidente sull'ecosistema generale (la modifica del clima in Artico la si paga in tutto il mondo - per esempio può incidere sulla Corrente del Golfo). Sta venendo un po' lungo come parere. Sintetizzando il mio è un invito a leggere il libro e a cercare, come proverò a fare io stesso, a confrontarlo con altri testi per capire meglio se Mian cerca di provare la sua tesi (con il rischio di usare solo gli argomenti a favore) o se aver messo in fila le sue indagini in modo laico l'abbiano portato a elaborare i suoi giudizi.

giovedì 12 aprile 2018

Tim Marshall LE 10 MAPPE CHE SPIEGANO IL MONDO

Tim Marshall LE 10 MAPPE CHE SPIEGANO IL MONDO

Questo è assolutamente uno dei migliori libri che mi è capitato di leggere ultimamente. Appassionante, interessante, avvincente. Un percorso che accompagna alla decrittazione del mondo e delle vicende partendo dalla Geografia. 
La Geografia, scrive Marshall, è sempre stata una specie di prigione- una prigione che definisce ciò che è o può essere una nazione, e da cui i leader mondiali hanno spesso faticato ad evadere.
Marshall, con tono assertivo e disincantata sottile ironia direi anglosassone, illustra le dinamiche della evoluzione storico/politica e le motivazioni che muovono (anche, non solo ovviamente) le nazioni nelle relazioni reciproche. Le scelte vengono fatte dai leader, i popoli rimangono sullo sfondo nelle sue ricostruzioni storiche. Questo è in controtendenza con le mie idee di partecipazione popolare, ma questa contraddizione che mette in dubbio e mi destabilizza nelle convinzioni, è una delle caratteristiche che mi ha più stuzzicato e stimolato la mia curiosità.
Tra tutti i capitoli, come si evince dal titolo 10, uno in particolare mi ha colpito profondamente. Bene o male, pur nella mia disarmante ignoranza, le tematiche affrontate per i capitoli (Russia, Cina, Stati Uniti, Europa Occidentale, Africa, Medio Oriente, India e Pakistan, Corea e Giappone, America Latina) pur fornendomi una messe di nuove conoscenze immensa, non mi giungevano nuove, mi raccontavano meglio e più approfonditamente qualcosa che giaceva nelle caverne del mio cervello. Il capitolo che mi ha aperto un mondo è stato quello sull'Artide. Forse la coincidenza dell'inizio della lettura di un altro libro che tratta dell'Artico ( Mian: Artico, la battaglia per il grande Nord), forse il fatto che avevo colpevolmente ignorato la geopolitica del Nord, sostenuta e stimolata dai cambiamenti climatici, ma questo capitolo mi ha entusiasmato (e preoccupato). Una grande libro, da leggere assolutamente. 




mercoledì 11 aprile 2018

JACQUES ATTALI: FINALMENTE DOPODOMANI

JACQUES ATTALI: FINALMENTE DOPODOMANI (breve storia dei prossimi venti anni) -Ponte alle Grazie

La tesi di Attali, in sintesi, è questa: il genere umano si è avviato verso un futuro che fa prevedere una enorme crisi distruttiva. La causa è il prevalere dell'egoismo e dell'avidità che favorisce pochi contro i moltissimi. Per bloccare questa china distruttiva, per raddrizzare il piano inclinato sul quale stiamo scivolando tutti, occorre mutare i paradigmi che regolano le relazioni e passare dalla avidità e l'egoismo alla generosità e all'altruismo. Ma, non ci si sbagli, non si deve scegliere generosità e altruismo perché si è, o si deve essere, buoni, ma per intelligenza e per interesse.
Cito: "Per raggiungere questo obiettivo è innanzitutto necessario comprendere che la felicità altrui è più utile per noi della disperazione, che per organizzare il mondo il mercato non basta, che la democrazia limitata al territorio nazionale non sarà presto nient'altro che un simulacro e che la dittatura del presente perverte entrambe, mercato e democrazia. Oltre a ciò dobbiamo anche imparare a canalizzare la rabbia verso l'altruismo e non verso la collera, realizzare che la cooperazione vale di più della competizione, che l'umanità è una sola e che da questo deriva la necessità di accedere a un livello superiore dell'etica e dell'organizzazione politica dell'umanità".
Per sostenere questa tesi, tanto banalmente vera quanto incredibilmente negletta dai più, Attali sale in cattedra e ci impartisce una lezione con tono altero e saccenteria poco amichevole. Anche lo stile del libro, un discorso che vuole ammanire a noi lettori una doccia scozzese alternando pagine di dati positivi a pagine piene di dati e prospettive negative, trattandoci un po' come bambini, non aiuta ad essere empatici con l'autore. Attali dà sfoggio di una erudizione e una conoscenza di statistiche, indici e dati che a noi comuni mortali appare infinita ma che con un buon ufficio studi a disposizione può essere più semplice avere. Ma queste pecche non tolgono valore al messaggio forte, che ho voluto mettere in capo a queste brevi note, che sarà ovviamente ignorato. Ne consegue che le previsioni di Attali, non verificabili se non a posteriori, non possono essere escluse a priori. E questo non è bello.

martedì 10 aprile 2018

THIERRY SANJUAN - LA CINA IN 100 MAPPE - bus

THIERRY SANJUAN - LA CINA IN 100 MAPPE - bus (biblioteca universale di storia)
Spiegare la Cina in poco più di 150 pagine non è forse un azzardo? Probabilmente dipende dall'obiettivo. Io ho l'impressione, ma da neofita e ignorante, che Sanjuan si sia posto un obiettivo molto chiaro: attraverso le 100 mappe promesse raccontare in modo sintetico, un po' asettico, razionale, la realtà di questo grande Paese in profonda continua trasformazione, attore così importante negli equilibri geopolitici ed economici del globo, e ci sia riuscito.
Dalla lettura di questo libro la conoscenza della Cina è sicuramente aumentata (beh, ci voleva poco diranno i mie molto meno di 25 lettori), è maggiormente contestualizzata, è più chiara a livello iconografico (ah, le mappe!), mi consente di collegare eventi o informazioni che coinvolgono l'ormai rosso impero anche indirettamente.
Mi piace lo stile pacato e analitico con il quale l'autore in modo settoriale i vari aspetti, raccontandoli e inserendoli in un contesto, offrendoli al lettore come strumento di comprensione più che di giudizio.
Trovo i libri di questa BUS (Biblioteca Universale di Storia) e in particolare la serie "...in 100 mappe" molto stimolante e interessante. #consigliato

giovedì 5 aprile 2018

FINALMENTE DOPODOMANI! di Jacques Attali

FINALMENTE DOPODOMANI!  di Jacques Attali
un libro che non mi convince per ora, ma insisto.

pag. 27 "IL RAFFORZARSI DELLA DEMOCRAZIA. Negli ultimi cinquant'anni il numero di paesi usciti dalla dittatura è considerevolmente  aumentato in Europa orientale, Asia, Africa e America Latina. Un gran numero di istituzioni e ONG controllano oggi, ovunque nel mondo, la correttezza delle elezioni, la libertà di stampa e il rispetto dei diritti dei partiti. Sono sempre meno le violazioni dei diritti umani che sfuggono al controllo delle ONG specializzate come Amnesty International  (...)"
pag 56 "LA DEMOCRAZIA ARRETRA. La diffusione della democrazia nel mondo si sta fermando, o addirittura arretrando anche laddove formalmente vigono sistemi democratici. IL mercato è progressivamente diventato il vero sovrano del pianeta e tiene in pugno tanto gli elettori, trasformati in meri consumatori, tanto le élite politiche, considerate ormai alla stregua di dipendenti di un'azienda. (...) E così, dopo dieci anni di espansione, la democrazia oggi sta arretrando,e il regime democratico non è più maggioritario nel mondo. Infatti, attualmente solo il 40% della popolazione mondiale vive in una democrazia. I due peggioramenti più lampanti riguardano la diminuzione della libertà d'espressione e l'indebolimento dello stato di diritto. (...) Tanto che è stato coniato il termine <democratura > proprio per definire questi regimi che della democrazia hanno ormai solo l'apparenza e sono invece governate in modo criptodittatoriale"

E' contraddizione questa, di Attali? Non so e non credo. Ritengo piuttosto due cose, la prima che (appare poco perchè ho voluto estrapolare poche righe) in realtà Attali confronti due aspetti non esattamente combacianti, nel caso positivo in realtà illustra più forma e apparenza che sostanza, nel caso positivo invece, e purtroppo, racconta nel dettaglio maggiormente la realtà concreta; la seconda cosa è che questa apparente contraddizione, questo raccontare (non solo riguardo la democrazia) una specie di mondo "Giano Bifronte) sia un artificio retorico che deve preparare a quello che mi aspetto essere il "terzo tempo", ovvero le sue proposte e le soluzioni che ci offre. Devo dire che, pur continuando a leggere il libro, questo stile un po' "spettacolare" non mi entusiasma. Però ci sono altri motivi di profondo interesse, per ora di analisi statistica, in questo libro che motivano la prosecuzione della lettura.



mercoledì 4 aprile 2018

CHI CONTROLLA I DATI CONTROLLA IL LEARNER_ L'algoritmo definitivo di Pedro Domingos

CHI CONTROLLA I DATI CONTROLLA IL LEARNER_ L'algoritmo definitivo di Pedro Domingos

"Ma soprattutto, dovremmo preoccuparci di cosa potrebbe fare l'Algoritmo Definitivo se cadesse nelle mani sbagliate. La prima linea di difesa consiste nell'assicurarsi che i buoni ci arrivino per primi, o quanto meno, se non è chiaro chi sono i buoni, nel garantire che sia open source. La seconda è capire che per quanto un algoritmo di apprendimento possa essere ben fatto, la sua qualità non è mai superiore a quella DEI DATI  che gli vengono forniti. CHI CONTROLLA I DATI CONTROLLA IL LEARNER. La reazione giusta alla digitalizzazione delle nostre vite non dovrebbe essere la fuga in una baita di legno sperduta nei boschi - anche quelle, ormai, sono piene di sensori-  MA LA VOLONTA' TENACE DI MANTENERE IL CONTROLLO DEI DATI che riteniamo importanti. Non c'è niente di male ad avere un consigliere digitale che trova per noi ciò che cerchiamo; se  non ci fosse, ci sentiremmo persi. Molte delle battaglie del XXI secolo SARANNO COMBATTUTE PER IL CONTROLLO DEI DATI e della proprietà dei modelli che ne derivano, e i contendenti saranno i governi, le multinazionali, i sindacati e gli individui. In ogni caso, ABBIAMO LA RESPONSABILITA' MORALE DI CONDIVIDERE I DATI per il bene comune. Il machine learning, da solo, non curerà il cancro; saranno i pazienti a farlo, condividendo i propri dati a vantaggio di chi si ammalerà dopo di loro."

Insomma dobbiamo
1. mantenere il controllo dei dati
2. condividere i dati
3. contendere il controllo a governi e multinazionali.
4. con la condivisione dei dati non si manipoleranno le elezioni, non si suggestionerà l'opinione pubblica, non si riscriverà la realtà e la storia, ma si curerà il cancro.
Posso dire che vedo qualche contraddizione?

lunedì 2 aprile 2018

LA MORTE. A MODO SUO

LA MORTE. A MODO SUO
Gianfranco Ravasi: Breviario ( Domenica Sole 24 Ore 19.2.17)
(ritrovato durante uno dei disperati e perdenti tentativi di eliminare un po' di carta che mi circonda)

A MODO SUO
[ "La Morte è sempre la stessa,
ma ogni uomo
muore a modo suo"
(...) abbiamo scelto una frase severa desunta dall'ultimo romanzo della McCullers, Orologio senza lancette, del 1961. La scrittrice ci costringe a riflettere su un tema che è esorcizzato dalla cultura attuale ma che ininterrottamente rientra dalla finestra dello schermo televisivo e dei videogiochi o del computer. E' la morte, fenomeno sempre uguale e scontato per noi creature imprigionate nella gabbia del tempo, eppure sempre inatteso e originale, spesso ben diverso da come lo si è pensato. Esso è, comunque, sempre indescrivibile perché personale, unico e definitivo. Ecco, allora, la necessità di prepararsi a questo evento irripetibile con una vita piena e feconda.]

giovedì 29 marzo 2018

DISORDINE MONDIALE _ Antonio Badini

DISORDINE MONDIALE _ Antonio Badini

Quando ho pensato al commento che potevo fare su questo interessante e denso libro mi è tornata in mente un paragrafo che mi aveva colpito che, a mio avviso, illustra bene due aspetti: la visione geopolitica dell'autore (persona con un notevole curriculum di insider nelle vicende di cui parla) e l'approccio di realpolitik che è il sostrato culturale del saggio:
"L'osservazione storica insegna che non dovrebbe essere più sufficiente servirsi del pretesto di salvare vite umane o di promuovere la democrazia - in paesi ancor privi nelle loro società dei contrappesi tra i diversi gruppi di interessi - per attuare cambi di regimi con la forza. E ciò perchè ogni volta che ciò si è verificato, anziché l'avvento di una ordinata transizione alla democrazia, la comunità internazionale ha dovuto testimoniare lotte cruente tra gruppi locali che alcuni sospettano essere armati da paesi che agiscono dietro le quinte"
Tale freddo realismo e laicità di valutazione e giudizio (che si accompagnano a una visione assolutamente verticistica ed elitaria del governo dei destini del mondo - le masse sono ombre sullo sfondo, i popoli spettatori lontani o al massimo della partecipazione deleganti del potere nelle democrazie) è la cifra stilista nelle valutazioni delle scelte  e delle promesse di tre dei quattro principali centri di potere sullo scacchiere odierno: Trump (la cui lettura da parte di Badini è forse la migliore che ho trovato fino ad ora, e non è negativa!), Putin ( Badini mi appare contrario alle sanzioni decise dall'Occidente ma con altra autorevolezza rispetto ai nostrani riscossori dei bonifici russi), Xi Jinping. Il quarto centro di potere non è individuato in una personalità perchè come penso sia facile immaginare è l'Europa in crisi di identità e di autorevolezza (anche Badini non manca di dire che deve essere riformata, ma non ho trovato uno studioso che dica come). L'incedere del ragionamento di Badini è serrato in modo forse eccessivo per un lettore popolare e poco informato come me, quindi la riflessione sul suo argomentare diventa difficile e molte informazioni rischiano di essere assunte in modo acritico o perse per affastellamento di dati e giudizi. E' un libro che merita una rilettura ragionata, ma comunque si comprende come sia uno strumento importante per evitare di tranciare giudizi da leone da tastiera basandosi su qualche fake news o su una lettura istantanea e superficiale degli accadimenti.

CAMBIAMENTO MENTALE _ SUSAN GREENFIELD

CAMBIAMENTO MENTALE _ SUSAN GREENFIELD

Ho letto questo libro in un tempo piuttosto lungo, non azzardandomi quasi mai a leggere più di un capitolo a seduta. E' un libro, a mio avviso o meglio ad avviso delle mie sinapsi, piuttosto complesso. Se posso, e riesco, a sintetizzarlo in una frase: l'autrice si chiede se le tecnologie informatiche e il loro utilizzo prevaricante possono modificare il nostro cervello e la nostra mente, e la risposta è: sì possono. Tutto ciò è positivo o negativo: ci sono molti aspetti positivi ma la sensazione dell'autrice è che se non prestiamo molta cautela ed attenzione e non "ci difendiamo", gli aspetti se non negativi, almeno problematici, saranno maggiori dei benefici.
Non so se ho colto il senso del messaggio del libro, la controprova sarebbe che incuriosissi qualche amico a leggerlo per poi discuterne. Io, avendo il tempo, lo rileggerei, perchè ora che ho capito chi è l'assassino, posso dedicarmi meglio al plot, alla trama e alle connessioni. Greenfield, che è componente della House of Lords dell'UK, nominata Baronessa nel 2001, per la prima metà del libro ci illustra cosa è il cervello e che relazione ha con la mente, nella seconda metà del libro analizza le ripercussioni dei "social" su mente (quindi relazioni, memoria, attenzione, comportamento) e su cervello, interrogandosi in più occasioni se ci possono essere predisposizioni all'utilizzo compulsivo dei social, o se questi creano le condizioni affinché il condizionamento porti a modifiche mentali tali da arrendersi al loro utilizzo compulsivo. E' un po' imbarazzante, lo ammetto, che uno come me cerchi di arrabattarsi nel presentare questo libro, vorrei renderlo affascinante per invitare alla sua lettura. Credo sia tempo ben utilizzato.
Vorrei citare una sola frase tra le tante che mi hanno colpito durante la lettura del libro, una delle considerazioni finali. Forse un po' estrapolata dal contesto, ma che, a mio avviso, dice molto sull'approccio scientifico e non moraleggiante (mi verrebbe da dire populistico, ma ora è diventata una parola nobile in Italia e non vorrei offendere qualcuno) dell'autrice:
" Quindi piuttosto che pensare che l'era digitale, proprio come le precedenti tecnologie, minacci di de-umanizzare l'essere umano e di assecondare il perenne timore che la scienza e il progresso tecnologico ci trasformino in cyborg simil-zombie, ritengo che sia l'esatto opposto. Alcuni degli aspetti peggiori dell'essere troppo umani, ovvero il desiderio per lo status a prescindere dal talento, la mentalità di massa e l'indifferenza alla sconsideratezza, stanno ora dando libero sfogo nel territorio inesplorato del cyber-spazio."

domenica 18 marzo 2018

CRONACHE DI GERUSALEMME _ Guy Delisle

CRONACHE DI GERUSALEMME _ Guy Delisle
Graphic Journalism

SARO' ESPLICITO. PER ME QUESTO LIBRO E' UN CAPOLAVORO.
Non ci sono altre definizioni necessarie. E' uno di quei libri la cui lettura è necessaria. Delisle racconta con una serie di tavole, brevi capitolo a volte di una sola pagina (con 6/8 riquadri) a vole poco più lunghi, il suo anno passato a Gerusalemme al seguito della moglie impegnata con MSF. Si potrebbe pensare che, considerato il lavoro della moglie, Delisle parta ideologicamente schierato. Invece il libro è un percorso di crescita e di consapevolezza che ci viene illustrato quasi passo a passo. Delisle è curioso, senza supponenza e senza paura di cogliere anche gli aspetti più particolari dei due popoli, anche quelli che ci fanno sorridere (come non ricordare l'ascensore "del sabato" dell'ospedale, quello che si ferma ad ogni piano così evita all'ebreo di fare il lavoro di schiacciare la chiamata), senza ironia ma con sguardo affettuoso. Però lo sguardo com-partecipe di Delisle, il suo mostrare anche la più naturale sintonia che trova con il mondo ebraico ( quando vuole respirare un po' di "libertà" occidentale va a Tel Aviv) non gli evita alla fine di capire, comprendere e mostrarci di conseguenza che in quei luoghi, oltre ogni questione che evidentemente si pone sul campo, alla fine c'è chi è oppresso e chi opprime. La tavola nella quale la tata dei suoi due figli lo informa che la sua casa è stata considerata abusiva e che dovrà essere la sua famiglia ad abbatterla, altrimenti Israele la abbatterà e farà pagare loro le spese di abbattimento, non può non gelare facendo ritornare la memoria agli anni 30 in Europa. Non mi dilungo in piccole e poco utili considerazioni. Un solo invito. Lo si trova nel nostro SBV, vale la pena prenotarlo e leggerlo. Veramente.

sabato 17 marzo 2018

BUONGIORNO AFRICA Tra capitali cinesi e nuova società civile _ di Raffaele Masto

BUONGIORNO AFRICA Tra capitali cinesi e nuova società civile _ di Raffaele Masto

Ho appena concluso la lettura di questo importante libro di Raffaele Masto e avevo intenzione di scrivere... beh non una recensione, diciamo un commento di riflessione. Però ho pensato che avrei potuto affastellare banalità inutili e quindi ho ripercorso con la mente i vari brani più significativi (solo alcuni, non posso copiare il libro) e proporli come abstract. Credo che da poche righe estrapolate, se saprò estrapolarle bene, si comprenderà il "peso" del libro (assolutamente consigliato).
Forse le citazioni che mi appresto a trascrivere serviranno più da stimolo all'acquisto e lettura del libro. Proviamo
1. (siamo in Congo RDC ) "Per mantenere la struttura e dare uno stipendio minimo a medici e infermieri, Eustache fa pagare prestazioni e farmaci ai pazienti a un prezzo correlato alla loro situazione economica; chi è povero non paga e siccome a Bukavu si conoscono tutti lui sa bene chi far pagare. Così grazie all'ospedale Eustache si è "inventato" un lavoro che non avrebbe mai avuto, con il quale mantiene se stesso e la sua famiglia"
2.( siamo a Kamituga, sempre RDC) " Le pendici della collina erano punteggiate da rozzi buchi che penetravano in profondità anche di un chilometro nel ventre della terra, ci disse il seminarista. Aggiunse che quella era una delle principali cause di morte a Kamituga: a volte il terreno smottava e seppelliva le persone all'interno dei cunicoli... Osservai meglio quei buchi e mi sembrarono piccoli. Chiesi al seminarista se potevamo avvicinarci, anche per scattare delle fotografie, e quando fummo a pochi passi compresi; i lavoratori erano tutti bambini."
3. (Zendo, sempre RDC) "il preside di invitò a trascorrere una giornata a scuola... L'alzabandiera era annunciato dal tintinnio che un addetto produceva, battendo con una barra di ferro, su un semiasse di auto appeso a un albero: una rudimentale campanella che serviva da richiamo per tutto il villaggio. I bambini cominciarono ad arrivare , disciplinati, con il loro quaderno Unicef stretto al petto. Furono inquadrati davanti allo spiazzo della scuola: il preside fece alzare la bandiera congolese e, sotto la direzione di un maestro, i ragazzi cantarono l'inno nazionale. Poi in fila, entrarono nelle aule ...Sbircia con la code dell'occhio il quaderno aperto di uno scolaro ai primi banchi e notai che aveva cominciato a scrivere esattamente nell'angolo in alto a sinistra, senza lasciare nessun margine bianco dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra. Scarso senso estetico, si sarebbe detto. Ma io ero certo che si trattava d'altro; il ragazzino considerava il suo quaderno troppo prezioso per sprecare anche il più piccolo spazio bianco."
4. (Mali_ Masto viaggia con un cinese che è incaricato di valutare quali interessi economici può cercare di sfruttare il governo cinese) When Yè era un chiacchierone e mi bastò stuzzicarlo su quello che mi era sembrato il suo miglior argomento di conversazione, cioè gli affari cinesi nell'area di cui avrebbe dovuto occuparsi. Sapevo che Pechino aveva da poco concluso importanti accordi minerari per l'estrazione dell'uranio nel vicino Niger e gli chiese se ne fosse a conoscenza. Mi rispose un po' piccato. Se ne era occupato a fondo...Gli feci notare che proprio in concomitanza di quel conflitto commerciale (con Areva e quindi con la Francia), in Niger era nuovamente scoppiata la guerra civile tra le popolazioni del nord, i mitici Tuareg,e il governo centrale. When Yè mostrò di ritenere questa osservazione così marginale da non meritare neppure un commento, solo un'alzata di spalle".

Qualche stralcio tra i molti che avrei potuto trascrivere. Solo per dare un'idea della profondità del libro, che non guarda l'Africa a volo di uccello, ma entra nel vivo parlando con le persone, registrando luci ed ombre e cercando le cause, che ci interessano e ci coinvolgono molto più di quanto vogliamo far finta di credere e sapere.

mercoledì 14 marzo 2018

I PAESI ARABI IN 100 MAPPE _ Mathieu Guidére

I PAESI ARABI IN 100 MAPPE _  Mathieu Guidére



Quanto mi piace questa collana (esistono altri libri simili che cercherò di procurarmi).
Il titolo in francese è Atlas des pays arabes. Anche un ignorante della lingua transalpina come me sa tradurre. Atlante. Mi rimanda alla Geografia, straordinaria materia di studio che si è persa (e forse dissennatamente resa astrattamente mnemonica ai tempi della scuola) con grave danno nella capacità di comprensione delle vicende del mondo. La geografia e le sue derivazioni politiche e sociali. Non credo di essere completamente disattento verso le vicende umane e politiche che accadono attorno a me, eppure nella sua schematica semplicità questo libro mi ha comunicato una serie di informazioni che mi erano sconosciute e che non mi aiutavano a comprendere le dinamiche spesso oscure che muovono gli attori su quel scenario. Dico attori perchè faccio fatica a dire popoli, spesso pedine mosse da un gioco che passa sopra le loro teste e li muove secondo interessi particolari. Si capisce come sia faciloneria ignorante quella di pensare alla applicazione come dire a freddo, imposto,  del diritto civile e dei principi illuministici in modo astorico su nazioni che hanno nel retaggio di tradizioni e consuetudini un peso quasi millenario, ma ugualmente non posso non pensare che la pervasività di una religione che definisce tutto sia un serio problema nello sviluppo sociale e politico.
Il merito di questo libro è di fornire con pacata oggettività uno sguardo d'insieme storico, sociale, economico e politico del contesto (forse manca quello geografico puro), consentendo di avere una idea meno pregiudiziale e meno approssimata, obbligando a confrontare le nostre convinzioni (e la nostra presunzione di avere le soluzioni in tasca) con la lezione delle vicende umane come si sono evolute di causa in conseguenza.