domenica 29 novembre 2015

QUALCHE PENSIERO SU “LAUDATO SI'” _5

QUALCHE PENSIERO SU “LAUDATO SI'” _5

J.M.BERGOGLIO: UN LINGUAGGIO E UN PENSIERO POLITICAMENTE SCORRETTO
I paragrafi dal 23 al 26 sono compresi nel capitoletto “ Il clima come bene comune”. E' una casualità che mi capita di postare oggi qualche riga che mi ha particolarmente colpito. Piuttosto mi viene da porre l'accento su come J.M.Bergoglio sia poco “politicamente corretto”. Ma cosa vuol dire essere “politicamente corretto”? Secondo la vulgata comune non usare termini che possono essere ritenuti offfensivi verso una particolare categoria di persone, vuoi per razza, religione o condizione fisica o psichica. Fino alla facile ironia di chi, volendo dimostrare la propria spregiudicatezza (con la missione, dice, di voler rompere la cappa del linguaggio e del sentire “corretto”) ammantata di pelosa falsa libertà di pensiero, disserta di “diversamente alti” o “operatori ecologici”. In realtà abbiamo assistito in questi anni a un ribaltamento, silenzioso ma costante, pervicace e di successo, del concetto di “politicamente corretto”, fino a che è diventa tale, normale e “figo”, e quindi ufficialmente “politicamente corretto” l'utilizzo di un linguaggio ( e il pensare da quello rappresentato) volgare, razzista, esclusivista e feroce e chi cerca di mantenere una razionalità linguistica, un atteggiamento (ancor prima che un linguaggio) non escludente, non violento e comprensivo della complessità della vicenda umana è diventato “politicamente scorretto”.

Tale mi sembra sia J.M.Bergoglio in questa sua enciclica (al di la degli ipocriti attestati di stima e delle false lodi).


In questi paragrafi sul clima scrive:
25. I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l'umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. (fin qui non è molto diverso, salvo forse scriverlo senza l'ipocrita malafede di molti potenti. Il “politicamente scorretto” a mio avviso lo si trova qualche riga dopo) (…) E' tragico l'aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, I QUALI NON SONO RICONOSCIUTI COME RIFUGIATI NELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Purtroppo c'è una generale indifferenza di fronte a queste tragedie, che accadono tuttora in diverse parti del mondo. La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui di fonda ogni società civile.

26. Molti di coloro che detengono più risorse o potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi ...

lunedì 23 novembre 2015

QUALCHE PENSIERO SU "LAUDATO SI'" _4

QUALCHE PENSIERO SU LAUDATO SI'

LAUDATO SI'

capitolo 1. QUELLO CHE STA ACCADENDO ALLA NOSTRA CASA
INQUINAMENTO E CAMBIAMENTI CLIMATIVI
inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto


Trovo interessante, nei paragrafi 20. 21. e 22. due concetti forti chiaramente espressi: la critica della tecnologia legata alla finanza (quindi, deduco, al servizio di un potere e non libera) che per risolvere un problema ne produce altri; e la correlazione, nella “cultura dello scarto” tra lo scarto degli esseri umani e lo scarto delle cose. E' interessante questa denuncia nell'epoca post EXPO durante la quale, correttamente, abbiamo speso molte energie per contrastare lo spreco alimentare, la cattiva abitudine di scartare cibo in condizione di penuria globale. Benissimo tutto ciò, ma, proviamo anche a non "scartare le persone" (mi rendo conto che in filigrana si potrebbero inserire ragionamenti che potrebbero portarci a divaricazioni notevoli relativamente a cosa si considera scarto parlando di esseri umani - e quindi cosa si intende o si vuole indurre ad intendere per scarto in tematiche relative alla bioetica e alle scelte individuali, fino a che punto essere sono libere e fino a che punto possono essere liberamente prese e quanto la libertà dell'uno incide sulla non libertà dell'altro)

Alcuni stralci:
20.“ (…) La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l'unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose,e per questo a volte risolve un problema creandone altri.”

21.“(...) La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”.

22.“Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose, che si trasformano velocemente in spazzatura. (…) Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare (…) Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie (…)

Mi piace che anche quando il discorso sembra tecnico, l'afflato verso la condizione umana e il collegamento alla denuncia delle diseguaglianze e dello sfruttamento non cade mai in secondo piano, bensì la lettura delle vicende è sempre globale.

domenica 22 novembre 2015

LA PAZIENZA E' LA VIRTU' DEI FORTI?

LA PAZIENZA E' LA VIRTU' DEI FORTI?

Non so, forse sarà solo suggestione. Però la riflessione sugli ultimi avvenimenti ( più drammatici perchè più vicini e più enfatizzati ma non più gravi di molte altre vicende simili che ci accompagnano in questi anni) aiutata dalla lettura di numerosi articoli, approfondimenti, saggi, commenti che riempiono i diversissimi, ormai, mezzi di comunicazione (fatta salva la televisione evitata per abitudine) mi fa credere, potrei sbagliarmi, che la virtù più importante ora sia la pazienza.
La pazienza delle forze dell'ordine che devono elaborare e incrociare una quantità infinita di dati per proteggerci ed evitare di catturare o eliminare i criminali dopo che hanno compiuto le stragi – come è purtroppo accaduto.
La pazienza dei governanti che devono capire che se con le risposte di forza immediate possono dare sfogo alle necessità emotive loro e delle popolazioni colpite (spesso infliggendo ad altre popolazioni innocenti altrettanti lutti) e forse al massimo tamponare il manifestarsi del problema, solo con l'assurgere a ruolo di statisti, quindi curare il benessere della popolazione e l'evolvere, nella differenza, della coesione sociale (scontentando forse i grandi capitali e non essendo compresi dalle agenzie di rating e dalla borsa) possono togliere l'humus nel quale un seme malvagio può nutrirsi.
La pazienza dei cittadini che devono accettare limitazioni alla propria libertà – l'unica parola veramente sacra per chi è cresciuto in Europa (conquista faticosa ma considerata acquisita per sempre)- in cambio di una ipotetica sicurezza
La pazienza di chi, per religione, si sente ora subissato da una infinità di richieste. Sono richieste giuste, ed è altrettanto giusto che gli vengano fatte perchè non è possibile chiamarsi fuori. Meglio anzi farsi carico del problema, sapere che si ha un cancro da estirpare può più facilmente condurre alla guarigione piuttosto che respingere l'idea che quel cancro sta aggredendo il proprio corpo. Però è vero che nella condizione di essere spesso vituperati a priori, di sentirsi a volte indesiderati o confusi, per ignoranza o malafede o propria poca chiarezza, pur essendo cellule sane, con le cellule malate, può creare spaesamento e maggiore chiusura. Quindi con pazienza occorre rispondere alle domande che vengono poste, spesso da chi è spaventato e quindi aggressivo, sapendo di doverlo fare, traendo spunto dalla necessità di dare risposte sincera per una positiva crescita, conservando l'orgoglio per chi si è e difendendo la propria dignità.
La pazienza ancora di noi cittadini che non vedremo tanto presto una soluzione a portata di mano e dovremo subire ancora questi colpi senza perdere la fiducia, senza transigere sui nostri valori, senza modificare le fondamenta dei nostri sistemi politici, senza cedere sui nostri diritti, senza venire meno ai nostri doveri, senza perdere le nostre abitudini (anche quelle meno positive? Sì, le dobbiamo cambiare per scelta non per imposizione).

Non so, forse ho una visione un po' naif della situazione geopolitica, ma mi viene da pensare che il detto “la pazienza è la virtù dei forti” sia abbastanza aderente alla realtà che viviamo.  

mercoledì 18 novembre 2015

QUALCHE PENSIERO SU "LAUDATO SI' " _3

Trovo molto interessante e indicato iniziare l'Enciclica con la riflessione su QUELLO CHE STA ACCADENDO ALLA NOSTRA CASA COMUNE. Infatti così si intitola il primo capitolo e il primo paragrafo (17) esplicitamente dice che le riflessioni filosofiche o teologiche possono risultare "vuote" se non ci contestualizzano su "quello che sta accadendo alla NOSTRA casa comune". Poche righe prima cita "il mondo di cui facciamo parte" per cui quel NOSTRA ha un chiaro significato ecumenico.
Credo che la scelta, a mio avviso indovinatissima, del tavolo nel padiglione EXPO della Santa Sede non sia indifferente (oltre al discorso cibo e nutrizione) a questo approccio indicato da J.M.Bergoglio.

Prima di iniziare la trattazione vera e propria, Francesco pone una questione che mi sembra di aver capito, lo preoccupa molto e che credo di ricordare ritornerà spesso nella Lettera: il contrasto e il confronto (non sempre con esito positivo) tra la VELOCITà DEL CAMBIAMENTO e la LENTEZZA DELL'EVOLUZIONE.

Su questo argomento mi sembra che la posizione di J.M.Bergoglio non sia di equidistanza, quanto piuttosto di critica verso la velocità del cambiamento:

18 "... la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell'evoluzione biologica (...) obiettivi ... non necessariamente orientati al bene comune... il cambiamento è qualcosa di auspicabile, ma diventa preoccupante quando si muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell'umanità."

Mi sembra che la critica verso la velocità del cambiamento non sia aprioristica contro la velocità (verso cui nutre forse più preoccupazione) o il cambiamento (verso il quale auspica maggiore prudenza), bensì verso gli obiettivi (immagino di chi governa o dirige questo cambiamento- perchè successivamente vedremo che non crede ne nelle magnifiche sorti e progressive ne nella mano invisibile del mercato), bensì contro alcuni obiettivi che deteriorano la vita di gran parte dell'umanità.

Propone quindi un percorso attraverso le questioni sul tappeto (e non nascondibili sotto)

19 "l'obiettivo" scrive " non è di raccogliere informazioni o saziare la nostra curiosità, ma di prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in SOFFERENZA PERSONALE quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che CIASCUNO PUò PORTARE"

domenica 15 novembre 2015

QUALCHE PENSIERO SU "LAUDATO SI' " _2

Prima di iniziare la trattazione vera e propria, J.M.Bergoglio scrive 4 paragrafi che intitola "il mio appello".
Ora, la Treccani dice che "appello" è:  Chiamata, invocazione a qualcuno spec. per ottenerne aiuto. Non so se è di uso comune tra i Papi questo linguaggio (non sono di mia abituale frequentazione), qualunque sia la risposta, mi sembra di un tratto abituale nello stile di questo Papa, non una esortazione da un trono, non l'invito a percorrere un sentiero già conosciuto per illuminazione o per sapienza, bensì una proporsi per un percorso comune con altri per il beneficio di tutti.

Ecco alcuni stralci dai paragrafi 13 e 14 che mi sembrano coerenti con il titolo del capitoletto.
13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poichè sappiamo che le cose possono cambiare (... ) L'umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. (...)  I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com'è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.
14. (...) Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all'indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di una nuovo solidarietà universale. (...)

Quando ho letto queste righe ho annotato a margine: <dire oggi che abbiamo bisogno di una nuova solidarietà universale è quanto di più controcorrente e visionario si possa dire>, ugualmente dire che L'Umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la casa comune. Oggi 15 novembre non posso che sottolineare sia il mio appunto sia la visione dei J.M.Bergoglio

CLAUDIO MAGRIS. INCONSCIO PREGIUDIZIO RAZZIALE

Per me ancora una volta leggere Claudio Magris vuol dire trovare un aiuto a riordinare pensieri presenti ma magari poco lucidi e a trovare espressi concetti con laica e lucida sintesi.
Dal Corriere di oggi. Consiglio di leggere l'articolo anche se il titolista ha messo del suo per rovinarlo.
Magris:
"A questa inaudita violenza si collegano, indirettamente, il nostro rapporto con il mondo islamico in generale e la convivenza con gli islamici che risiedono in Occidente. A chiusure xenofobe e a barbari rifiuti razzisti si affiancano timorose cautele e quali complessi di colpa o ansie di dimostrarsi politicamente ipercorretti, che rivelano un inconscio pregiudizio razziale altrettanto inaccettabile. E' doveroso distinguere il fanatismo omicida dell'Isis dalla cultura islamica, che ha dato capolavori di umanità, di arte, di filosofia, di scienza, di poesia, di mistica che continueremo a leggere con amore e profitto. Ma abbiamo continuato ad ascoltare Beethoven e Wagner e a rileggere Goethe e Kant anche quando la melma sanguinosa nazista stava sommergendo il mondo, però è stato necessario distruggere quella melma. Le pudibonde cautele rivelano un represso disprezzo razzista ossia la negazione della pari dignità e responsabilità delle culture camuffata da buonismo.

giovedì 12 novembre 2015

QUALCHE PENSIERO SU "LAUDATO SI'" _1

LETTERA ENCICLICA “LAUDATO SI'” sulla cura della casa comune. Di J.M.Bergoglio con il nome di Francesco.

Cosa mi è piaciuto di questa Lettera Enciclica: la consapevolezza che i problemi che affliggono l'umanità sono connessi, collegati e interdipendenti. Non quindi una visione astratta dell'ecologia, bensì una analitica descrizione delle cause del disagio della Terra e di molti suoi abitanti e una chiamata in correo dei ben identificati responsabili. Parimenti la visione che porre rimedio comporta una serie di interventi altrettanto connessi, di carattere generale, mondiale, politico e geopolitico, senza rinunciare alla chiamata alla responsabilità personale.

Cosa non condivido: la lettura della Terra come dono di Dio all'uomo e quindi la responsabilità dell'uomo verso Dio nella conservazione della Terra. A mio avviso non esiste questo stato di necessità, siamo frutto del caso e se, come uomini, domani mattina sparissimo improvvisamente tutti e sette miliardi, la Terra continuerebbe la sua storia indifferentemente, senza sofferenza per alcuno, salvo forse, temporaneamente, qualche animale addomesticato.


Qualche stralcio.
Nei paragrafi iniziali si sofferma sul san Francesco d'Assisi, dal quale ha preso il nome.

10. (…) inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l'impegno nella società e la pace interiore [appare una scansione programmatica di cosa tratterà nella pagine seguenti, e quali sono i suoi punti cardinali]

11. La sua testimonianza (di s.Francesco) ci mostra che l'ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l'essenza dell'umano (…) se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati [il ragionamento sulla visione a corto raggio, sugli interessi immediati, sulla mancanza di lungimiranza tornerà spesso nell'Enciclica] 

12. (…) per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell'orto non coltivata, perchè vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza [evidentemente a me non viene da elevare il pensiero a Dio, ma il paragrafo mi piaceva perchè mette in discussione la mia ansia di ordine e “manomissione” che ho anche verso la natura]

lunedì 9 novembre 2015

GLI UOMINI HANNO DA PERDERE LE LORO DONNE

GLI UOMINI HANNO DA PERDERE LE LORO DONNE
Nella appendice dell'importante libro "INFIBULAZIONE- il corpo violato" di Carla Pasquinelli viene riportata la lunga rassegna stampa che ha accompagnato, dieci anni fa, le polemiche sulla proposta di introdurre una forma simbolica di infibulazione (per preservare fisicamente le giovani) lanciata dal prof Omar Abdulcadir. 
La vicenda, che ho conosciuto solo attraverso la lettura del libro e della quale non conosco gli esiti, è spunto, nella riflessione e nella indagine di Pasquinelli, per diversi e attuali ragionamenti.
Qui ora voglio solo riprendere un passaggio di Sofri, scritto su Panorama del 3 febbraio 2004.

Non so se Sofri sia ancora di questa idea, io trovo ciò che dice vero e attuale e lo riporto , a distanza di dieci anni, anche come motivo di interrogarsi. 

"...io penso, più o meno, che uno scontro di civiltà sia effettivamente in corso sulla Terra, e che la sua posta più preziosa e ambita sia il potere sul corpo delle donne. Capisco che, a dirla così, sia un po' forte. Quanto a me, non ne vedo che conferme. Non esistono al mondo, neanche nel più povero dei mondi, uomini che non abbiano da perdere se non le loro catene. Gli uomini hanno da perdere le loro donne".