lunedì 22 ottobre 2018

L' ALFABETO EBRAICO

L' ALFABETO EBRAICO _ PAOLO DE BENEDETTI , a cura di Gabriella Caramore
Sto leggendo questo bel libro a cura di Gabriella Caramore nel quale Paolo De Benedetti spiega l'alfabeto ebraico.
Come!, potrebbe obiettare qualcuno, il tuo Paese - Paese Europa, Paese Italia - va a rotoli e tu perdi tempo con l'alfabeto ebraico.
Beh sì, perdo tempo, prendo tempo. Leggo questo libricino con gusto, trovo conferma che la storia non finisce oggi, che tante volte sembrava essere giunta la soluzione definitiva, salvo poi scoprire su quali basi fragili stava questo "definitivo"
Nell'introduzione scritta da Caramore, la curatrice cita De Benedetti e quelle che egli considera le "stelle polari" che definiscono l'essenza dell'Ebraismo:
"La prima, il fatto che vi sia sempre un'altra intepretazione possibile, diversa dalla propria. Questo è un buon antidoto rispetto ad ogni tentazione di pensiero assoluto e ogni pretesa di verità. 
La seconda: aggiungere sempre alla proprie affermazioni un 'se così si può dire'. In questo modo si attenua l'assertività della propria affermazione, facendo spazio a quella di altri, anche a quella non espressa.
La terza: mettere un tempo di sospensione tra la domanda e la risposta. Il che non significa che non si debbano proporre soluzioni ai nostri quesiti, ma che non dobbiamo avere la pretesa di risolvere tutte le difficoltà.
La quarta: secondo un detto rabbinico, occorre insegnare alla propria lingua a dire 'non so', per non essere presi per mentitori. Invece di esprimere sentenze su ogni cosa, ammettere, talvolta, la propria insipienza"
Basterebbe questo per farmi convinto che non sto perdendo tempo.
Poi leggo questa frase (e dico da bulimico accumulatore di biro, matite, penne stilografiche e blocchi, agende, fogli riciclati, quaderni, tutto per la mano-scrittura) "Io credo che la nostra attenzione superficiale alle lettere derivi anche dal fatto che ormai non le scriviamo quasi più. Quando si scrivevano con la penna si creava un legame tra chi scriveva e la lettera stessa, si seguiva un ductus, un certo percorso e non un altro nel vergarla. Oggi battiamo un tasto al computer e la lettera compare tutta in un colpo, mentre quando scrivevamo con la penna le lettere nascevano sotto di essa". Che belle parole. Avevo tentato un tempo di scrivere il blog fotocopiando pagine manoscritte, ma i pochi amici che leggevano si sono lamentati della mia incomprensibile scrittura e mi sono arreso. Ma la mano-scrittura, quanto è bella!

Nessun commento:

Posta un commento