giovedì 28 gennaio 2016

PIETRO NENNI: "LO SI INVENTA UN MUSSOLINI". da Intervista con la Storia di Oriana Fallaci

PIETRO NENNI: "LO SI INVENTA UN MUSSOLINI". da Intervista con la Storia di Oriana Fallaci
Ho ripreso tra le mani, con grande piacere, un libro che ho comprato nel 1977: INTERVISTA CON LA STORIA di Oriana Fallaci.
Non sta a me giudicare Oriana Fallaci, al mio sguardo appare come una grande giornalista e una grande donna, nel bene e nel male sempre giganteggia, non lascia indifferente sia in ciò che ritengo giusto tra ciò che ha scritto e detto sia in ciò che ritengo erroneo.
Cuore di questo scritto però non è l'opinione di e su Fallaci, bensì l'intervista che fece a Pietro Nenni. In particolare mi ha colpito una risposta che diede sul tentato golpe di Borghese (l'intervista è del 1971) perchè trovo un fortissimo aggancio alla situazione dell'Italia di oggi.

Fallaci dice che è difficile prendere sul serio uno come Borghese
La risposta di Nenni, a mio avviso, travalica i decenni e si pone come motivo di attenzione e di riflessione a noi italiani (ed europei) del 2016.
"Lei mi ricorda quanti, nella crisi 1920-22, dicevano:<Ma tu prendi troppo sul serio quel Mussolini! Dev'essere perchè sei stato in galera con lui. Ma come vuoi che un tipo simile possa assumere il potere? Manca l'uomo per realizzare una dittatura in Italia!> Cosa significa <manca l'uomo>? Non c'è mica bisogno di un tipo eccezionale per farne il simbolo di una situazione! Basta un esaltato qualsiasi, uno stravagante ritenuto innocuo, un vanitoso in cerca di successo. Mussolini, del resto, cos'era nel 1920 e anche nel 1921 e 22? Aveva preso quattromila voti nelle elezioni del 1919: quattromila voti a Milano, la città che praticamente dominava dal 1913, quand'era divenuto direttore dell'"Avanti!", Era pronto a scappare in Svizzera, credeva più in questa ipotesi che in quella di recarsi a Roma per formare un governo. E invece si recò a Roma. Come io temevo. Perchè sapevo che quando gli  avventurieri, anzi i <condottieri>, agiscono in una società malata, tutto diventa possibile. Sicché è da incoscienti sorridere e dire dov'è-oggi-un-Mussolini, dovè-oggi-un-Hitler. Lo si inventa un Mussolini. Lo si inventa un Hitler. E per inventarlo bastano centro giornali che quotidianamente dicano <è un grand'uomo>, un papa che dichiari <è l'uomo della provvidenza>, magari un Churchill che affermi <è il primo dietro il quale sento una volontà italiana>. Come accadde per Mussolini....

martedì 26 gennaio 2016

IL DIBATTITO "A PONTE". EUROPA.. AMARILDO ARZUFFI E SERGIO FABBRINI. DUE OPINIONI

IL DIBATTITO "A PONTE". EUROPA.. AMARILDO ARZUFFI E SERGIO FABBRINI. DUE OPINIONI

"L'Europa è unita nella diversità, non già uniformità senza diversità" scrive sul sole 24 ore Sergio Fabbrini in questo articolo "QUEL DEFICIT UE DI DEMOCRAZIA" (10 gennaio)
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-01-10/europa-deficit-democrazia-081407.shtml?uuid=AC900I7B

Ieri su FB Amarildo Arzuffi scriveva questo post allarmato e preoccupato, sul quale mi trovo pienamente d'accordo:

Mi spaventa chi pensa che l'Unione Europea si possa fare e disfare senza pagare pegno. Per farla ci son volute due guerre mondiali e la drammatica crisi del blocco dell'Est. La consapevolezza della necessità' storica di costruire l'Europa e' quindi costata un prezzo incredibile. Lo si è' fatto per provare a risolvere i problemi senza più ricorrere alla guerra che in questo continente era di casa. Davvero si crede che si possa tornare indietro, alla vecchia Europa dei piccoli stati nazionali, senza pagare pegno?

Mi sembra utile (al senso del mio post), anche se merita una riflessione sulle possibili conseguenze, questo stralcio dell'articolo di Fabbrini - palesemente è un passo indietro, ma di fronte al nanismo politico di gran parte dei leader attuali (sicuramente non statisti, nella maggioranza dei casi, ma anche sulla definizione di politici - inteso come professionisti dell'arte della politica e non semplici capibranco - avrei delle riserve), forse è il  caso di tenerla in considerazione
Fabbrini:
" Tre punti mi sembrano essenziali. Primo. La Ue in quanto progetto unitario non è più proponibile. Al suo interno ci sono prospettive radicalmente diverse sulle finalità del progetto di integrazione. Occorre riconoscere che vi sono paesi che vogliono partecipare ad un mercato comune, ma non ad una moneta comune. Per questo motivo il mercato comune dei 28 e l’Eurozona dei 19 dovrebbero darsi forme distinte di organizzazione istituzionale. Secondo. Se al mercato comune basta un sistema regolativo per funzionare, la moneta comune abbisogna invece di un sistema democratico per essere gestita. L’Eurozona deve essere costituzionalizzata diventando la base di un’unione politica in cui vengono condivise basilari politiche comuni, lasciando le altre politiche al controllo delle democrazie nazionali. Terzo. Una volta distinti istituzionalmente il mercato comune e l’unione politica, occorre avviare un negoziato per risolvere i problemi relativi alla presenza della seconda all’interno del primo.La possibilità di un'uscita unilaterale dall'UE, come potrebbe avvenire con il referendum britannico, è un esempio della miopia collettiva delle leadership europee. Il mercato comune è una conquista irrinunciabile dell’Europa. Deve essere preservato (e magari anche allargato) consentendo allo stesso tempo la formazione di un’unione politica più ristretta, ma anche più coesa, basata su una democrazia composita, sovranazionale e nazionale insieme. In quest’unione sarà allora legittimo che, con riguardo alle politiche comuni, governanti europei possano prendere decisioni che vincolino la sovranità nazionale perché scelti, contrariamente a Dijsselbloem, dagli elettori dell’unione e non solo dai loro governi. Sergio Fabbrini - Il Sole 24 Ore - leggi suhttp://24o.it/ozXeKR"

lunedì 25 gennaio 2016

IL DIBATTITO "A PONTE". UNA OPINIONE: GIANANDREA GAIANI (ANALISIDIFESA.IT) SULLA LIBIA

IL DIBATTITO "A PONTE". UNA OPINIONE: GIANANDREA GAIANI (ANALISIDIFESA.IT) SULLA LIBIA
Traggo dall'analisi scritta da Gianandrea Gaiani sul Sole24ore di Mercoledì 13 gennaio
Non lo trascrivo perché concordo, ma perché mi sembra un intervento ragionato che può essere utile per mettere in discussione o al contrario trovare sostegno nelle proprie opinioni e quindi per favorire un dibattito "a ponte" e non " a muro".
"... Ma è difficile credere che Roma possa ottenere il comando di un'operazione internazionale senza "sporcarsi le mani" nella guerra all'ISIS. L'opzione più gettonata è che Roma si limiti a fornire istruttori per addestrare le reclute libiche e qualche unità militare per presidiare le sedi istituzionali del nuovo governo, quando e se riuscirà ad insediarsi a Tripoli. Il rischio è quindi che si ripeta quanto accaduto nella guerra del 2011 un cui anglo -americani e francesi condussero la "loro guerra" perseguendo interessi  nazionali decisamente ostili a quelli italiani. L'Italia potrebbe anche ottenere la guida di una missione addestrativa ( che potrebbe addirittura tenersi in Tunisia dove i tedeschi sono pronti a schierare 150 istruttori) e di sicurezza nel centro di Tripoli ma si tratterebbe di operazioni marginali rispetto al quello contro l'ISIS. Lasciare la guerra ai Jihadisti in esclusiva ai "nostri alleati", che in Libia hanno già dimostrato di non avere molto rispetto per gli interessi italiani, potrebbe rivelarsi un autogol perché una volta sconfitto l'ISIS sarà più difficile per Roma sedersi al tavolo dei vincitori dove si parlerà soprattutto dei affari"

domenica 17 gennaio 2016

IL MALE

Claudio Magris. NON LUOGO A PROCEDERE

"Il male è una catena di mani che si stringono educatamente; basta afferrare l'ultima, pura di ogni traccia di sangue, come basta dare il calzino al cane addestrato, per arrivare alla prima, che quel sangue ce l'ha ancora sotto le unghie".

"sì, ho ucciso tuo padre, ma tu, grazie a Dio, hai ucciso mio padre e anche mia madre ed è una bella soddisfazione che gli scheletri nel tuo armadio siano più numerosi di quelle nel mio"

"Mani si stringono, il sangue rappreso sotto le unghie è sparito da tempo; la Storia, anche breve, è una buona manicure"

domenica 10 gennaio 2016

Non concordo, Melloni, la blasfemia E' un diritto, per questi motivi

Non concordo, Melloni, la blasfemia E' un diritto, per questi motivi
Su "La Lettura" di oggi Alberto Melloni scrive un breve pezzo, una Tesi, per dire che la blasfemia NON E' un diritto.
Scrive:
" La filosofia che fonda la società pluralista chiede che le fedi religiose accettino l'irrisione più disgustosa, come se al pluralismo fosse indispensabile una remissività illimitata dei credenti. Il diritto invece sa che il principio di laicità nella sua radice richiede alle componenti forti di non usare mai la propria forza per irridere il debole o la minoranza o l'inerme. E la teologia chiede che il nome di Dio sia protetto da quella blasfemia suprema che consiste nell'usarlo per eccitare la violenza"

Mi spiace non concordo con questo ragionamento perché penso che nella realtà vera, nella vita vissuta, nella concreta conformazione delle nostre società, anche quelle pluraliste "occidentali", la ricostruzione di Melloni sia falsa e mistificante.

Nella realtà vera le religioni, e i credenti a diverso titolo e forma inseriti nel sistema di governo e di potere (politico, economico, mediatico e culturale/educativo) non sono remissivi, bensì sono forti e dominanti. Non sono minoranza debole e inerme, sono dominanti ( anche se spesso per conformismo, ma lo sono); forse ancora oggi sono gli atei e coloro che non si riconducono a nessun credo religioso ad essere irrisi e ancora costretti a una diuturna fatica per rendere la laicità un modo comune di rapportarsi tra i cittadini.

Se  da un lato credo che la blasfemia possa essere un estremo grido di ribellione al conformismo religioso, pure concordo parzialmente con Melloni  ma solo nel fatto che l'abuso, come l'abuso di tutti i diritti, e il farla diventare "moda" ne mortifica lo spirito ribellistico e la rende materiale di consumo mediatico. I diritti più difficili sono merce rara da trattare con attenzione e usare con parsimonia.

venerdì 8 gennaio 2016

GIANRICO CAROFIGLIO. "CON PAROLE PRECISE"

Un breve stralcio dal libro di Gianrico Carofiglio: "Con Parole Precise".
"La parola confusa è un ostacolo per la libera circolazione delle idee. Il pericolo, molto concreto oggi, è che la (pseudo) discussione pubblica costruisca un simulacro di democrazia, in cui ciascuno possa IMPUNEMENTE CONTRADDIRSI E AFFERMARE IL FALSO. Quando le parole divengono vaghe, quando smarriscono il legame con i propri significati, viene meno la possibilità di controllare chi comanda. La democrazia lascia così il posto alla demagogia, con il pericolo di derive plebiscitarie, per le quali ai cittadini non spetta altro che ascoltare le discutibili performance televisive dei politici- attori, pronunciare sì o no ai referendum, scegliere se votare o meno alle varie tornate elettorali.
(...)

E il parlare impreciso è una malattia del nostro tempo. Se l'uso fraudolento della lingua è una pratica antica, oggi potenziata dai mezzi di comunicazione di massa, negli ultimi anni si è soprattutto registrata una progressiva perdita di aderenza delle parole ai concetti e alle cose. Consumate con usi impropri, eccessivi o anche solo inconsapevoli, le nostre parole vanno perdendo significato e contatto con la realtà che, dunque, divengono incapaci di modificare. (...) Ciascuno di noi dovrebbe prestare una cura disciplinata della parola, non solo nell'esercizio attivo della lingua- quando parliamo, quando scriviamo-  ma ancor più in quello (apparentemente) passivo: quando ascoltiamo, quando leggiamo. Anche perché solo parole che rispettano i concetti, le cose, i fatti possono rispettare la verità.
(...)
Dovere dei cittadini è di vigilare che ogni affermazione del dibatto pubblico sia verificabile. Concepita con parole munite di senso, che corrispondono alle cose e alle idee.
Con parole precise.