lunedì 26 ottobre 2015

UNA SCUOLA DI COMPETENZE BEN OLTRE IL PC

UNA SCUOLA DI COMPETENZE BEN OLTRE IL PC
Su Nova del 20 settembre le pagine interne dedicate al rapporto tra educazione e utilizzo del PC nella scuola.
Credo che l'approfondimento prenda spunto da un rapporto Osce che mette in rapporto l'utilizzo della tecnologia con il rendimento scolastico.
Uno degli articoli che compongono la pagina è quello scritto da Pierangelo Soldavini dal titolo: "Una scuola di competenze ben oltre il PC".
Questo è il link per leggere tutto l'articolo

http://nova.ilsole24ore.com/frontiere/sui-banchi-dalla-conoscenza-alle-competenze/

Posto di seguito alcuni estratti che probabilmente non rendono giustizia al ragionamento complessivo ma che spero, oltre ad invogliare a leggere l'articolo completo, non risultino completamente astrusi e sconnessi logicamente.

(...) Il giudizio dell’Ocse è chiaro: le esperienze finora non indicano che l’introduzione della tecnologia in classe porti a un miglioramento delle performance scolastiche dei ragazzi. Al contrario, le verifiche sul campo dimostrano che oltre una certa soglia di utilizzo del computer il rendimento inizia a calare. È il de profundis per il sogno che il digitale possa trasformare la scuola? Nient’affatto! Evidentemente non è stato ancora costruito un modello pedagogico che sappia sfruttare il potenziale della tecnologia. «I sistemi educativi devono ancora individuare modalità efficaci per integrare la tecnologia nell’insegnamento e nell’apprendimento in modo da fornire ai ragazzi quelle competenze necessarie per affrontare il mondo del XXI secolo», afferma Andreas Schleicher, direttore education and skills dell’Ocse.

(...). Ma il rapporto Ocse va oltre: non basta la competenza, bisogna imparare a delineare soluzioni digitali, sulla base della capacità di ragionamento e di problem solving. La tecnologia funziona quindi da supporto a didattiche innovative che pongono al centro gli studenti come protagonisti. Ne è convinto Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Iit di Genova: «Sarà vincente chi sa connettere le proprie conoscenze applicandole ai problemi concreti: il sistema scolastico deve passare da un approccio enciclopedico, com’è ancora in buona parte oggi, a programmi focalizzati sul problem solving». 

È il passaggio dalla conoscenza alla competenza, da un sapere approfondito, ma prevalentemente mnemonico e diviso tra singole discipline a un apprendimento costruito in maniera personalizzata lungo assi multidisciplinari, focalizzati sull’imparare a imparare, anche dagli errori, ad affrontare i problemi mettendo in connessione i propri saperi, a lavorare in maniera collaborativa.

 (...) Senza dimenticare un «forte sostegno per i docenti», perché, come riconosce anche l’Ocse, sono loro gli attori chiave del cambiamento, in grado di «avere la visione, e le capacità, per mettere in connessione studenti, computer e processo di apprendimento». «È indispensabile che i docenti diventino agenti attivi del cambiamento, nel progettare un approccio innovativo di carattere olistico, non solo digitale», afferma Marc Durando, direttore esecutivo di European Schoolnet, (...)


domenica 25 ottobre 2015

INGENUITA' ILLUMINISTICHE

Paolo Franchi sul Corriere del 22 ottobre scrive " Ma soprattutto nessuno, ricco o povero, progressista o conservatore, pensa che pagare le tasse sia bellissimo, come con l'ingenuità dell'illuminista sosteneva Tommaso Padoa Schioppa. La stragrande maggioranza dei cittadini di ogni ceto sociale è convinta, a torto o a ragione, che sarebbe bene, se non proprio non pagarne affatto, pagarne molto meno. E se la stragrande maggioranza dei cittadini la vede così, non c'è che darle, in tutto o almeno nella misura del possibile, ragione". (a proposito: Franchi scriveva degli opposti populismi che immagina si affronteranno nelle prossime elezioni). Io sarà un ingenuo illuminista, ma mi sento di stare con Padoa Schioppa. Immagino che le tasse, la burocrazia e le leggi siano materia costitutiva di uno stato di diritto, e penso che pagare le giuste tasse (che mi offrono il giusto welfare), utilizzare per ottenere quanto mi spetta e dare quando devo allo Stato la burocrazia e non le "amicizie" o "i favori", e rispettare le eque leggi (e da esse, rispettate e fatte rispettare con la necessaria severità) mi rende cittadino a pieno titolo e mi tutela dai pericoli e dalle minacce che da solo non saprei respingere.