mercoledì 30 maggio 2018

IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO... (CONNECTOGRAPHY - Parag Khanna)

IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO... (CONNECTOGRAPHY - Parag Khanna)
(ho ripreso in mano Connectography di Khanna, per leggerlo con più attenzione)
" Un decennio fa dall'Africa e dall'India si alzavano voci che proclamavano che -un miliardo di persone non può essere ignorato- presumendo che la semplice dimensione demografica dovesse riflettersi in determinati diritti, come quello di avere un seggio nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. MA IL MONDO PUO' IGNORARE BENISSIMO, E LO FA, UN MILIARDO DI PERSONE QUANDO QUESTE SONO POVERE, PRIVE DI TUTTO, DISCONNESSE E SENZA DIRITTI (mia nota: verissimo, se muoiono nella traversata del deserto o uccisi dai trafficanti libici, semplicemente non appaiono, se muoiono nel Mediterraneo forse ci fanno stillare qualche lacrima - da qualcuno con ipocrita soddisfazione - se hanno l'azzardo di sopravvivere, allora sì che non sono IGNORate, anzi sono ODIate)
Solo quando un miliardo di africani e un altro miliardo di indiani saranno connessi all'economia globale le loro nazioni cominceranno a essere prese davvero sul serio" Penso che con "connessi" Khanna intenda dire che saranno protagonisti alla pari, e non solo fornitori di manodopera a basso costo o schiavi estrattori di materie prime o sfruttatori dei loro stessi popoli a nostro beneficio.  Il paragrafo è urticante e sgradevole, ma non si può dire non sia realistico.

lunedì 28 maggio 2018

PATRIA - Fernando Aramburu

PATRIA – di Fernando Aramburu

Ma che libro di clamorosa bellezza questo che ho da poco finito di Fernando Aramburu! Non oso neppure una recensione di un romanzo così denso. La storia della Spagna e dei Paesi Baschi negli anni del terrorismo di ETA, la storia di famiglie basche profondamente coinvolte in quelle vicende, la storia di persone che rappresentano dei particolari e degli universali, raccontate con partecipazione umana con uno stile narrativo spettacolare. Dovrei rileggerlo per cogliere limiti e manchevolezze, ma confesso che non ho alcun interesse a farlo. Preferisco ancora a distanza di qualche giorno di godere del piacere che la lettura di questo libro mi ha regalato. La vicenda è drammatica, e la sofferenza dei protagonisti vivissima e pienamente rappresentata, eppure lo stile rimane asciutto senza essere distaccato. Non cerca, a mio avviso, l'emozione nel lettore, però alla fine ci sentiamo come immersi nelle pagine di quel libro, nei luoghi di quel racconto, ci sembra di essere presenti e vedere sul posto i personaggi muoversi, agire, parlare. Io ho parenti e amici baschi (mia cognata e i miei nipotini), mio fratello vive da decenni ormai in Euskadi, con loro, quando e se leggeranno il libro, mi confronterò dal punto di vista storico. Lo scenario che ci rappresenta Aramburu appare piuttosto realistico, la sua scelta di campo netta, senza nascondere eccessi anche da parte dello stato Spagnolo. Credo che ci voglia dire che è la salvaguardia della cultura Basca, la continuità della lingua, la conservazione delle tradizioni il tramite per conservare la specificità Basca nello Stato Spagnolo, non una irrealizzabile indipendenza. (i miei nipotini, per esempio, studiano in Euskera ). Ma non voglio addentrarmi in considerazioni per le quali non ho una preparazione adeguata. Mi limito a consigliare caldamente la lettura di questo stupendo libro.

RAVASI E MASTROCOLA: OLTRE LA MEDIOCRITà DELLE COSE

RAVASI E MASTROCOLA: OLTRE LA MEDIOCRITà DELLE COSE
(premesso- e ripetuto in seguito - non si intende disconoscere la necessità che si risponda ad esigenze drammaticamente materiali di molte persone che vivono condizioni di povertà anche dura)
Ho letto sulla Domenica del Sole 24 Ore il Breviario di Ravasi e le Paginette di Mastrocola, posti il primo sulla prima pagina e il pezzo di Mastrocola in penultima.
E ho trovato, con divertito interesse, la trattazione di uno stesso argomento e un chiaro comune sentire. Poiché non credo (ma non so, in realtà) che sia siano messi d'accordo, penso che ciascuno di loro, leggendo il pezzo dell'altra/o, abbia sorriso.
Scrive Ravasi (il Breviario è opera di un Cardinale, il laico estrapola il concetto dall'afflato religioso, e ci si ritrova in pieno): "<L'uomo è ben più di una macchina: è uno spirito, un dio nel mondo, ma lo è in un relazione con le COSE CHE LO CIRCONDANO BEN PIU' VITALE E SUPERIORE A QUELLA MOTIVATA DAI SOLI BISOGNI> Oggi è la festa della Trinità, quindi della realtà segreta e misteriosa del Dio cristiano. Noi abbiamo scelto di parlare oggi dell'immagine divina per eccellenza, la sua statua più somigliante, l'uomo, con una considerazione del grande poeta tedesco Friedrich Hoelderlin. Che l'uomo sia un quasi-dio lo afferma persino la bibbia, quando il Salmista riconosce che <tu, o Signore, l'hai fatto davvero poco meno di un dio (8,6)>. Proprio per questo egli non è riducibile a una macchina biologica, a un meccanismo puramente sensoriale, a un destinatario di prodotti da consumare. IL SUO RAPPORTO CON LA REALTA' CHE LO CIRCONDA NON DEV'ESSERE, ALLORA, LEGATO SOLO AL BISOGNO. La parola realtà deriva dal latino res, che a sua volta dipende dall'indoeuropeo rah che indica il bene, un dato non solo materiale, ma anche spirituale. Ed è così che l'uomo vive, sì, di cibo ma, al tempo stesso, di bellezza e di verità. Egli non è un grumo di cellule, ma un essere divino collocato da Dio nel mondo"
Questo è Ravasi (pur nel mio crede nella assoluta casualità dell'uomo nel mondo, non disconosco la spiritualità, non determinata, ma derivata dalla sua storia e dal suo saper immaginare ciò che non esiste)
Mastrocola nelle sue PAGINETTE (che leggo con simpatia, contrariamente al solito, anche per l'incipit dedicato alle galline) scrive: " La vera bruttezza, la vera mediocrità, naturalmente, non solo (soltanto) le felpe. Ho riflettuto un po', in questi mesi, in questo prolungarsi dell'agonia del vuoto di governo... e sono arrivata a pensare che l'aspetto peggiore , più mortificante, è che questa politica si sia finora più che mai fondata su cose e non su idee. Cose soltanto concrete, che si toccano, si quantificano, si spendono. La promessa di COSE: PIU' SOLDI, MENO TASSE, BONUS, AGEVOLAZIONI , SUSSIDI...NOMI DI COSE E BASTA. Un profluvio di offerte  da supermercato: è questo che ci offende. Vorremmo votare un politico che ci mostri una visione del mondo, non uno che ci offre una scatola di pelati in più. ... Troppa concretezza bieca, pesante, fine a se stessa. Manca un volo, un'impennata..." Rispetto a Ravasi di Mastrocola occorre sgrassare molto dallo snobismo benestante che ammorba il suo ragionare. La liberazione dai bisogni primari consente il sogno, il volo, e compito primario di chi chiede fiducia per governare una nazione è quello di recuperare dai bisogni, che si soddisfano con le cose, gli ultimi. Ma sfrondata da questa pecca il ragionamento di Mastrocola, il materialismo gretto di cui è ammantato il nostro discorso (sociale, culturale e non solo politico ) è veramente di gucciniana memoria (Cyrano)

martedì 15 maggio 2018

SULL'AMORE _ due Breviari di Gianfranco Ravasi

SULL'AMORE _ due Breviari di Gianfranco Ravasi


Per due settimane consecutive, nel suo “breviario” per la Domenica del Sole 24 Ore, il Cardinale Gianfranco Ravasi tratta dell'amore. E lo fa esprimendo due concetti che sembrano quasi contraddirsi. Domenica 6 maggio conclude il suo breve scritto con una definizione bellissima (a suo e mio giudizio) di Ungaretti: “ Il vero amore è una quiete accesa”. E inizia il pensiero di domenica 13 maggio con un aforisma tratto da Silenzio, un racconto di Max Frisch “ In amore non si vede un punto d'arrivo, né un appagamento, ma solo un continuo proseguire”. Quando ho letto questa frase non ho potuto fare a meno di tornare con la mente, ove le avevo riposte, alla parole della settimana precedente (e neppure l'accorto ed eruditissimo Ravasi se le è dimenticate). Il primo istinto è stato quello di cogliere la contraddizione ( “quiete” -”proseguire”) Non è forse la quiete la plastica rappresentazione dell'appagamento? Ma ho trovato un filo rosso (esercizio facilissimo, nevvero?) nella parola “accesa”. Una quiete accesa è un bellissimo ossimoro che si sposa benissimo con la mancanza di appagamento, il continuo proseguire. Ovviamente Ravasi stoppa subito il don Giovanni che non si appaga di aggiornare il suo catalogo, il “proseguire” che propugna è un desiderio la cui etimologia richiama alle stelle e non al possesso e all'appagamento superficiale. Ma non scinde dalla “quiete” la qualifica “accesa”, che elimina dall'orizzonte il “grigio dell'egoismo e dell'abitudine”. Si potrebbe proseguire a lungo stimolati da questa riflessione abilmente posta in due puntate consecutive da Ravasi, con il rischio di scivolare in corbellerie. Meglio lasciare così sospeso l'argomento, condividendolo con gli amici attraverso gli strumenti che oggi abbiamo (un po' sterili, quanto è più bello non limitarsi a like o brevi commenti, ma discuterne con calore attorno a un tavolo, anzi un desco per essere più coinvolgenti).
Il breviario di Ravasi è la prima cosa che leggo il lunedì appena arriva il Sole 24 ore della Domenica da cui velocemente estraggo l'inserto, ed è un raggio di sole nella giornata. Anche questo, per me ateo, è un felice ossimoro.

lunedì 14 maggio 2018

Eshkol NEVO: TRE PIANI


Eshkol NEVO: TRE PIANI

titolo originale: שלוש קומות (Tre piani- ogni tanto chi da i titoli in altra lingua non vola di fantasia)

UN CRESCENDO

Cosa posso dire di questo romanzo, il terzo che leggo di Nevo: un crescendo, è un crescendo dal primo a terzo racconto (al terzo piano del palazzo). Se sono tutti racconti molto coinvolgenti e scritti, secondo la mia poca capacità critica, molto bene, dovendo essere più specifico dico che il secondo è meglio del primo e il terzo è meglio del secondo. Da notare che il secondo e il terzo è un racconto in prima persona ove il protagonista raccontante è in realtà una protagonista raccontante, una donna. I racconti sono così intimi ed introspettivi da risultare coraggiosi (azzardati, presuntuoso?- non ho questa impressione) da parte di Nevo.

L'architettura del romanzo che riprende Freud (tranquilli, lo si dice nella presentazione e lo ripete lui nel corso del romanzo, non ci sarei arrivato da solo) è ben costruita, anche nei rimandi tra le diverse esperienze degli inquilini del palazzo- ma questo è un esercizio semplice con un buon editor.

Piuttosto il mio approccio è stato quello di immergermi nella storia, nelle storie, con un certo distacco nel primo racconto fino quasi a muovermi accanto ai protagonisti nel terzo e cogliere nelle pieghe delle pagine, accanto a una partecipazione amichevole con i protagonisti, tutte le valutazioni, le suggestioni, i valori, le scelte etiche che Nevo sa proporre.

Forse le vicende che sono narrate appaiono un po' eccessive, non inverosimili ma almeno improbabili nella vita comune delle persone (o forse la mia è una vita particolarmente noiosa), ma in realtà appaiono come strumenti per scavare negli intimi desideri, nelle intime scelte, nelle relazioni tra le persone di protagonisti che forse vorrebbero essere archetipi sui cui il lettore può riflettere se stesso e le sue scelte.

Alla fine della trilogia che ho appena letto, considero di aver fatto una bella scoperta. Lo consiglio.

sabato 12 maggio 2018

ISRAELE: LA BANALITA' DEL MALE

ISRAELE: LA BANALITA' DEL MALE 

Eshkol Nevo: LA SIMMETRIA DEI DESIDERI. Titolo originale משאלה אחת ימינה che il traduttore traduce in “un desiderio a destra”
Ma che bravo scrittore è Eshkol Nevo. Devo proprio ringraziare l'amica Ornella perviene avermelo consigliato ( e prestato subitaneamente tre suoi libri).

Non si entra subito in sintonia con il libro. Occorre, almeno a me è stato necessario, insistere un po' per instaurare quel clima di empatia con i personaggi che mi sembra una peculiarità positiva dello scrittore israeliano. Dopo il primo momento, i protagonisti diventano conoscenti (magari non amici, ma persone con le quali si immagina di scambiare volentieri due chiacchiere anche più approfondite dei convenevoli).

Non riesco a togliermi dalla testa LONESOME DOVE che ho letto da poco, e mi viene sempre di fare paragoni con quel libro monumentale. Anche in LA SIMMETRIA DEI DESIDERI le vicende drammatiche accadono assolutamente per caso, inaspettate e sorprendentemente banali nella causa scatenante. E mentre i protagonisti Israeliani vivono i loro successi e i loro drammi, interiori o causati dal fato, al Palestinese Sadat è impedito dal comandante del posto di frontiera di recarsi all'ospedale dove cerca di curare il suo cancro perchè un cugino ha problemi con la giustizia israeliana, in una forma di punizione collettiva che non suona nuova in quelle terre (se pensate che sia un espediente letterario, una fantasia, leggete su INTERNAZIONALE n° 1255 dell'11 maggio 2018 il pezzo di Amira Haas, intitolato PERMESSO STRAORDINARIO, sulle vicende di Saada Hassouna). La narrazione delle vicende dei quattro amici e lo strano modo che hanno di realizzare i loro desideri (che non rilevo per non fare spoiler) a mio avviso è un escamotage per dipingere singole esperienze umane con simpatia e partecipazione. Sentiamo vicine queste persone per la loro umana banalità, i difetti, le cadute, le meschinità. Anzi proprio la meschinità, che è probabilmente la caratteristica che vorremmo meno “riconoscere” in un protagonista del libro che stiamo leggendo, consente a Nevo di scrivere 6 pagine tremende, nella edizione che ho letto “Beat Bestseller” da pagina 159 a pagina 164, di denuncia di come l'occupazione e la repressione dei Palestinesi abbia infettato Tsahal, a lungo promosso come “l'esercito più etico del mondo”, cadendo da difensore della sicurezza di Israele a forza di repressione incapace di evitare la “banalità del male”. Se consideriamo che, come si legge nel libro ISRAELE IN 100 MAPPE, gli israeliani confidano più in Tsahal che in Dio per la loro sicurezza, una denuncia così potente dei mali della oppressione non può essere una calunnia (Nevo ne sarebbe uscito distrutto) e quindi deve letterariamente rappresentare qualcosa di vero e verificabile. Occorre dire che questa denuncia ci parla anche della grandezza di Israele e della vicinanza all'Europa di quella nazione, dubito che una denuncia simile avrebbe avuto diritto di testimonianza in una pubblicazione a Gaza o nell'Autonomia Palestinese senza censura e senza pericoli fisici per l'estensore della denuncia. Concludo suggerendo la lettura di questo libro, intanto mi accingo ad iniziare TRE PIANI, il terzo libro che Ornella mi ha prestato.

martedì 8 maggio 2018

Eshkol NEVO _ NOSTALGIA

Eshkol NEVO _ NOSTALGIA
titolo originale: ארבעה בתים וגעגוע (quattro case e nostalgia)
traduttrice Elena Loewenthal

Quanto è triste questo bel romanzo di _Nevo dal titolo "Nostalgia". Narra la vicenda di Saddiq, un muratore Palestinese che si trova a lavorare nella sua vecchia casa di famiglia abbandonata quando era piccolo al tempo della Nakba e ora abitata da Israeliani Ebrei. Riconosce la casa e viene incaricato dalla vecchia madre del compito di recuperare un oggetto prezioso per il valore nostalgico della Memoria della famiglia rimasto nascosto dietro un mattone. Attorno a questa vicenda si svolgono le vicende contorte ma coinvolgenti degli abitanti attuali Israeliani Ebrei del quartiere di Gerusalemme dove sorge la casa in questione.
I personaggi sono descritti in modo da risultare empatici, si diventa amici leggendo e si spera che i problemi trovino soluzione, ma rimane bene nel cuore del libro come le vicende di vincitori e sconfitti viaggino su piani differenti. Saddiq rimane quasi invisibile agli occhi degli Israeliani, solo un personaggio, un anziano, che vive un momento di "pazzia" lo vede e lo confonde con un figlio che è morto piccolo. Non credo che sia casuale che sia  la pazzia, anche momentanea, ovvero l'uscita dallo schema, ad aprirci lo sguardo, divenuto innocente perchè non condizionabile,  al di là delle convinzioni, delle convenzioni e degli stereotipi, e a consentirci di "vedere" le persone in quanto persone e non in quanto "rappresentazioni", e a scoprire  i legami che ci legano oltre razze e religioni. I personaggi sono trattati con delicatezza da Nevo, con amichevole condiscendenza verso i difetti e le paure di ciascuno, il protagonista (non è una contraddizione) apparentemente è una figura secondaria e viene solo intravisto dagli altri personaggi e perlopiù dimenticato quasi subito, eppure il suo dramma pesa come un macigno anche nella nostra riflessione, mostrandoci come le vicende umane dei vincenti scorrano indifferenti sulla sofferenza degli sconfitti, spesso invisibili e spesso sconosciuti e dimenticati. Il caso ha voluto che finissi questo romanzo pochi giorni dopo aver finito LONESOME DOVE che narra un'altra vicenda di vincenti e sconfitti (in quel libro le vicende dei nuovi americani che costruiscono una nazione sulla distruzione di popolazioni native).

martedì 1 maggio 2018

Frédéric Encel_ ISRAELE IN 100 MAPPE

Frédéric Encel_ ISRAELE IN 100 MAPPE le sfide di una democrazia in guerra

titolo originale: Atlas géopolitique d'Israel - BUS - Leg edizioni

Israele e l'Ebraismo sono due misteri che mi affascinano, che si sovrappongono ma non coincidono completamente. Credo che nessun Stato come Israele rappresenti un unicum sul globo terracqueo.
Leggo libri di autori ebrei e israeliani, leggo libri sulle vicende degli Ebrei in Europa, leggo newsletter e blog su Israele da quelli più schierati senza se e senza ma con la polita israeliana a quelli più critici verso tale politica, ho seguito pure per qualche tempo l'edizione inglese di Ha'aretz. Eppure mi rendo conto che la conoscenza di Israele sia più derivata da giudizi che da conoscenza geografica/storica della realtà.
Nei limiti delle sue 200 pagine, senza credo troppe pretese, ma apparentemente con una certa oggettività scientifica, questo bel libro della BUS mi è stato utile a contestualizzare maggiormente la situazione.
Ne esce, a mio avviso, accresciuta la consapevolezza della importanza delle mappe che raffigurano confini, fonti d'acqua, diversità territoriali, infrastrutture antropiche esistenti e progettate, fonti energetiche, risorse del suolo e del sottosuolo per capire le scelte strategiche e politiche a volte mascherate con altre scusanti.
Non posso dire ora di avere una conoscenza certa, però libri come questo aiutano a comprendere meglio. Comprendere non vuol dire approvare, bensì cercare di giudicare con maggior cognizione di causa e meno con ideologia. Rimane fermo il fatto che ogni persona vale, ed è unica ed irripetibile.
Non ho modificato alcuni pareri precisi che ho elaborato in questi anni:

  • chi sia oggettivamente oppresso e chi opprima;
  • chi abbia definitivamente vinto la guerra (Israele);
  • quale sia la soluzione ovvero  un unico Stato che risponda di quanto scritto nel 1948 (Lo Stato di Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli [anche Arabi della Nakba?], incrementerà lo sviluppo del Paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite);
  • quale sia l'evidenza del rischio che si utilizzi la sicurezza per impiantare un regime di apartheid 

Tutte considerazioni che faccio trattando del libro che illustra Israele, altre considerazioni se analizzassi un libro che tratta la Palestina.
Insomma, nel mio e nel suo piccolo questo libro si dimostra utile per cercare di ragionare per conoscere e/o conoscere per ragionare. Un libro che merita di essere letto e discusso.