sabato 27 ottobre 2018

UNA INVETTIVA CONTRO L'APPIATTIMENTO CULTURALE

 
UNA INVETTIVA CONTRO L'APPIATTIMENTO CULTURALE
Tom Nichols LA CONOSCENZA E I SUOI NEMICI. L'ERA DELL'INCOMPETENZA E I RISCHI PER LA DEMOCRAZIA.
In perfetto stile anglosassone Nichols conclude il suo libro con questa ironica frase: " Questa, almeno, è la mia opinione di esperto sulla faccenda. Ma potrei sbagliarmi" Eventualità alla quale, è evidente dopo una invettiva lunga 235 pagine, è il primo a non credere, ma suggella lo stile che rende questo libro, potenzialmente un vero mattone, una lettura briosa e divertente, pur nella "pesantezza" della questione trattata. Captatio benevolentiae, spesso l'ironia è rivolta verso se stesso, le proprie incoerenze e debolezze, anche rispetto ad atteggiamenti che nel libro condanna.
Per il resto picchia duro (a volte tira anche gli innumerevoli sassolini che ha nelle scarpe) contro la deprecabile e deprimente abitudine di considerare ogni opinione, sia essa sorta a conclusione di un ciclo di sudati studi scientificamente condotti, sia essa digitata sui social mentre si beve il caffelatte a colazione, di uguale valore. 
Scelgo una citazione dal libro che a mio avviso rappresenta sufficientemente lo spirito, se non il contenuto dettagliato, dell'opera ( ma potrei sbagliarmi !😏) 
"... la falsa sensazione e l'illusione di egualitarismo creati dall'immediatezza dei social media. Io ho un account Twitter e un profilo Facebook, tu anche, e quindi pari siamo, no? Dopo tutto se un reporter illustre di un quotidiano importante, un diplomatico della Kennedy School, uno scienziato di un ospedale di ricerca e la zia Rose che abita a Reno hanno tutti qualche account on line, allora le loro opinioni sono altrettanto messaggi che vi sfrecciano davanti agli occhi. Ogni opinione è valida quanto l'ultimo post su una home page."
Però sappiamo bene che non siamo esperti di finanza, anzi di finanzcapitalismo come lo chiama Gallino, ma da inesperti e ignoranti riusciamo a capire, meglio degli avidi padroni della finanza e del denaro che accumulano miliardi con i loro studiatissimi algoritmi, che "è sbagliato" questo modo di condannare il mondo a crisi continue che vengono pagate da chi sta in basso nella scala sociale. Quindi a volte competenza e conoscenza non sono un valido discrimine per la bontà delle opinioni. Non è la stessa cosa progettare un satellite o un aereo e la cartolarizzazione di una ipoteca per specularci sopra. 
Per questo ho trovato, pur nella sinteticità di una estrapolazione di una opinione che ricercherò nella sua forma completa, interessanti le parole in quarta di copertina di Sabino Cassese.
" Le società moderne hanno bisogno di ritrovare le ragioni della cooperazione tra competenti e amateurs, tra élites ed eletti, perché la politica non può fare a meno né di ascoltare gli orientamenti popolari, né di interpretarli ed eseguirli"

venerdì 26 ottobre 2018

L'UOMO ECONOMICO. UN MODELLO DIVENTATO CARNE E OSSA

L'UOMO ECONOMICO. UN MODELLO DIVENTATO CARNE E OSSA
da (Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi - di Luciano Gallino)

" Il sistema finanziario non avrebbe potuto sviluppare i modi di operare elencati sopra (nel libro Finanzcapitalismo), né raggiunto i risultati che può vantare a livello mondiale, se non avesse avuto l'apporto di miliardi di inconsapevoli servo-unità umane ( il termine, ingrato ma appropriato, risale a Mumford e alla sua definizione di mega-macchina) in forma di multipli dell'uomo economico appositamente costruiti. E' questo un modello dell'uomo che lo concepisce come un essere le cui azioni sono motivate unicamente da un principio normativo supremo: il perseguimento dell'interesse o utilità personale. Concettualmente parlando l'uomo economico è una macchina da calcolo, come ebbe a definirlo tempo addietro l'antropologo Marcel Mauss. Lo diventa realmente nel suo comportamento effettivo, sia sul piano economico che su quello morale e politico, quanto più gli vengono offerti dalla società riconoscimenti materiali e simbolici se in tale modo si comporta, e deprivazioni di varia natura se da tale comportamento gli capita di deviare"

lunedì 22 ottobre 2018

L' ALFABETO EBRAICO

L' ALFABETO EBRAICO _ PAOLO DE BENEDETTI , a cura di Gabriella Caramore
Sto leggendo questo bel libro a cura di Gabriella Caramore nel quale Paolo De Benedetti spiega l'alfabeto ebraico.
Come!, potrebbe obiettare qualcuno, il tuo Paese - Paese Europa, Paese Italia - va a rotoli e tu perdi tempo con l'alfabeto ebraico.
Beh sì, perdo tempo, prendo tempo. Leggo questo libricino con gusto, trovo conferma che la storia non finisce oggi, che tante volte sembrava essere giunta la soluzione definitiva, salvo poi scoprire su quali basi fragili stava questo "definitivo"
Nell'introduzione scritta da Caramore, la curatrice cita De Benedetti e quelle che egli considera le "stelle polari" che definiscono l'essenza dell'Ebraismo:
"La prima, il fatto che vi sia sempre un'altra intepretazione possibile, diversa dalla propria. Questo è un buon antidoto rispetto ad ogni tentazione di pensiero assoluto e ogni pretesa di verità. 
La seconda: aggiungere sempre alla proprie affermazioni un 'se così si può dire'. In questo modo si attenua l'assertività della propria affermazione, facendo spazio a quella di altri, anche a quella non espressa.
La terza: mettere un tempo di sospensione tra la domanda e la risposta. Il che non significa che non si debbano proporre soluzioni ai nostri quesiti, ma che non dobbiamo avere la pretesa di risolvere tutte le difficoltà.
La quarta: secondo un detto rabbinico, occorre insegnare alla propria lingua a dire 'non so', per non essere presi per mentitori. Invece di esprimere sentenze su ogni cosa, ammettere, talvolta, la propria insipienza"
Basterebbe questo per farmi convinto che non sto perdendo tempo.
Poi leggo questa frase (e dico da bulimico accumulatore di biro, matite, penne stilografiche e blocchi, agende, fogli riciclati, quaderni, tutto per la mano-scrittura) "Io credo che la nostra attenzione superficiale alle lettere derivi anche dal fatto che ormai non le scriviamo quasi più. Quando si scrivevano con la penna si creava un legame tra chi scriveva e la lettera stessa, si seguiva un ductus, un certo percorso e non un altro nel vergarla. Oggi battiamo un tasto al computer e la lettera compare tutta in un colpo, mentre quando scrivevamo con la penna le lettere nascevano sotto di essa". Che belle parole. Avevo tentato un tempo di scrivere il blog fotocopiando pagine manoscritte, ma i pochi amici che leggevano si sono lamentati della mia incomprensibile scrittura e mi sono arreso. Ma la mano-scrittura, quanto è bella!

lunedì 15 ottobre 2018

LA PAROLA E' MINUTA...EPPURE COMPIE MIRACOLI. EVVIVA I LIBRI CHE DI PAROLE NE CONTENGONO PARECCHIE

"LA PAROLA E' MINUTA...EPPURE COMPIE MIRACOLI".  EVVIVA I LIBRI CHE DI PAROLE NE CONTENGONO PARECCHIE

Ho già forse scritto che poter leggere il "breviario" di Gianfranco Ravasi il lunedì ("rubando" l'inserto dal Sole 24 Ore) è uno dei motivi per cui volentieri  si buttano già le gambe dal letto e si prende l'autobus per andare al lavoro.
Oggi la citazione è questa (e su questa mi fermo)
"La parola è minuta e invisibile, eppure compie miracoli... Può spegnere la paura, eliminare la sofferenza, alimentare la gioia, accresce la compassione". Ci informa il Cardinale Ravasi che è il frammento dell'ELOGIO DI ELENA di un autore greco, Gorgia di Leontini ( VI/V secolo a.C.)
(libero subito il tavolo dal fatto che la parola falsa e di odio può far male e può essere letale - è conosciuto.)
Mi ha colpito questa citazione in un periodo nel quale, con altri amici (sempre più numerosi) mi sono buttato nella follia di dar vita ad una associazione culturale che ha tra gli scopi quello di promuovere l'acquisto di libri (magari non online). Avrei apprezzato questo frammento in ogni caso. Ora, all'inizio di un periodo spero lungo nel quale con gli altri promuoveremo il contenitore principe delle parole: il libro, mi diverte e, se fossi fatalista, lo considererei di buon auspicio. Invece lo considero semplicemente vero.

mercoledì 3 ottobre 2018

LE VIE DELLA SETA _ Peter Frankopan

LE VIE DELLA SETA _ Peter Frankopan
Che bel libro questo di Frankopan. Sono 600 pagine che si leggono con interesse e curiosità. Un libro avvincente e appassionante come tutti i libri ben scritti che trattano di storia, di geografia (forse un po' poca le geografia in questo libro) e di politica insieme.
L'idea forte, e credo anche un po' motivo dell'interesse che suscita, è lo spostamento del fuoco della lente con cui Frankopan legge e interpreta la storia del mondo. Certo Frankopan sa motivare la sua scelta e io cosa posso fare se non immergermi nella lettura stupendomi della sua erudizione storica senza purtroppo grandissimi strumenti critici e culturali per capire se la sua scelta è pienamente fondata. Ricordate come abbiamo studiato la storia? Siamo partiti dalla terra benedetta tra il Tigri e l'Eufrate, la mitica Mesopotamia. Poi piano piano ci siamo spostati verso Ovest, prima in Grecia, poi a Roma, poi verso la Spagna, l'Inghilterra colonialista e poi il salto dell'Oceano sempre più a Ovest verso gli Stati Uniti. Russia comunista a parte, ci siamo sempre spostati un po', come se avessimo una lente tra noi e il mappamondo e noi piano piano ruotiamo il mappamondo verso destra.
Bene, Frankopan non si sposta. Rimane con la lente concentrata su quella parte di mondo che sta  un po' più a est, un po' più ad ovest, un po' più a nord della Mesopotamia. Non credo, non ricordo che nel libro sia citata l'Australia, pochissimo il Giappone. Ma anche Roma imperiale è letta attraverso la relazione con gli imperi e le nazioni della parte centrale dell'Asia. Manifesta molto più interesse per Gengis Khan, i Mongoli, i mercanti Sogdiani (giuro, è stata la prima volta che ho sentito parlare dell'esistenza dei Sogdiani - se me lo avessero chiesto senza aver letto il libro avrei pensato a popoli della saga di Star Trek). Ho trovato molto suggestivo e affascinante questo punto di vista. Per certi versi ho ritrovato suggestioni di Ferguson. E mi ha reso ancora più convinto che l'Europa o si rende Stato Unitario, unico e forte, o rischiamo singolarmente di diventare staterelli insignificanti.
Già nella introduzione si poteva comprendere la mission di Frankopan, riletta dopo aver letto il libro si comprende meglio
"La storia della civiltà comunemente e pigramente accettata, scriveva Wolf, è una storia in cui <l'antica Grecia generò Roma, Roma generò l'Europa cristiana, l'Europa cristiana generò il Rinascimento, il Rinascimento l'Illuminismo, l'Illuminismo la democrazia politica e la rivoluzione industriale. L'industria, unita alla democrazia, a sua volta ha prodotto gli Stati Uniti, dando corpo ai diritti alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità> (...) Ma questo resoconto era fallace; c'erano altri modi di guardare alla storia, modi che non implicavano di guardare al passato dal punto di vista dei vincitori della storia recente". Beh, Frankopan ci ha provato. Io l'ho apprezzato e lo consiglio.