lunedì 13 aprile 2020

IL GIUDICE E IL SUO BOIA _ Friedrich Duerrenmatt

IL GIUDICE E IL SUO BOIA _ Friedrich Duerrenmatt

Ho scelto un libro di questo scrittore svizzero su suggerimento di Miriam,una giovane e nuova amica che ho conosciuto negli incontri (on line) che si svolgono il lunedì sera a cura della Associazione Amici del Gabbiano nel corso dei quali si parla di libri e letture ( chi fosse interessato può scrivere a amicidelgabbianotrezzo@gmail.com per chiedere istruzioni su come partecipare)
Probabilmente non è il primo libro che leggo di Duerrenmatt (ricordo pure un film piuttosto angosciante di S. Penn con Nicholson tratta dal libro LA PROMESSA dello stesso autore _ per questo motivo ho scelto un altro titolo). Casualmente IL GIUDICE E IL SUO BOIA sembra essere cronologicamente il primo romanzo
Curiosamente ho scoperto anche uno sceneggiato RAI su RAIPLAY con Paolo Stoppa tratto da questo romanzo (mi sembra- ho visto solo i primi minuti- riadattato negli anni 60 mentre il romanzo è ambientato nel 1948).
E' un romanzo, parere molto superficiale il mio, scarno che invoglia a una lettura veloce quasi con lo scopo di tendere una trappola al lettore che alla fine riconosce gli indizi che gli venivano dati ma che, salvo uno piuttosto indicativo e palesemente esposto, solo alla fine vengono riassunti e svelati.
Mi è sembrato un romanzo cupo e nichilistico, rappresentato dal protagonista Barlach verso il quale si prova simpatia ( si fa il tifo) ma che rovescia completamente il senso di una giustizia ordinata e coerente con il contratto sociale. Un romanzo nel quale i personaggi principali violano le norme civili che regolano uno stato di diritto, anche se in alcuni casi apparentemente costretti dalla impossibilità di ottenere il risultato della giustizia se non forzando la mano allo stesso concetto di giustizia.
La spiegazione è un po' confusa, ma se non si conosce il libro a mio avviso è opportuno che non si sappia di più per non togliersi il gusto della lettura (evitare la pagina wikipedia prima di aver letto il libro)

venerdì 10 aprile 2020

IL COLIBRI' _ SANDRO VERONESI

IL COLIBRI' _ SANDRO VERONESI


Ho letto questo libro, IL COLIBRI', di Sandro Veronesi e l'unica cosa che mi sentirei di dire è: lo si legga, ne vale la pena, si rimane soddisfatti alla fine.
Intanto perché mi sembra ben fatto, ben scritto, ben costruito. Perbacco, ben scritto mi sembra anche un po' riduttivo. Come scrive bene!
Diventa difficile dire altro, perché? Perché mi sembrerebbe di fare quello che nel linguaggio giovanile è definito come “spoilerare”, ovvero dire chi è “il colpevole”.
Mi sembra che il libro sia architettato come un imbuto, Le vicende nel corso di circa 40 anni sono versate in questo imbuto e come in un composto scivolano lentamente verso il collo dove tutte (ovviamente inconsapevolmente, forse meno necessariamente – e questo aspetto di “provvidenza” mi convince meno) giungono ad avere quasi l'esito al quale hanno contribuito.
In effetti è un po' come un puzzle. Il tassello finale, che dà il senso a tutto perché sensa di esso il puzzle non appare avere significato, non è l'ultimo capitolo, ma siamo vicini. A mio avviso è il capitolo L'UOMO NUOVO. Mi sembra un “manifesto” del pensiero di Veronesi, o perlomeno il senso profondo di questo libro (si concede anche una appassionata invettiva civile). E non mi sembra bello anticiparlo. Io ci sono arrivato con una seconda lettura (del solo capitolo, perché avevo colto questa notte che era il punto cruciale, ma l'ansia di finire il libro me lo aveva fatto leggere velocemente, e quindi questa mattina appena sveglio l'ho riletto). E vale la pena “arrivarci”, non essere anticipati.
Mi sembra libro che meriti una discussione collettiva (come stiamo facendo nel gruppo di lettura della associazione Amici del Gabbiano), perché io non amo i romanzi, faccio fatica a cogliere i messaggi, e quindi ho colto l'ombra di un pensiero, e chissà quanto altro mi sfugge. Però, però lo si legga. E' meglio averlo letto e poco compreso che non averlo letto.
Che cavolo di recensione è questa sopra, con l'escamotage di non rivelare “il colpevole”; di non fare “spoiler” si cerca di nascondere il “non aver capito nulla”? Può essere, e il mio invito a leggerlo è per poter avere, magari, spiegazioni e commenti illuminati di ritorno.

sabato 4 aprile 2020

UTOPIA _ TOMMASO MORO

UTOPIA _ TOMMASO MORO
Uno dei libri conosciuti per fama ma mai letto. Messo in un angolo della memoria. Questo tempo di attesa ha consentito di recuperarlo. L'ho riscoperto perché per diletto sto leggendo un manuale di Filosofia delle scuole superiori dei miei figli. Grazie a MLOL l'ho potuto scaricare e l'ho letto con gusto. Sì perché è un libro, un pamphlet, agile, breve e gustoso. Ora, non si pretenda una analisi che non è nelle mie corde. Io l'ho letto da profano. Non ho potuto esimermi da notare, con sommo divertimento, l'afflato comunista (decisamente contrario alla proprietà privata), assolutamente rigoroso e convinto, dell'utopia Moriana. Per descrizione di usi e di costumi ho immaginato un mix tra Sparta, Cina maoista e Nord Corea. Con uno spruzzo di Stato Etico un po' alla 1984. Ci sono, nei dialoghi preparatori tra Moro e Raffaele Itlodeo (il marinaio portoghese che ha visitato Utopia), veraci analisi della situazione sociale e politica, degli usi e costumi, della stratificazione sociale dello stato e proposte (utopicamente) condivisibili di riforma dell'economia, della società, dell'organizzazione dello Stato. Nella seconda parte inizia una lunga, dettagliata e raramente noiosa descrizione della società, degli usi e costumi, della politica, della religione e dell'economia di Utopia con frequenti chiari riferimenti, per contrapposizione, sarcastici, ironici e pungenti alla realtà dei Luoghi Veri dove viveva Moro.
Questo è un esempio sulle leggi (non troviamo una strana curiosa assonanza con un testo scritto all'inizio del '500?)
"Hanno poche leggi perché uno Stato così istituito ne richiede pochissime, anzi, una cosa che rimproverano alle altre nazioni è proprio d'avere innumerevoli volumi pieni di leggi che si dimostrano comunque insufficienti. Infatti giudicano ingiusto che le leggi siano così numerose da non poter essere lette da tutti, o così oscure da non venir comprese da ciascuno."
Tra le numerose annotazioni, utopie o critiche, due ne voglio ancora citare, una perché risponde a una mia sensibilità:
"Infatti considerano la caccia come il compito più umile e vile fra quelli affidati al macellaio. Le sue attività, come l'uccidere animali per necessità, sono considerate molto più oneste e utili; invece il cacciatore si compiace di massacrare bestie inermi e innocenti". Io sono carnivoro e quindi credo che gli allevamenti per la nutrizione umana siano necessari, ma assolutamente contrario alla caccia come sport o passatempo. Quindi non può che farmi piacere questa presa di posizione.
La seconda una sollecitazione a una discussione oggi attuale: Moro si esprime chiaramente a favore della Eutanasia.
La sensazione che ho avuto alla fine della lettura è che l'Utopia di fondo, quella vera, quella "che non esiste" è la Libertà. Utopia (intesa come società, come Repubblica) non è una Repubblica libera. L'eguaglianza e il benessere diffuso si ottiene, secondo Moro, sacrificando la libertà. Ma non c'è libertà (vera, sostanziale, realizzata) nella società gerarchica, sperequata, religiosamente conformista, ingiusta nella quale Moro (e noi oggi, anche se magari dal lato soleggiato della via) viveva.