venerdì 25 dicembre 2020

Monica Pais _ ANIMALI COME NOI

 Monica Pais _ ANIMALI COME NOI

Per caso mi sono imbattuto in Monica Pais ascoltando in auto una trasmissione di Radio Popolare: Considera l'Armadillo (https://www.facebook.com/consideralarmadillo). 

Mi ha incuriosito perché parlava di pollaio e di galline che sono il mio ultimo desiderio (quello di avere un pollaio con le galline di tutte le razze). Incuriosito ho ascoltato la trasmissione e velocemente ho mandato un vocale alla mia famiglia dicendo: "questa sera ricordatemi Monica Pais!" conscio che se non lo avessi fatto, tempo mezzora e avrei dimenticato il nome.

Ricordato il nome con questo stratagemma, ho cercato il libro - il titolo è La felicità nel pollaio -  in biblioteca, ma non l'ho trovato, in compenso ho potuto prenotare credo il primo libro Animali come noi che ho letto con molto piacere.

E' una lettura piacevole che racconta con sguardo ironico la predestinazione che secondo Monica ha guidato la sua scelta di vita, sotto l'occhio severo ma rassegnato di una madre forte e importante e l'aiuto non esplicitato di un padre che ama gli animali come lei.

Nelle vicende, una serie di brevi racconti che narrano lo sviluppo dello studio veterinario e poi della clinica (https://www.facebook.com/clinica.duemari),  narrate conosciamo una serie di animali, tutti dotati di un nome proprio spesso spiritoso, curati e spesso, ma non sempre, salvati. Quasi sempre le ferite sono frutto di un rapporto difficile con l'uomo, a volte per una specie di occupazione contemporanea degli spazi, a volte per inutile crudeltà umana. 

Sono curioso di leggere gli altri libri, in particolare il libro La felicità nel pollaio.





giovedì 24 dicembre 2020

IGORT _ Quaderni Giapponesi

IGORT _ Quaderni Giapponesi
Non sono un grande lettore, benché attirato e affascinato, di quelle che ora si chiamano "graphic novel". Certo ci sono dei classici, oserei dire dei capolavori, tra i quali citerei innanzitutto Maus di Spiegelman, Joe Sacco con i suoi diversi reportage, e mi arrovello per ricordare il terzo (un volume su una bambina venduta schiava e poi prigioniera in un harem che intreccia la sua storia con quella del bambino di una schiava nera che lo aveva affidato a lei per salvarlo), ma in genere preferisco le strisce (adoro Hobbes & Calvin).

Mi sono avvicinato quindi ad Igort perché ho trovato la citazione in un altro libro sul Giappone che sto leggendo in questo periodo (sono in pieno "effetto nostalgia" per quello straordinario Paese), timoroso di trovare disegni incomprensibili e dialoghi surreali. Ho trovato invece due libri bellissimi, scritti in modo chiaro e disegnati stupendamente. 

Non mi dilungo, per la felicità dei cinque lettori, nel recensire ciò che va oltre le mia capacità. Semplicemente, nel consigliarli (soprattutto a chi pensa di non apprezzare questo genere di letteratura, sono pronto a scommettere che si ricrederà nel particolare) faccio la considerazione che nel mio limitato girovagare per il mondo, raramente ho constatato quanto poco utile sia la sola Lonely Planet ( o sorelle) per organizzare la visita di un Paese quanto per il Giappone. Ripensando, alla luce delle ultime letture (penso a Laura Imai Messina piuttosto che questi di Igort), ai due brevi viaggi che abbiamo fatto, trovo che sono forse il Paese nel quale più abbiamo scivolato sul ghiaccio senza grattare (anche in Cina però...). Le letture precedenti erano libri SUL Giappone, questi che ora leggo sono NEL Giappone, e lasciano il senso di aver perso una occasione. Avrei voluto conoscerli prima dei viaggi. Può darsi che sia stata la scelta artistica di Igort ad aiutarlo ad entrare un po' NEL Giappone (con piccoli malintesi raccontati con divertente ironia). Sono guide importanti per preparare, quando potremo, un viaggio in Giappone, necessario per rimediare alla mezza occasione persa nei precedenti.

Oltre alle copertine pubblico due pagine del libro "il vagabondo del manga" perché rappresentano Okunoin, il cimitero nella città di Koya nella penisola del Kii. Antonella ed io ci siamo stati ed è stato emozionante rivedere le immagini (bellissimi e perfettamente evocative) di quel luogo particolare.


giovedì 10 dicembre 2020

Laura Imai Messina _ TOKYO TUTTO L'ANNO

 Laura Imai Messina _ Tokyo tutto l’anno


Già dai primi capitoli una prima reazione. “Antonella, dobbiamo tornare a Tokyo!”. Proseguendo la reazione si raffina: “Antonella, dobbiamo tornare a Tokyo e rimanerci a vivere per almeno un anno!”, per poter seguire il racconto dei mesi, come una “canzone dei dodici mesi” di Gucciniana memoria – i miei lettori più vecchi capiranno – declinata nelle tradizioni e nei riti giapponesi, narrato con delicata partecipazione da Laura Imai Messina.

Alla fine del libro una dolorosa nostalgia. E’ vero che un turista scivola sul ghiaccio, grattando poco o nulla della realtà del posto che visita, ma mai questa sensazione è stata tanto forte, suscitata dall'infinità di informazioni e suggestioni contenute nel libro,  come nel ricordo della Tokyo vista ormai ahimè troppi anni or sono. Non è razionalmente comparabile una visita di tre o quattro giorni con una esperienza di vita distillata in un bellissimo racconto dei dodici mesi, e noi in fondo abbiamo cercato di viverla il più possibile oltre le principali mete turistiche – e in ogni caso, a scusante, non è facile precipitare in una realtà come il Giappone soprattutto la prima volta, infatti nel secondo viaggio eravamo già mano spaesati. Ma se avessimo conosciuto questo libro prima del nostro viaggio avremmo saputo grattare molto più ghiaccio. Potendo e riuscendo, non perderemo l’occasione di stendere la cartina di Tokyo annotando quanto il racconto che si dipana geograficamente e temporalmente (e culturalmente, che è poi la ricchezza fondante del libro) ci offre e poi immergerci nella grande e multiforme città.

Laura Imai Messina vive la città e ce lo racconta con stile fresco e competenza invidiabile in questo racconto che è una sorta di educazione sentimentale a Tokyo e alla cultura giapponese, con l’indovinata scelta di rendere protagonista la sua famiglia e utilizzando con simpatia lo sguardo curioso e stupito dei suoi figli, e i ricordi degli anni trascorsi, innamoramento compreso. Questo consente di togliere ogni pesantezza didascalica e rendere il testo piacevole.

Penso che anche la scelta di scrivere i nomi (dei mesi, dei riti, delle località) in giapponese utilizzando sia il Kanji sia (forse) l’Hiragana  (e/o forse Katakana anche se  non mi sembra) oltre a fornire un elemento di fascinazione maggiore, consente di aprire una via verso la rappresentazione della realtà e l’approccio culturale verso di essa.

Curiosamente, ma per chi è stato a Tokyo appare assolutamente ovvio, la identificazione topografica dei luoghi avviene in relazione alle linee della metropolitana, o alla grande linea circolare Yamanote che è la più citata in tutto il libro, e alle fermate.



Credo che Tokyo e il Giappone dovrebbero essere grati a Laura Imai Messina per questo libro, probabilmente i cultori del Giappone e i giapponesi che lo leggono potranno trovare conferme o, chi può dirlo, anche elementi di dissenso. Io non sono in grado, me lo sono gustato (come i ramen che ho mangiato la mattina che abbiamo visitato Tsukiji) senza filtri che non fossero una nostalgia del passato e del futuro ( il passato delle precedenti visite al Giappone dove abbiamo lasciato un pezzo di cuore, del futuro che ambirebbe a poter tornare il prima possibile, una volta tornati liberi, esaurito il programma dei primi viaggi già previsto). Il mio invito per la lettura è per chi non conosce il Giappone e non lo ha ancora visitato. Un primo approccio senza utilizzare una fredda guida turistica o un testo dotto, ma percorrendo idealmente le strade e visitando templi o partecipando ad eventi con una famiglia che non può non risultare simpatica è una possibilità forse rara, sicuramente da cogliere.

E’ molto interessante andare sul sito di Laura Imai Messina e leggere il proposal inviato alla Einaudi dal quale poi sarebbe nato il libro. Questo è il link https://www.lauraimaimessina.com/giapponemonamour/tokyo-tutto-lanno-viaggio-sentimentale-nella-grande-metropoli/   

e questa una breve frase che estraggo e che spiega meglio quanto sopra ho cercato di descrivere:

 “Oppure recarsi in una pasticceria delle tantissime a Jiyūgaoka (chiamato proprio “il quartiere delle pasticcerie) sulla Linea Keiō, il 16 di giugno, che è kashō no hi 嘉祥の日 ovvero il “giorno dei dolci giapponesi”, perché secondo una antica leggenda venivano offerti 16 dolci tradizionali agli dei per buon auspicio.”

sabato 10 ottobre 2020

ARTICO La battaglia per il Grande Nord _ di Marzio G. Mian

ARTICO  La battaglia per il Grande Nord _ di Marzio G. Mian

Il libro ARTICO la battaglia per il Grande Nord è un ottimo punto di partenza per cominciare ad “avvicinare” appunto il Grande Nord alle nostre latitudini di attenzione.

Non possiamo certamente dire che saltuarie eclatanti notizie sullo scioglimento dei ghiacci della calotta polare non giungano assieme alla fotografia di qualche orso bianco ridotto a pelliccia ed ossa.

Forse durano l’attimo di indignazione che sappiamo concedere, sincero ma volatile, per poi sparire in una indeterminatezza politica e geografica che ci accomuna.

I viaggi esplorativi di Mian ci aiutano a fare un po’ di ordine e chiarezza sulle vicende che agitano popoli e nazioni artiche e quasi artiche (estensione del termine al limite del paradosso se pensiamo che l’Italia siede come osservatore nel Consiglio Artico, assieme alla Corea del Sud e alla Cina si definisce, con la sua politica predatoria, una nazione, appunto (!),  quasi artica.

E’ un bel libro questo perché, con uno stile accattivante, affronta diverse problematiche facendo parlare, con i numerosissimi incontri che Mian ha avuto, vuoi nelle saune, vuoi nelle cafeterie, vuoi cucinando lui stesso o partecipando a pranzi domenicali nelle fattorie,  diversissime persone, espressioni di diversi e spesso contrastanti interessi.

Condendo il racconto con descrizioni coinvolgenti o stuzzicandoci con curiosità ( non sapevo che le due isole Grande Diomede e Piccola Diomede, la prima Russa e la seconda Statunitense fossero distanti 5 km. e … 21 ore – nel mare in mezzo tra loro passa la linea del cambiamento di data; oppure mi era sconosciuta l’esistenza di Whittier in Alaska, una città che è formata da un unico condominio) Mian elabora diverse tesi e affronta diverse tematiche. Il cuore del suo ragionamento è che l’Artico diventa centrale nel grande gioco geopolitico per interessi commerciali e di approvvigionamento di risorse minerali e ittiche.

E’ una tesi che può essere considerata controversa perché ci sono altri studiosi che ritengono che la consolidata definizione dei confini, i costi per l’estrazione delle materie prime e le difficoltà climatiche per l’utilizzo delle nuove rotte rendono l’Artico meno centrale nelle relazioni commerciali e nel confronto tra le potenze, perlomeno negli anni più prossimi.

Il dibattito delle idee non scalfisce la suggestione per le valutazioni riportate nel libro corroborate dalle indagini sul posto.

Rimane, oltre alle valutazioni strategiche e geopolitiche su come le nazioni (Russia in primis) si stanno preparando per affrontare la sfida che viene posta dai cambiamenti climatici (che per l’estrema connessione delle correnti marine e atmosferiche ci interessa molto più di quanto ora pensiamo indipendentemente dalle rotte delle navi commerciali), rimane scrivevo l’afflato umano con popolazioni autoctone che spesso sembrano spaesate tra miraggi di arricchimenti repentini (con la vendita di territori e le royalties per le concessioni) e perdita di senso della propria storia e tradizioni (vedi l’incremento di suicidi tra i giovani inuit della Groenlandia)

Troviamo la trasposizione sul territorio, nella vita reale, delle elaborazioni per scenari scritte dall’IPCC nelle Raccomandazioni per Decisori Politici, segno anche questo che formulazioni che sembrano astruse perché scritte con un linguaggio tecnico lontano dal nostro parlare quotidiano sono in realtà rappresentazioni vere e concrete di vicende che toccano la vita delle persone, e quindi il merito di Mian è anche quello di dare un nome se non un volto a queste vicende.

Alla fine, un libro da leggere, sui cui ragionare anche in modo dialogico.


martedì 25 agosto 2020

CALENDARIO CIVILE EUROPEO _ a cura di Angelo Bolaffi e Guido Crainz

 CALENDARIO CIVILE EUROPEO _ a cura di Angelo Bolaffi e Guido Crainz

Leggerlo! Potrebbe già concludersi la mia recensione (correggo, non sono in grado di fare una recensione, diciamo di esporre il mio parere) su questo straordinario libro. 

E' un libro che si gusta dalla prima all'ultima pagina, una serie di saggi su tappe fondamentali del processo europeo che inizia nel 1789 con la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Scelta azzeccata e centrata.

Si compone di una serie di saggi su momenti cruciali soprattutto degli ultimi due secoli, il secolo "breve" e l'inizio di questo secolo (ma oltre al 1789, il secondo momento cruciale viene individuato nel 1889, il Primo Congresso della II Internazionale).

Lo si legge, come ho scritto, senza tregua una prima volta, ma il suggerimento è di leggerlo una seconda volta con maggiore attenzione ad ogni saggio (di autori diversi) e poi una terza approfittando, per approfondire, della abbondante e stuzzicante bibliografia che accompagna ogni saggio.

E' un libro denso, di idee e di valutazioni. Il merito risiede anche nello stimolo dialogico, anche se fosse per confutare o contraddire alcune delle tesi esposte (mi sembra aperto e laico nei contenuti). 

Forse il dibattito contraddittorio su alcune tesi esposte può essere riservato a chi dispone di conoscenze specifiche per studi o per interessi, ma questo aspetto a mio avviso non deve fermare la lettura di persone come me, anzi il beneficio di poter trovare in un libro agile e relativamente breve (sono un po' meno di 500 pagine) un sunto per argomenti e non solo per fatti, della storia mondiale (con una attenzione particolare all'Europa, ma chiaramente l'incidenza dell'Europa sulle vicende geopolitiche è tale che non può essere estrapolato il Continente dal contesto globale), con una profondità di analisi non abituale in un libro "per tutti", diventa un'occasione da non perdere.

So di sembrare banale, ma il "per tutti" è un invito in particolare ai giovani (oserei dire che dovrebbe essere un libro adottato dall'ultimo anno delle Superiori). La lettura di questo libro consente di avere un quadro più chiaro delle vicende che arrivano a modellare il mondo che stiamo vivendo, che è, some sempre, effetto di cause pregresse. Aiuta anche a capire che non viviamo un continuo presente, ma che anzi le scelte di oggi avranno conseguenze sul nostro (e su quello dei giovani - come dice Mario Draghi) futuro.

Non posso che concludere come ho iniziato: leggerlo! Vale la pena.


giovedì 13 agosto 2020

ANDREA MARCOLONGO _ LA MISURA EROICA

 ANDREA MARCOLONGO _ LA MISURA EROICA

Questo è il terzo libro di Andrea Marcolongo che leggo (credo la sua intera produzione al momento). anche questo terzo libro - il secondo in ordine cronologico -  non delude. Non raggiunge le vette che a mio avviso La fonte delle parole riesce a toccare, ma rimane comunque un buon libro e una ottima lettura.

Credo sia dedicato ai ragazzi, liceali e universitari - essendosi allungati i tempi della adolescenza. Marcolongo si presenta in pienezza di ruolo come educatrice ed esploratrice. Intendo con esploratrice colei che si inabissa nel profondo non chiaro, non detto e non svelato dell'animo umano per aiutare, con le parole del mito, a scrostare le paure e tagliare i legacci al fine di consentire alla personalità di ciascuno di emergere con peculiare eroismo.

A volte per compiere questo encomiabile sforzo cade un po' nel moraleggiante rimpianto di un tempo passato contrapposto al contemporaneo sfacelo della condizione umana. E' la parte più debole del libro, debole nel senso e anche nell'interrelazione con il pubblico scelto, che a mio avviso tenderà a respingere questo approccio.

Sarebbe un peccato perché invece è un libro pieno di messaggi stimolanti, ben costruito a partire dall'individuare Giasone e gli Argonauti come ragazzi acerbi in piena formazione e seguirli nel loro diventare uomini formati ed eroici - intendo uomini come genere umano perché mi sembra che Marcolongo cerchi di superare il divisorio sessista di un mito scritto in tempi lontani.

A mio avviso, ma potrei sbagliarmi, viene un po' pregiudicato il capitolo centrale chiamato appunto LA MISURA EROICA da questa lettura negativa del tempo presente (io credo che tutti i tempi presente della vicenda umana consentano una lettura contemporanea negativa). In fondo ai tempi degli antichi Greci si uccideva per un diritto di precedenza ad un incrocio, con le conseguenze che sappiamo.

Mi sentirei di consigliare, anche per un vecchio come me, tutti e tre i libri che ho letto di Marcolongo. 

giovedì 6 agosto 2020

TIM MARSHALL. LE 100 BANDIERE CHE RACCONTANO IL MONDO

TIM MARSHALL. LE 100 BANDIERE CHE RACCONTANO IL MONDO

Se vi dico Wiphala sapete a cosa mi riferisco?  Se lo sapete, bravi. Io fino a ieri non lo sapevo. Se non lo sapete avete due possibilità: 1. Perdere tempo digitando sul vostro smartphone nella casella del motore di ricerca; 2 Guadagnare tempo scegliendo di leggere questo bellissimo libro di Tim Marshall “LE 100 BANDIERE CHE RACCONTANO IL MONDO”.


Io suggerisco di scegliere la seconda strada. Tra l’altro scrivere “scegliere di leggere” è una ripetizione, come ci dice l’amica Andrea Marcolongo. Infatti scrive in “La misura eroica”: “in fondo leggere proprio questo vuol dire, dal latino lego: scegliere”

E allora vale la pensa di scegliere di scegliere, oppure se si preferisce di scegliere di leggere questo libro. Perché non credo sia facile scrivere un libro che suona come un piacevole racconto da parte di un amico spiritoso, leggero ma profondo, competente senza apparire borioso, trattando di bandiere.

Mi rendo conto di essere un po’ predisposto: io colleziono targhe di automobili, quindi sono già coinvolto nel sistema di comunicazione simbolica che gli Stati fanno. Ma le persone, come si insegna anche Harari in modo più dotto ma altrettanto ironico, possono sacrificare la vita sotto una bandiera. La vedo difficile per una targa, fosse anche di SVC o Nord Korea o Tristan de Cunha. Quindi le bandiere hanno una carica simbolica ben differente. Sono stimolato anche dalle notizie sociali, storiche ed etnografiche sugli  Stati e sui popoli che generalmente sono negletti dalle correnti di informazione predominanti.

Ecco quindi che il libro di Marshall soddisfa buona parte delle mie curiosità in questo campo. Però, noto, lo avrebbe potuto fare anche un manuale tecnico che avrebbe elenco e dettagliato le caratteristiche di ciascuna bandiera in modo sistematico. Ma che gusto avrebbe avuto la lettura?

Questo libro è un racconto che si dipana nella storia e nelle vicende degli Stati da cui poi sono nate  le bandiere, colme di significato, di storia, di motivazioni.  Allora si capisce perché in alcuni casi la bandiera assume un significato che trascende (a volte anche stupendoci) la semplice riconoscibilità dello Stato nel contesto internazionale.

Non mancano aneddoti simpatici e notazioni sapide, da buon giornalista britannico quale è Marshall, accompagnate da valutazioni, commenti e riflessioni più serie che ho trovato ben inserite nel racconto (oltre che condivisibili).

Io l’ho letto con progressiva voracità e incremento di piacere, man mano che le pagine scorrevano e l’attenzione si concentrava su Stati meno “all'ordine del giorno”.

Non so dire se può essere considerato un libro “leggero” o un libro “specialistico”. Il tono divulgativo, e lo stile colloquiale – parecchi incisi ci dicono che la documentazione a cui si è rifatto Marshall è molto meno “alla mano” di come poi ci è stata resa dal nostro – lo rendono a mio avviso fruibile e interessante anche per chi non è curioso di mappe, confini, geografia, storia e curiosità connesse. E la leggerezza è tale nella accessibilità alla narrazione, mentre il contenuto è un ottimo spunto per aumentare la propria conoscenza e comprensione delle vicende del mondo. E potrete rispondere con sicurezza se qualcuno vi chiede cosa sia Whipala.


ANDREA MARCOLONGO: LA LINGUA GENIALE 9 RAGIONI PER AMARE IL GRECO

ANDREA MARCOLONGO: LA LINGUA GENIALE 9 RAGIONI PER AMARE IL GRECO

Secondo libro letto di Andrea Marcolongo (probabilmente il primo della serie, quello che le ha dato notorietà).
LA LINGUA GENIALE. 9 RAGIONI PER AMARE IL GRECO.
Ho apprezzato molto questo libro, anche se non lo ritengo "entusiasmante" come ALLA FONTE DELLE PAROLE. Questa percezione può avere un senso: aumentando l'esperienza e raffinando lo stile, Marcolongo riesce a scrivere opere sempre più interessanti e accattivanti.
Per me è un pregio. Diffido sempre di chi scrive il capolavoro nell'opera prima e poi non riesce a crescere o a mantenere il livello raggiunto.
Scrivo da lettore dilettante: può darsi che un critico esperto smentirebbe queste mie affermazioni.
Ho una curiosità che, se avrò la fortuna di conoscere la studiosa cosmopolita, cercherò di soddisfare. Io azzarderei, avendo letto il libro, che Marcolongo avrebbe troncato il titolo a LA LINGUA GENIALE, e che l'aggiunta, quasi da manuale di istruzione, 9 RAGIONI PER... sia stata una scelta editoriale.
Mi sembra che il dorso di copertina sveli già la ipotetica risposta che chissà mai se potrò avere.
Mentre pensavo a qualche riga da scrivere e condividere con gli amici su questo libro, ho deciso di mettere un accento particolare sul capitolo dedicato al DUALE. Mi è sembrato il capitolo (assieme a quello sull'Ottativo) più ispirato, non nella resa che mi sembra sempre di alto livello, quando di partecipazione emotiva. 
Il DUALE e l'OTTATIVO sono caratteristiche peculiari della lingua Greca che, ho l'impressione, abbiano particolarmente colpito e siano decisamente apprezzate dalla nostra autrice.
Mi chiedo se questo libro possa stuzzicare la curiosità e coinvolgere chi dal Greco si è tenuto lontano. O se invece sia espressamente dedicato a chi sul Greco sta sudando o sente una botta di nostalgia ripensando a quando lo studiava (io non l'ho mai studiato molto, ma l'ho sempre apprezzato tantissimo e quindi nel mio caso è stato come un ri-svelarmi e magari spiegarmi con motivazione perché sia stato così contento di averlo potuto studiare).
Azzardo una proposta, indirizzata a chi non è mai entrato in contatto con il Greco antico: legga il libro. Se non avrà altre conseguenze, almeno avrà letto un bel libro scritto con affetto e competenza da chi di quella lingua (e quella straordinaria vicenda storica dalla quale tutti noi europei discendiamo) apprezza e ama con razionale e motivato trasporto.

martedì 28 luglio 2020

ANDREA MARCOLONGO _ ALLA FONTE DELLE PAROLE

ANDREA MARCOLONGO _ ALLA FONTE DELLE PAROLE

Che libro "entusiasmante" questo di Andrea Marcolongo. Da tempo non leggevo un libro con tale "diletto", esperienza sublime per un lettore dilettante quale sono. Mi sono divertito a utilizzare due etimi tra i 99 sui quali con grazia e leggera serietà immagino volare e posarsi la nostra scrittrice.
Sento già lo stridere delle unghie sui vetri, costante sensazione di arrampicarmi dove non sono capace quando mi metto a scrivere di libri che sono ben oltre la mia capacità di comprensione e di analisi. Perché lo faccio, con il rischio, anzi la certezza, di ammantare con gravose banalità libri che dovrei semplicemente commentare con un semplice e sincero "che bello"?
Forse perché stuzzicano un sentimento recondito, come se smuovessero qualcosa che è dentro nel profondo e che non trova, per povertà di linguaggio e idee, la possibilità di emergere.
Grandi sono questi libri, dico grazie a chi li scrive, che pur rivolgendosi all'universale, sa parlare con confidenza a ciascuno di noi.
Voglio citare dal libro alcune brevi frasi ( a fatica estrapolate da un testo che mi affascina dall'inizio alla fine):
"incendiare il reale e non accontentarsi delle sue ceneri, questo significa SENTIRE le parole che ci bruciano dentro. Smettere di essere aneddoti sfocati, e ricominciare a essere uomini e donne messi a fuoco - e a nudo."
"De-costruire una parola per ri-costruirci come esseri umani. Di fatto, sentirci pungere dentro da un significato che avevamo smarrito nelle pieghe della nostra memoria o nei musei di chissà quale passato e scoprirci pienamente vivi, ben saldi nel nostro presente"
"La lingua che parliamo, quella che abbiamo appreso fin dalla nostra infanzia e che da secoli qualcuno ha parlato prima di noi, serve a esprimere noi stessi in quanto esseri umani"
infine
"Gli etimi sono la cassaforte del nostro sguardo sul mondo"
Libri dotti come questo generalmente mi consentono di provare il piacere dell'ignoranza, sentendomi come un vaso riempito di humus e di acqua fresca, ma nel caso presente la sensazione è più complessa. Avendo studiato, in ere geologiche anteriori, latino e greco, qualche parvenza di ombra di rimembranza aleggia tra le mie sinapsi. La sensazione è come, se posso permettermi, ironicamente, il paragone, se mi trovassi nella caverna di Platone, dalla quale vedo le ombre etimologiche delle parole, di alcune solo, per carità, e con Marcolongo tolgo la patina che mi impedisce la piena conoscenza e riesco a vedere le figure complete alla luce.
Ho apprezzato anche lo stile e il tono. La leggera ironia non supponente (a volte in libri di dotti che vogliono apparire alla mano è artefatta ) e la, immagino reale, sincerità con la quale si pone nei confronti del lettore. L'immagine è quella di un dialogo che io situo per esempio su una panchina alla sera guardando il mare, nel quale due amici discorrono dei fatti della vita e una dei due svela il significato delle parole che usiamo per rappresentarci e rappresentare le nostre esperienze, rendendo più vivo e preciso il nostro interrogarci e raccontarci.
Può forse sembrare un panegirico questo commento al libro della signora Marcolongo. In realtà è scritto con la schietta sincerità di chi non dispone di molti strumenti critici di analisi (avrà sicuramente i suoi difetti, lascio a chi ha migliori frecce nella sua faretra la loro puntualizzazione). Io esprimo liberamente la mia "meraviglia", senza, come dice l'autrice citando Catone, cercare la sua fiducia - impossibile non conoscendoci - con chili di lodi.
A mio avviso un ottimo libro da leggere una prima volta tutto d'un fiato, e poi, tenendolo a portata di mano, un etimo al giorno, con maggiore lentezza.



sabato 4 luglio 2020

Massimo Carlotto_ La signora del martedì

Mamma mia che delusione questo "La signora del Martedì" di Massimo Carlotto. Non ricordo se avevo già frequentato questo scrittore (lontanamente ricordo qualcosa ma in modo vago). Non so se avrò voglia di sperimentare altro.
Non credo sia necessario utilizzare troppo tempo per scriverne e per i pochi lettori per leggere considerazioni varie sull'opera. Sinteticamente: non saprei dire se sia stato voluto rendere antipatici, anzi odiosi, i personaggi principali ammantandoli di una iniziale ingannevole simpatia e stimolando una umana partecipazione, per poi svelarne passo a passo il profondo indifferente egoismo. Se tale è il disegno, complimenti: operazione riuscita. Altrimenti.
Rimarrebbe il personaggio dell'attore porno che nelle prime pagine è disegnato con tale tenerezza da diventare amichevole, salvo poi rivelarsi un tale babbeo da risultare fastidioso.
Le sole figure che meritano una attenzione, sono le vittime, trattate però con un tale disinteresse e freddezza dall'autore, da lasciare un po' sconcertati. Perché da ciò si deduce il messaggio etico del libro (probabilmente una visione così amara della vita da parte dell'autore da giustificare l'intera costruzione): non interessarti se per raggiungere il tuo benessere devi schiacciare chi ti passa accanto, mira solo al tuo soddisfacimento e ignora e sii indifferente alla sofferenza che provochi. Attenzione: non è sadismo, che questo si manifesta nel cercare volontariamente la sofferenza altrui da cui trarre godimento. Qui stiamo parlando di ottusa indifferenza, di un paraocchi morale che consente di vedere solo il proprio tornaconto, sì da essere quasi apaticamente indifferenti e incapaci di capire quando chi manifesta la sofferenza che il nostro comportamento provoca cerca di sbattercelo in faccia.
Se l'intento di Carlotto è questo, allora l'opera può essere rivalutata.

domenica 21 giugno 2020

PYONGYANG BLUES di Carla Vitantonio

PYONGYANG BLUES di Carla Vitantonio

Questo libro è un gran bel libro.
E fino a qui è stato facile. Ora dovrei spiegare perché lo è (per me) e mi accorgo di non avere gli strumenti tecnici per saperlo fare. Con molta presunzione mi addentro in questo accidentato percorso.
Non so nulla di Antonio, ma la Carla che ho conosciuto attraverso il libro rende onore alla prima parte del suo cognome. Mi si rappresenta come una giovane donna vitale, coriacea, curiosa, insomma piena di vita. Una persona complessa e interessante. Probabilmente lontana da me astemio, non fumatore neanche di tabacchi leciti, monogamo e incapace di pensare di dormire in una casa della quale non abbia pagato il mutuo (ma forse, come vedremo oltre, il fascino sta anche nella diversità). Ma tutto questo non sarebbe sufficiente se Carla Vitantonio avesse scritto un libro noioso.
Cosa che non è: non ho trovato momenti di stanchezza ne mi sono annoiato pagina dopo pagina leggendo questo bellissimo diario del suo periodo di lavoro e di vita in Corea del Nord. La tensione, sincera e ironica, è stata sempre mantenuta lungo tutta la narrazione. Tirando una linea retta di attenzione e interesse soddisfacente, le pagine si pongono, con una linea sinusoidale, a volte sotto e molto più spesso sopra lungo tutto il libro.
Non so se si possa definire un diario intimo (ma Carla osa molto nello svelarsi), sicuramente appare sincero ( e sono convinto lo sia) e ne traiamo due benefici, del primo ho già detto, il secondo si rivela nel suo raccontarci la Corea del Nord.
No, meglio: nel raccontarci i Coreani del Nord.
Devo fare un inciso e ammettere un atteggiamento non onorevole. Io guardo su you tube e su facebook pagine e video prodotti dalla Corea del Nord e non posso negare di guardare con una atteggiamento che dobbiamo chiamare con il suo nome, di superiorità, tutte quelle persone schierate che battono freneticamente le mani, cercando di apparire più entusiaste del vicino, o piangono apparendo le più addolorate, o marciano simmetriche come automi. E mi dico, che fortuna di essere Europeo. Intendiamoci, mi “segno con i gomiti” per essere Europeo. Ma ciascuna di quelle persone è una persona singola, inimitabile, non riproducibile. Anche se deve fare quei gesti per sopravvivere. Cosa c'è dietro quella maschera che le viene imposta. Questo io leggo, e di questo ringrazio, Carla Vitantonio. Il racconto delle persone. E anche se lei nelle ultime pagine scrive: “Niente, non ho capito niente di questo Paese. Come si amano le persone, come discutono, come si proteggono. Cosa fanno la sera dopo cena. Come fanno gli adolescenti a ribellarsi ai genitori. Cosa sognano le ragazze assopite negli autobus cadenti, con la testa appoggiata al finestrino e le camicette sempre pulite. Dove trovano i soldi per comprare le borsette piene di brillantini e le scarpe dai tacchi vertiginosi. Dove vanno le signore rugose e ingobbite con i sacchi (pieni di cosa?) riciclati dagli aiuti umanitari degli anni 90 – e conclude il paragrafo – Niente, non ho capito niente di questo piccolo mondo che resiste eroicamente contro la storia”
Che stupenda frase, alla quale credo poco (dopo aver letto il libro). Io scrivo su un evitabile blog i miei diari di viaggio. Sono purtroppo diari da turista e non da viaggiatore, ma l'ho pomposamente chiamato “Grattando il ghiaccio per cercare terra fertile” che vuole dire, in modo inutilmente criptico, che vorrei guardare i posti dove viaggio con un occhio più attento del turista che scivola sul ghiaccio nei pochi giorni di permanenza. Ecco credo che Carla, lo dico sapendo di fare involontaria ironia leggendo alcune sue pagine sugli inverni a Pyongyang, abbia abbondantemente grattato il ghiaccio. Perché credo poco alla sua affermazione delle ultime pagine. Devo riprendere una pagina molto anteriore, forse la più bella del libro (a mio avviso): (sta salutando i suoi allievi)” Me li guardo tutti, me le guardo tutte. All'improvviso mi rendo conto di quanto siano diversi, Myong ama Vasco Rossi e andare in palestra, e fa sempre i compiti in fretta. Han grande ha una immaginazione che la porterebbe a scrivere storie di mondi fantastici, se solo sapesse che è possibile (drammatica questa affermazione, mia nota), e ha sempre freddo. Cho è la più elegante di tutte, sempre e comunque, e quando si concentra per cercare i verbi strizza gli occhi. Ri è il più entusiasta e impazzisce per i computer, vince tornei su torne alle gare universitarie. So invece di fare i compiti va in trattoria, e a volte copia. Pang copia sempre, ma ha doti di grande organizzatrice e una voce meravigliosa. Kim è la campionessa di sport dell'università, dipinge, colora e fa tutte le attività del mondo, salvo non portane a termine nemmeno una.” E così via, non voglio togliere tutto il piacere di leggere questa pagina. E poco dopo scrive “ E quello che spero che i vostri sogni diventino i vostri progetti di vita” che detto in Nord Corea non è una frase banale. Se confrontiamo questa pagina con quanto ho scritto all'inizio sul mio approccio, si capisce perché questo libro mi ha conquistato.
Attenzione, Carla Vitantonio non nasconde nulla della realtà, solo che il suo sguardo è più vicino e più a livello del suolo. Vede la Nord Corea dalla altezza dei suoi occhi, e registra (con acutezza e senza sconti) avendo la possibilità non di valutare dallo schermo del proprio computer ma con tutti e cinque i sensi (vibrazione del terreno comprese). Mi sembra che abbia ben chiaro i criteri di valutazione, quindi non fa sconti, però senza pregiudizio. Questo perché come dicevo guarda i cittadini più che il sistema (con cui si scontra, dovendo anche adeguarsi, più volte).
C'è anche, nel suo libro, il fascino di orizzonti molto più ampi del mio, che nel campo lavorativo è orientato sulla tratta Trezzo – Bergamo. La scelta quasi improbabile la porta in una realtà internazionale fatta di relazioni con persone che arrivano da tutti i paesi del mondo. Verso la fine del libro dice di aver fatto un paio di settimane di vacanze in Cambogia, dove a un certo punto decide di fare un giro al sud in moto con un amico. Per me che per organizzare un viaggio devo avere mille certezze, alberghi o b&b prenotati dall'Italia, tutti!, voli acquistati con mesi di anticipo tanto da essere i primi a scegliere i posti, tutto ciò rappresenta (ormai alla mia età) più un rimpianto che una possibilità.
Ci sarebbero tante altre cose da scrivere di questo bel libro. Una piccola nota, un particolare che probabilmente noto io collezionista di targhe che potrebbe sfuggire ai più, quando scrive dell'ultima gita a Hamhung e dice che (rispetto a Pyogyang che sta cambiando) “ Hamhung sono pure le vecchissime Skoda che circolano sulla strada principale, TARGHE A CINQUE CIFRE come a Pyongyang non se ne vedono più da anni”. Il mio cuore da targofilo ha avuto un sobbalzo. Penso che le targhe della Corea del Nord siano vicino a quelle del Vaticano come valore per un collezionista.
Non so se ho colto il senso (o uno dei sensi ) di questo libro. Per me, che vorrei visitare la Corea del Nord ma che la visiterò da turista che scivola sul ghiaccio, questa lettura è stata un'ottima guida per cercare di aprire meglio gli occhi se mai percorrerò le strade di quel Paese.
Da leggere.

giovedì 11 giugno 2020

IL MONDO NUOVO _ ALDOUS HUXLEY

IL MONDO NUOVO _ ALDOUS HUXLEY
Lo ammetto, un po' invidio i "lettori professionali", che hanno (oltre a una preparazione specifica e un allenamento mentale rigoroso) strumenti e tecniche per poter schematizzare in modo razionale e organizzato le diverse riflessioni e sollecitazioni che i libri propongono, a maggior ragione un libro che immagina, sulla base di riflessioni e osservazioni del presente, il futuro (in questo caso distopico) come questo IL MONDO NUOVO.
Perché un lettore semplice come me lo legge in poltrona, oppure passeggiando per il paese, o a letto prima di dormire quando le già tremolanti capacità cognitive sono messe a dura prova dal cuscino. E quindi si affastellano nella mente infiniti spunti distraenti che portano la mente a divagare.
Si legge un paragrafo e si pensa a 1984 e a come la compressione sociale e politica sia ipotizzata non nella distribuzione artificiale del piacere bensì con "lo stivale che calpesta la testa del succube". Oppure l'eugenetica standardizzata e industrializzata ci rimanda ad Harari e alle sue 21 lezioni per il XXI secolo.  La sfiducia nella libertà dell'individuo stimola il ricordo dell'isola di Utopia dei Tommaso Moro. E si crea un brain storming personale che è eccitante e deprimente allo stesso tempo.
Ho ammirato la visione di Huxley. Sono curioso di leggere i saggi che compongono la seconda parte del libro ( Ritorno al mondo nuovo), ma già alla fine di questa prima parte, scritta nel 1931, la sensazione di avere a che fare con un visionario d'ingegno (non conosco sinceramente la produzione di Huxley) è evidente. Si può forse sorridere di alcune ingenuità, ma se, oltre a metterlo in rapporto con altri scritti e altre riflessioni, semplicemente guardiamo attorno a noi la società contemporanea, non possiamo non manifestare alcuni moti di stupore per le sue intuizioni. Probabilmente non bisogna fare l'errore di pensare che il libro sia stato scritto pensando alla società del XXI secolo, e che il momento che stiamo vivendo sia il punto di arrivo della evoluzione. La diversa tecnologia può modificare le modalità nelle quali i rapporti di forza all'interno delle società umane si sviluppano, ma l'avidità e l'ingordigia sono costanti e comuni nella storia umana. In questo libro sembra che il fine ultimo sia il controllo sociale, e nella seconda parte, con il lungo dialogo tra il Governatore e il Selvaggio su questo argomento ci si concentra, ma il cuore del sistema è la creazione di classi di schiavi subalterni (immaginati come geneticamente condizionati ad accettarsi tali). Nel mondo reale non è così,  la ricchezza di pochi è generata dalla violenza e dallo sfruttamento coercitivo su molti ( e ecco un altro motivo di distrazione, la mente corre alla Laudato sì di Francesco e al recente libro NIENTE DI QUESTO MONDO CI RISULTA INDIFFERENTE), probabilmente il condizionamento mentale avviene nei benestanti, quelli a metà tra i ricchi padroni del mondo e la massa di sfruttati, in modo da fonir(ci) una giustificazione morale per lo stato delle cose.
Questo libro ha prodotto alcuni effetti su di me, probabilmente ingenui e poco interessanti: uno è lo stimolo a leggere Shakespeare (che, arrivato in tarda età, devo ammettere di non conoscere. Ma spesso le mie letture sono stimolate da curiosità sorte da altre letture, come per una ragnatela nella quale ogni nodo è collegato ad altri numerosi nodi); un secondo è quello di stimolare una riflessione sui segnali nella nostra odierna società di quanto il piacere della schiavitù possa essere stimolato e indotto (ma soprattutto, visto che nessuno ammetterebbe di essere succube a ciò, quanto inavvertitamente assimilato).
Insomma, potevo probabilmente scriverlo una trentina di righe prima, senza annoiare con tante elucubrazioni, un libro scritto quasi un secolo fa che è moderno e la cui lettura è uno sforzo meritevole di essere consumato.

mercoledì 10 giugno 2020

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation
E' un libro del 1999, 21 anni fa. Lo scopro ora. No, meglio precisare. Lo leggo ora (che esistesse il libro, la Wumingfoundation, il nome collettivo Luther Blisset lo sapevo da tempo. Ma è stato grazie agli incontri del lunedì sera, organizzati dalla Associazione AMICI DEL GABBIANO che ci hanno tenuto compagnia durante la fase dura del lockdown, e soprattutto grazie alla sollecitazione dei giovani amici Silvia e Fabio che finalmente mi sono deciso a leggerlo.
Ho fatto fatica nelle prime pagine (non amo molto i romanzi che ti immergono subito nella storia senza crearti l'ambientazione e presentarti con pedanteria svizzera i personaggi). Ho fatto fatica soprattutto perché tratta di un argomento e di un periodo storico (l'inizio del Luteranesimo e le rivolte contadine) che non è sconosciuto. Sarebbe stato più facile fosse stato sconosciuto (si creano solo le mappe mentali per posizionare i personaggi e gli eventi). Così invece per molte pagine ho letto distratto da quella condizione per cui ciò di cui si tratta è nascosto dietro un velo sottile della memoria, si vedono solo ombre, si riconoscono persone e posti ma avvolti dalla nebbia del rimbambimento senile che tende a cancellare come in dissolvenza sempre più accentuata ciò che si è studiato (quanto pare poco, male e inutilmente). La tentazione era di leggere in contemporanea un manuale di storia, ma poiché sarebbe l'ennesimo libro che si legge contemporaneamente, sono venuto a patti con me stesso e ho accettato di leggere il romanzo nei limiti delle mie conoscenze.
Vorrei introdurre in questa breve riflessione sul libro ciò che si trova sulla pagina della fondazione:
«Ma perché tornare a raccontare quella storia? Perché un romanzo storico su un soggetto tanto anacronistico? Che significato potevano mai avere Thomas Müntzer e la Guerra dei contadini nei “ruggenti anni Novanta”? Il “comunismo” era stato sconfitto, la “democrazia” aveva vinto, la fede nel Libero Mercato era tanto indiscussa che in Francia si era coniata l’espressione “Pensiero unico”. L’ideologia neoliberista era trionfante. Davvero volevamo scrivere un romanzo su degli straccioni proto-comunisti dimenticati da chissà quanto? Certo che sì.»
Certo che sì. E' vero. Guardare la storia da un lato diverso da quello ufficiale, un po' stantio, concentrato su poche figure apicali. Cambiare prospettiva e soprattutto immergersi nel fango di esistenze sopraffatte, di ansie di rivolta schiacciate, di sangue e letame, tradimenti e giochi di potere che sono la vera e reale condizione nella quale si muove la storia dell'umanità (e questa riflessione sarebbe bene traslarla ai nostri tempi, per avere maggiore acutezza di analisi e comprensione dei fatti che viviamo).
Il libro è anche un affresco della società del tempo, ricorda i quadri di Pieter Bruegel (per esempio Proverbi Fiamminghi), è questa ricerca è uno dei pregi del libro. Ha i suoi limiti ovviamente. Li lascerei scoprire al lettore (indico il passaggio tra la prima e la seconda parte, ma qualunque precisazione sarebbe per me un poco cortese spoiler, l'evoluzione della vicenda va gustata).
Mi ricorda, l'epilogo, la banalità e la casualità di accadimenti dirimenti le sorti, come nei libri di McMurtry.
Insomma ci sarebbe molto di cui parlare ancora (sperando di non inanellare inutili banalità o clamorose sciocchezze) ma vorrebbe dire anche svelare la vicenda sempre piuttosto stimolante, e questo impedimento probabilmente è un pregio del libro. Solo un suggerimento finale: vale la pena leggerlo.

lunedì 8 giugno 2020

MAL D'AFRICA _ Angelo Ferrari e Raffaele Masto

MAL D'AFRICA _ Angelo Ferrari e Raffaele Masto

Ho appena terminato questo libro. Forse sarebbe,da parte mia,  più onesto dire che necessita di una seconda lettura prima di poter fare delle considerazioni. O meglio ancora, non fare considerazioni ma limitarsi a farlo sedimentare, e utilizzarlo come cartina di tornasole su cui far reagire tutte le notizie che i media tradizionali ( o i social superficiali) forniscono sull'Africa. E' un esercizio che dovrebbe essere fatto con tutti i libri di Raffaele Masto.
Questo, per quanto ricordo e per quanto ho capito, mi è sembrato, rispetto ad altri, più cupo, con meno prospettive. Tanto che alla fine è stato necessario leggere la postfazione di Trovato per cercare una via d'uscita, un barlume di luce in fondo a un tunnel.
Come se il titolo, che secondo la narrazione Occidentale poteva far intendere il titolo "Mal d'Africa" come quella malia che prende chi conosce l'Africa che obbliga a voler tornare, invece fosse un drammatico gioco di parole dove Male sta proprio a significare Male. Con la M maiuscola.
Per quanto il libro inizi, in ricordo di Raffaele, con un suo scritto che è una lettera di amore per questo continente (ma lo scritto termina con considerazioni molto dure " l'Africa del terzo millennio è un continente che non sa dove andare, abbagliato dal mito dell'Occidente e contemporaneamente delusa, rassegnata, rosa dal cancro della corruzione e dilaniata dalle guerre. Questa paralisi è il risultato della storia, è un effetto ritardato dell'incontro con l'Occidente"), i restanti capitoli sono una lucida analisi della situazione sociale, economica e geopolitica che non fa sconti a nessuno, se non a una società civile giovane, colta, con voglia di vivere e di riuscire che è sempre troppo compressa da interessi contrastanti che fanno, se si può essere sommari, dell'Africa un serbatoio di risorse e non un mercato regolamentato.
Credo di non essere scontato se dico che questo è un libro da leggere, soprattutto per chi non conosce Raffaele Masto, non legge abitualmente gli articoli di Africa Rivista, Nigrizia, o non segue blog dedicati con attenta serietà all'Africa. (chi lo fa, ritroverà brani già letti, e forse potrà notare la necessità di una revisione editoriale - se si può fare una critica sembra che sia stato assemblato con una certa fretta questo libro). Penso che dovrebbe essere motivo di curiosità per chi sull'Africa (che abbia una visione comunque a priori e pregiudiziale nei due versanti: negativa perché razzista e quindi se sono così è perchè sono popolazioni incivili, positiva perché è tutta colpa delle multinazionali e degli Occidentali rapaci -senza considerare quanti Stati a iniziare dalla Cina succhiano linfa dall'Africa-) ragioni per stereotipi o ammetta onestamente di non conoscere la realtà del continente. A tutti noi, ma a loro in particolare suggerisco la lettura.

mercoledì 3 giugno 2020

LA STORIA E' TUTTA UNA SCIOCCHEZZA

LA STORIA E' TUTTA UNA SCIOCCHEZZA
Aldous Huxley: IL MONDO NUOVO

"Voi tutti ricordate, " disse il Governatore, con voce forte e profonda " voi tutti ricordate, suppongo, quel bellissimo e ispirato detto del Nostro Ford: <La storia è tutta una sciocchezza>.
La storia" ripeté lentamente " è tutta una sciocchezza".
Agitò la mano; ed era come se, con un invisibile piumino, avesse spazzato via un po' di polvere, e la polvere era Harappa, era Ur dei Caldei; delle ragnatele, ed esse erano Tebe e Babilonia e Cnosse o Micene. Una spolveratina, un'altra, e dov'era più Odisseo, dov'era Giobbe, dov'erano Giove e Gotamo e Gesù? Una spolveratina... e quelle macchie di antica sporcizia erano tutte scomparse. Una spolveratina... il posto dov'era stata l'Italia eccolo vuoto. Una spolveratina, via le cattedrali; una spolveratina, un'altra, via Re Lear, e i Pensieri di Pascal. Una spolveratina, via la Passione; una spolveratina, via il Requiem; e ancora, via la Sinfonia, via ...

mercoledì 27 maggio 2020

SCONFINATE _ cura di Emanuele Giordana

SCONFINATE _  cura di Emanuele Giordana
Una delle innumerevoli contraddizioni che mi contraddistinguono è quella di essere un internazionalista che auspica un utopico mondo senza Stati e nazioni, nel quale ciascuno dà quello che può e prende quello che gli serve, e dall'altro lato essere affascinato dalle frontiere e dai confini, soprattutto quelli più anomali, sconosciuti, virtuali. Mi affascinano i passaggi doganali minori, le enclave e le exclave (conoscevo Kalinigrad, ma ora ho scoperto Okussi Ambeno), voglio visitare Panmunjon e tornare a Baarle-Nassau.
Forse anche per questo mi è piaciuto (molto) questo libro che ho scaricato da MLOL e che man mano lo leggevo diventava quello che metteva in stand by gli altri che sto leggendo contemporaneamente.
I saggi raccolti per questo libro (per dare il livello dirò che sull'Africa uno degli autori è Raffaele Masto) non sono una semplice elencazione e descrizioni dei confini, magari alla ricerca della stranezza. Non è neppure un libro di viaggio come ha mirabilmente fatto e scritto Erika Fatland. Sono brevi saggi molto pensati, molto ricchi e densi di contenuto sul confine (e sulla differenza tra confine e frontiera). Il confine non è solo un solco in un campo che divide ciò che sta ai due lati, molti sono in confini nella nostra società, nelle nostre società. Orizzontali e verticali. Fortunatamente non è un libro di teoria dei confini. I saggi sono ricchi di informazioni, di storia, di avvenimenti (alcuni conosciuti, magari precisati, altri nuovi, in ogni caso illuminanti sulle conseguenze contemporanee e posteriori al loro accadere).
Non ci si annoia leggendolo, oserei dire che è un libro avvincente, spesso il confine di cui si tratta è stato attraversato fisicamente dall'autore (ancora, per quanto conosco io, Masto parlava sempre di un Africa la cui polvere era depositata sulle sue scarpe). La lezione di geopolitica e storia quindi si intreccia con la spinta a vedere di persona questi confini (nel limite del praticabile oggi). Stimola non solo la curiosità di conoscere le ragioni del mondo un po' di più e meglio di quanto l'informazione nostrana ci concede (uno degli effetti collaterali di letture come queste è quello di risparmiare soldi evitando di comperare giornali che si distinguono per pigrizia e provincialismo e di risparmiare tempo dal vedere informazione televisiva con le stesse caratteristiche - ci sono le eccezioni come Euronews o Internazionale). Stimola anche il Wanderlust, un Wanderlust però curioso, che gratta il ghiaccio, non un semplice accumulare miglia e tacche sulla propria bandoliera del viaggiatore.
Un libro suggerito e consigliato. Potrei sbagliarmi, ma a mio avviso vale la pena di leggerlo

sabato 23 maggio 2020

LA SIMMETRIA DEI DESIDERI _ ESHKOL NEVO

LA SIMMETRIA DEI DESIDERI _ ESHKOL NEVO

Secondo la mia impressione e il mio giudizio di lettore semplice, quando Nevo scrive un bel libro, questo è VERAMENTE un bel libro.
E "La simmetria dei desideri" è un libro che si legge volentieri fino alla fine senza momenti di stanchezza. Ma se cerco di capire perché, e di spiegarlo, mi trovo un po' in difficoltà. Senza voler anticipare, per chi non lo ha letto (ma non è un giallo, non si spoilera nulla), il plot della vicenda, posso dire che è la storia di un tratto di vita di quattro amici che non riescono (forse un po' vorrebbero senza successo) a separarsi anche se le vicende che attraversano potrebbero indurli a farlo. Ma esito a dire se sia un libro sull'amicizia virile. Mi sembrerebbe riduttivo. Ugualmente non posso dire che le quattro figure siano archetipi di tipologie umane. Certo non sono monadi, tratti comuni li esprimono, ma ugualmente mi sembrano personaggi ben dipinti ma particolari. Per un lettore non israeliano la contestualizzazione della vicenda nella vita comune in Israele è sempre affascinante (consapevolmente conosciamo la vita comune degli oppressori - consenzienti o critici- e non degli oppressi. Nel libro c'è un momento molto commovente senza essere patetico e un momento di fortissima denuncia sulla vicenda dell'Occupazione). La presenza della vita militare nelle vicende comuni delle persone per noi Europei è di difficile comprensione.
C'è un filo comune che ho trovano nei libri che ho letto (tra quelli che ricordo, la mia memoria zoppica) di Nevo: la relazione dei protagonisti con il padre (potrei dire con i genitori, le madri sono figure protagoniste e importanti, ma il rapporto con il padre è più drammatico). L'ho trovato in Neuland e lo trovo in questo libro. Forse è anche un rapporto generazionale - in una nazione giovane e con un passato prossimo che pesa come un macigno  - forse due passati: la Shoah e il periodo eroico della fondazione della nazione (fatta scacciando nella Nakba un'altra nazione) e dei Kibbutz.
Ho tralasciato il cuore del libro, la simmetria dei desideri (questo forse è l'elemento del libro che è meglio lasciare scoprire a lettore) e la sua relazione con questa amicizia corale. Ecco, questo aspetto: la presenza di un folto numero di protagonisti (almeno 8) e la capacità di Nevo di dipingerli coerentemente per tutto il libro a me è sembrato uno dei punti di forza del libro. Sono un lettore superficiale e quindi potrei sbagliarmi, ma se mi chiedo se ho trovato delle incongruenze o incoerenze nell'inserirsi dei personaggi nelle dinamiche dei rapporti intrecciati tra loro devo dire di no e questo è uno dei motivi per cui il libro è godibile. E' un libro consigliabile.

sabato 16 maggio 2020

JOHN STEINBECK _ VIAGGIA CON CHARLIE ALLA RICERCA DELL'AMERICA

JOHN STEINBECK _ VIAGGI CON CHARLIE ALLA RICERCA DELL'AMERICA

Che gran libro questo "Viaggi con Charlie" di John Steinbeck. Devo ringraziare gli amici lettori che, in uno degli incontri del lunedì sera su ZOOM organizzati dalla Associazione Amici del Gabbiano, me lo hanno consigliato. Un vero, stupendo LIBRO DI VIAGGIO. Il libro narra il viaggio fatto nel 1960 da Steinbeck a bordo di un camper chiamato Ronzinante (già il nome ispira simpatia) assieme al suo cane francese di nome Charlie.
 Il viaggio è un periplo interno degli USA (compreso un tentativo infruttuoso di una puntata in Canada) in senso antiorario. 
Leggendolo ho pensato molte volte a una contemporanea giovane scrittrice di riferimento Erika Fatland, autrice di due libri di viaggio che mi hanno entusiasmato. Ho trovato un filo rosso tra questo libro di  viaggio di 60 anni fa e i libri di viaggi di Fatland. Per me sono archetipi, mai raggiunti purtroppo, di come devono essere scritti questi tipi di libri.
Ho trovato una attenzione cortese, umile, un rispetto profondo per i luoghi e le persone. Steinbeck, se riesco ad esprimere ciò che penso, non giudica ma partecipa con le sue idee in un dialogo sincero e trasparente con coloro con cui entra in relazione. Sa superare la prima impressione, in un caso ricordo lo esprime chiaramente, e si sforza di leggere dentro le persone con le quali dialoga (dialoghi tra l'altro riportati con un bellissimo stile).
Spesso il luogo o l'accadimento gli ispirano riflessioni che riporta con digressioni mai scontate o banali.
In alcuni vezzi mi ci sono ritrovato, come il piacere di stare a cavallo dello spartiacque naturali, un piede sul versante che portano i fiumi verso il Pacifico e un piede sul versante verso l'Atlantico, oppure il gusto di andare in una cittadina insignificante, mi sembra di ricordare Fargo (non so se il fratelli Cohen c'entrano) perché è proprio sulla piega di metà delle cartine degli USA. Lo svolgersi del racconto è un amalgama perfettamente riuscito di notazioni paesaggistiche, di riflessioni personali, di descrizioni del paesaggio, di dichiarazione di amore per la sua America, di valutazioni critiche e dolorose sulla cura dei luoghi, di ironiche ma tenere note di costume. Due parti mi hanno particolarmente colpito. La parte sulla visita al parco delle Sequoie e la visita New Orleans proprio nel periodo nel quale i bambini neri dovevano essere scortati dagli agenti Federali per poter accedere, tra gli insulti razzisti dei bianchi, alle scuole non segregate. Tutta la parte sulla questione razziale è scritta con partecipazione senza essere edulcorata. Steinbeck si presenta come è, un uomo con le contraddizioni normali negli anni '60.
Mi hanno colpito alcune affermazioni sull'ambiente che lo collegano al dibattito di questi tempi. Per esempio : " La montagna di cose che buttiamo via è molto più grossa delle cose che usiamo (continua citando, l'Italia come patria invece del riuso... e si sorride amaramente nel pensare come ci siamo omogeneizzati alla cultura americana)... Non dico questo per criticare un sistema o l'altro, ma mi chiedo se verrà mai un tempo in cui noi non potremo più permetterci questa disposizione allo spreco... spreco chimico nei fiumi, spreco metallico dappertutto, spreco atomico sepolto in fondo alla terra o affondato nel mare..."
Ci sono nel libro molte altre osservazioni, espresse sempre con una pacatezza umile e saggia che lo rendono contemporaneo, o diversamente, evidenziano come non stiamo affrontando ora problemi nuovi, quanto problemi costanti che costantemente non siamo capaci di risolvere, essendo noi " una specie scaltra quanto basta per spaccare l'atomo, ma non scaltra quanto basta per vivere in pace con se stessa".
Ci sono molti motivi per leggere questo libro, il piacere di leggere un bel libro è il primo e motivo sufficiente se si vuole. Ma se qualcuno vuole imparare a scrivere un libro di viaggio penso che questo potrebbe essere un ottimo esempio da imparare.

lunedì 13 aprile 2020

IL GIUDICE E IL SUO BOIA _ Friedrich Duerrenmatt

IL GIUDICE E IL SUO BOIA _ Friedrich Duerrenmatt

Ho scelto un libro di questo scrittore svizzero su suggerimento di Miriam,una giovane e nuova amica che ho conosciuto negli incontri (on line) che si svolgono il lunedì sera a cura della Associazione Amici del Gabbiano nel corso dei quali si parla di libri e letture ( chi fosse interessato può scrivere a amicidelgabbianotrezzo@gmail.com per chiedere istruzioni su come partecipare)
Probabilmente non è il primo libro che leggo di Duerrenmatt (ricordo pure un film piuttosto angosciante di S. Penn con Nicholson tratta dal libro LA PROMESSA dello stesso autore _ per questo motivo ho scelto un altro titolo). Casualmente IL GIUDICE E IL SUO BOIA sembra essere cronologicamente il primo romanzo
Curiosamente ho scoperto anche uno sceneggiato RAI su RAIPLAY con Paolo Stoppa tratto da questo romanzo (mi sembra- ho visto solo i primi minuti- riadattato negli anni 60 mentre il romanzo è ambientato nel 1948).
E' un romanzo, parere molto superficiale il mio, scarno che invoglia a una lettura veloce quasi con lo scopo di tendere una trappola al lettore che alla fine riconosce gli indizi che gli venivano dati ma che, salvo uno piuttosto indicativo e palesemente esposto, solo alla fine vengono riassunti e svelati.
Mi è sembrato un romanzo cupo e nichilistico, rappresentato dal protagonista Barlach verso il quale si prova simpatia ( si fa il tifo) ma che rovescia completamente il senso di una giustizia ordinata e coerente con il contratto sociale. Un romanzo nel quale i personaggi principali violano le norme civili che regolano uno stato di diritto, anche se in alcuni casi apparentemente costretti dalla impossibilità di ottenere il risultato della giustizia se non forzando la mano allo stesso concetto di giustizia.
La spiegazione è un po' confusa, ma se non si conosce il libro a mio avviso è opportuno che non si sappia di più per non togliersi il gusto della lettura (evitare la pagina wikipedia prima di aver letto il libro)

venerdì 10 aprile 2020

IL COLIBRI' _ SANDRO VERONESI

IL COLIBRI' _ SANDRO VERONESI


Ho letto questo libro, IL COLIBRI', di Sandro Veronesi e l'unica cosa che mi sentirei di dire è: lo si legga, ne vale la pena, si rimane soddisfatti alla fine.
Intanto perché mi sembra ben fatto, ben scritto, ben costruito. Perbacco, ben scritto mi sembra anche un po' riduttivo. Come scrive bene!
Diventa difficile dire altro, perché? Perché mi sembrerebbe di fare quello che nel linguaggio giovanile è definito come “spoilerare”, ovvero dire chi è “il colpevole”.
Mi sembra che il libro sia architettato come un imbuto, Le vicende nel corso di circa 40 anni sono versate in questo imbuto e come in un composto scivolano lentamente verso il collo dove tutte (ovviamente inconsapevolmente, forse meno necessariamente – e questo aspetto di “provvidenza” mi convince meno) giungono ad avere quasi l'esito al quale hanno contribuito.
In effetti è un po' come un puzzle. Il tassello finale, che dà il senso a tutto perché sensa di esso il puzzle non appare avere significato, non è l'ultimo capitolo, ma siamo vicini. A mio avviso è il capitolo L'UOMO NUOVO. Mi sembra un “manifesto” del pensiero di Veronesi, o perlomeno il senso profondo di questo libro (si concede anche una appassionata invettiva civile). E non mi sembra bello anticiparlo. Io ci sono arrivato con una seconda lettura (del solo capitolo, perché avevo colto questa notte che era il punto cruciale, ma l'ansia di finire il libro me lo aveva fatto leggere velocemente, e quindi questa mattina appena sveglio l'ho riletto). E vale la pena “arrivarci”, non essere anticipati.
Mi sembra libro che meriti una discussione collettiva (come stiamo facendo nel gruppo di lettura della associazione Amici del Gabbiano), perché io non amo i romanzi, faccio fatica a cogliere i messaggi, e quindi ho colto l'ombra di un pensiero, e chissà quanto altro mi sfugge. Però, però lo si legga. E' meglio averlo letto e poco compreso che non averlo letto.
Che cavolo di recensione è questa sopra, con l'escamotage di non rivelare “il colpevole”; di non fare “spoiler” si cerca di nascondere il “non aver capito nulla”? Può essere, e il mio invito a leggerlo è per poter avere, magari, spiegazioni e commenti illuminati di ritorno.

sabato 4 aprile 2020

UTOPIA _ TOMMASO MORO

UTOPIA _ TOMMASO MORO
Uno dei libri conosciuti per fama ma mai letto. Messo in un angolo della memoria. Questo tempo di attesa ha consentito di recuperarlo. L'ho riscoperto perché per diletto sto leggendo un manuale di Filosofia delle scuole superiori dei miei figli. Grazie a MLOL l'ho potuto scaricare e l'ho letto con gusto. Sì perché è un libro, un pamphlet, agile, breve e gustoso. Ora, non si pretenda una analisi che non è nelle mie corde. Io l'ho letto da profano. Non ho potuto esimermi da notare, con sommo divertimento, l'afflato comunista (decisamente contrario alla proprietà privata), assolutamente rigoroso e convinto, dell'utopia Moriana. Per descrizione di usi e di costumi ho immaginato un mix tra Sparta, Cina maoista e Nord Corea. Con uno spruzzo di Stato Etico un po' alla 1984. Ci sono, nei dialoghi preparatori tra Moro e Raffaele Itlodeo (il marinaio portoghese che ha visitato Utopia), veraci analisi della situazione sociale e politica, degli usi e costumi, della stratificazione sociale dello stato e proposte (utopicamente) condivisibili di riforma dell'economia, della società, dell'organizzazione dello Stato. Nella seconda parte inizia una lunga, dettagliata e raramente noiosa descrizione della società, degli usi e costumi, della politica, della religione e dell'economia di Utopia con frequenti chiari riferimenti, per contrapposizione, sarcastici, ironici e pungenti alla realtà dei Luoghi Veri dove viveva Moro.
Questo è un esempio sulle leggi (non troviamo una strana curiosa assonanza con un testo scritto all'inizio del '500?)
"Hanno poche leggi perché uno Stato così istituito ne richiede pochissime, anzi, una cosa che rimproverano alle altre nazioni è proprio d'avere innumerevoli volumi pieni di leggi che si dimostrano comunque insufficienti. Infatti giudicano ingiusto che le leggi siano così numerose da non poter essere lette da tutti, o così oscure da non venir comprese da ciascuno."
Tra le numerose annotazioni, utopie o critiche, due ne voglio ancora citare, una perché risponde a una mia sensibilità:
"Infatti considerano la caccia come il compito più umile e vile fra quelli affidati al macellaio. Le sue attività, come l'uccidere animali per necessità, sono considerate molto più oneste e utili; invece il cacciatore si compiace di massacrare bestie inermi e innocenti". Io sono carnivoro e quindi credo che gli allevamenti per la nutrizione umana siano necessari, ma assolutamente contrario alla caccia come sport o passatempo. Quindi non può che farmi piacere questa presa di posizione.
La seconda una sollecitazione a una discussione oggi attuale: Moro si esprime chiaramente a favore della Eutanasia.
La sensazione che ho avuto alla fine della lettura è che l'Utopia di fondo, quella vera, quella "che non esiste" è la Libertà. Utopia (intesa come società, come Repubblica) non è una Repubblica libera. L'eguaglianza e il benessere diffuso si ottiene, secondo Moro, sacrificando la libertà. Ma non c'è libertà (vera, sostanziale, realizzata) nella società gerarchica, sperequata, religiosamente conformista, ingiusta nella quale Moro (e noi oggi, anche se magari dal lato soleggiato della via) viveva.


sabato 21 marzo 2020

LO STATO DELL'UNIONE _ Nick Hornby

LO STATO DELL'UNIONE _ Nick Hornby

Oggi pomeriggio ho letto questo libro di Hornby. Mah. Devo dire che mi ha abbastanza deluso. Credo di aver letto di gran lunga molto meglio di Hornby.
Ma io difficilmente capisco i romanzi. Questo non l'ho proprio capito.

venerdì 20 marzo 2020

LA QUARTA RIVOLUZIONE _ Luciano Floridi

LA QUARTA RIVOLUZIONE _ Luciano Floridi

Inizio la lettura di questo libro in attesa di poter ritirare "Pensare l'infosfera"
La prefazione: " Questo libro riguarda l'effetto che le ICT digitali (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione) stanno producendo sul nostro senso del sé, la maniera in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri e nella quale diamo forma al nostro mondo e interagiamo con esso (...) Il filosofo si chiede: che cosa sta dietro tutto questo? (...) In realtà, tali tecnologie sono divenute forze ambientali, antropologiche, sociali e interpretative. Esse creano e forgiano la nostra realtà fisica e intellettuale, modificano la nostra autocomprensione, cambiano il modo in cui ci relazioniamo con gli altri e con noi stessi, aggiornano la nostra interpretazione del mondo, e fanno tutto ciò in maniera pervasiva, profonda e incessante (...) abbiamo bisogno della filosofia per tracciare il corretto quadro concettuale entro il quale poter semantizzare (vale a dire dotare di significato e capire) la nostra complessa situazione attuale.




giovedì 19 marzo 2020

CAMBIAMENTO CLIMATICO _ di Marcello Di Paola

CAMBIAMENTO CLIMATICO  _ di Marcello Di Paola


Cosa dire di questo libro: lo si compri (ovviamente in Libreria IL GABBIANO di Trezzo) e lo tenga sempre a portata di mano, leggendolo e rileggendolo, capitolo per capitolo. Potrei fermarmi qui in questo goffo tentativo di recensione (meglio: di cercare di dire qualcosa a proposito). Di Paola è un filosofo. Insegna filosofia politica e teorie della sostenibilità presso la LUISS. E questo è un libro di filosofia. Applicata, se posso usare il termine. Una piccola soddisfazione per me, che mi perdo di fronte a istogrammi, curve, bastoni da hockey (che mi distraggono e mi fanno pensare a Tretiak e a Toronto). Non che abbia capito meglio il libro, ma sentivo muovere dentro di me un particolare afflato emotivo.
Si renda merito agli scienziati che ci illustrano dove siamo e come ci siamo arrivati e pure quali sono le conseguenze di una o l'altra scelta. Ma sono i filosofi a mettere le scelte sotto esame, nei prodromi e nelle conseguenze Il libro è di poche pagine, ma non consente di tirare il fiato perché non una parola è sprecata. Leggendo continuavo a pensare: questo paragrafo lo cito, questo anche. Ma poiché credo sia anche illegale trascrivere il libro, rimando alle righe iniziali. Salvo che all'inizio quando scrive dei negazionisti in termini (negativi) inappellabili, e nelle bellissime pagine finali quando ci esorta a non delimitare l'universo della nostra vita etica a ciò che dobbiamo agli altri ma di includere il dare un senso alla nostra esistenza, salvo che in questi due momenti dicevo, il resto del libro è un esercizio di maieutica nel quale Di Paola, con grande lucidità, esamina tutte i diversi approcci e le diverse motivazioni sulle scelte o non scelte fatte nell'affrontare la questione dei cambiamenti climatici. La pacatezza e la lucida logica del ragionamento di Di Paola producono come un svelamento dello sguardo che riconosce le questioni sul tavolo, piuttosto che la scoperta di novità. Immaginavo, leggendo i diversi capitoli, una lezione peripatetica nella quale discorrere degli aspetti di Scienza, di Politica, di Giustizia, di Economia e di Etica. Ci sono dei concetti, è vero, che pur non ignoti probabilmente senza la spinta di Di Paola non sarebbero emersi, come quello di coloro che chiama "spaziotemporalmente distanti"  ovvero non solo delle persone contemporanee ma lontane fisicamente, bensì anche dei coloro che potrebbero essere nostri discendenti ma sono così lontane nel tempo da perdere ogni legame affettivo e divenire statistiche e non persone reali. O la perdita del sentirsi "agenzia morale" ( l'esercizio o la manifestazione della capacità di agire da parte di chi possiede tale capacità) in un Antropocene nel quale l'umanità non è mai stata tanto potente ma che ha anche l'impressione che in controllo ci siano cose e non persone.

mercoledì 18 marzo 2020

THE PASSENGER _ BRASILE _iperborea

THE PASSENGER _ BRASILE  _iperborea

Ancora una bellissima monografia nella serie "THE PASSENGER per esploratori del mondo" questa volta dedicata al Brasile.
Un Brasile duro, problematico, violento quello che ci viene descritto scevro da qualsiasi stereotipo da cartolina.
Dall'ascesa vincente di Bolsonaro, alle vicende di Rete Globo, dalla dislocazione truffaldina e forzosa di popoli della foresta causa la costruzione di dighe ai mille inganni con cui si sfrutta impunemente l'Amazzonia (questione di portata mondiale stante l'importanza della foresta per il clima), i saggi e gli articoli della monografia ci accompagnano in una nazione grande non solo per le dimensioni.
Non è una carrellata disperata di sole negatività, viene per esempio raccontata la vicenda di una start-up che ha introdotto un servizio postale di successo in una favela di Rio. Chi al wanderlust unisce la speranza di riuscire a grattare un po' di ghiaccio non può non trovare piacere nel leggere questa monografia (come del resto per ora è avvenuto con tutta la serie fin qui pubblicata di The Passenger)

martedì 17 marzo 2020

GLOBAL AFRICA _ di Mario Giro

GLOBAL AFRICA _ di Mario Giro
Questo dovrebbe essere un libro da tenere sempre a portata di mano, e ripreso con consuetudine per una rilettura (magari non intera, ma un capitolo alla volta). Ho avuto l'impressione di viaggiare su un treno lanciato a grande velocità sulla storia, sulla sociologia, sulla cultura, sulla politica e geopolitica dell'Africa e contemporaneamente di avere una "guida" in grado di mostrami i particolari e i collegamenti tra questi. solo che è una richiesta eccessiva per essere assimilata in una volta sola. Io ho letto due volte questo libro, ma ancora colgo l'esistenza delle ramificazioni, divento consapevole di come si guarda a questo continente, meglio ai suoi abitanti, con stereotipi e con sguardo miope, di quale coacervo di contraddizioni aggroviglia la sua storia (rendendo la storia degli africani simile a quella di tutti e particolare nello stesso tempo). Secondo me il sottotitolo "la nuova realtà delle migrazioni..." non rende pienamente giustizia alla densità del libro. Certo, l'ampia analisi di Giro ci fa capire questioni relative alle migrazioni - il libro parte con queste e termina con un richiamo che, come dire, completa il cerchio -  ma non è solo questo. E prodromo alla creazione del desiderio di conoscere, comprendere, analizzare invece di giudicare le vicende di questo continente. Colgo una frase che pur nel suo particolare ben illustra il generale: "Uno sguardo superficiale può semplificare l'analisi fino al punto di leggere ogni contenzioso (e io mi permetto si allargare: ogni vicenda, ogni fenomeno) sulla base della "moda" del momento".
In conclusione io credo che questa rutilante corsa (mai banale e mai superficiale ma così densa e compressa in poche -170 - pagine che obbliga noi a posizionare le tessere di volta in volta distribuite nella costruzione del puzzle) sull'Africa sia un libro assolutamente da leggere.

domenica 15 marzo 2020

POPOLI DEPORTATI _ di Aleksandr Nekric

POPOLI DEPORTATI _ di Aleksandr Nekric

"Ci scacciarono dal villaggio di Adziatman, distretto di Freidorf, il 18 maggio 1944. L'evacuazione si svolse in maniera particolarmente crudele. Alle tre del mattino, mentre i bambini dormivano, irruppero in casa i soldati che ci ordinarono di prepararci e di uscire in strada entro cinque minuti, senza prendere nulla. Ci trattarono così male che, pensammo, ci avrebbero fucilato. Scacciati dal villaggio restammo senza mangiare per giorni interi. I bambini affamati non la smettevano di piangere. Mio marito era al fronte. Io ero rimasta sola con i nostri tre bambini. Alla fine ci caricarono sugli autocarri e ci condussero a Eupatoria. Lì ci trasbordarono su carri merci dove stavamo ammassati come bestie. Il viaggio fino alla stazione di Zerabulak, nella provincia di Samarkanda, durò ventiquattro giorni" Questo non è il racconto di un rastrellamento compiuto da SS in un villaggio ebraico dell'Europa Orientale. E' uno stralcio del libro ed è il racconto di una donna tatara deportata dalla Crimea in Asia Centrale in una delle operazioni di deportazione organizzata nell'URSS Comunista sotto la dittatura di Stalin.
Non è un momento storico molto conosciuto e sto facendo fatica a trovare libri su questo argomento. Eppure è un evento altamente drammatico nella storia europea, che ha coinvolto forse milioni di persone con modalità (ma non con fini) non dissimili dalle deportazioni naziste. Le deportazioni naziste erano finalizzate alla eliminazione dei deportati, nelle deportazioni staliniane, pur con migliaia di morti per le condizioni nelle quali avvennero, il fine non era l'eliminazione fisica. Ma questo non cambia molto la criminale crudeltà del fatto.
Questo libro è un trattato storico molto preciso delle cause (quelle vere e quelle create propagandisticamente), della effettuazione e delle conseguenze delle deportazioni (soprattutto quelle nell'area caucasica) delle popolazioni. Non è un libro semplice e io ammetto di aver un po' tralasciato di comprendere sigle, ruoli, nomi e nomenklatura. Mi interessava avere uno sguardo d'insieme e questo compito Nekric mi sembra assolverlo. E' un libro che mi sento di consigliare. Mi piacerebbe trovare altri libri sull'argomento.

sabato 14 marzo 2020

IL DOMINIO DEL TERRORE _ Claudio Vercelli

IL DOMINIO DEL TERRORE  deportazioni, migrazioni forzate e stermini del novecento_ Claudio Vercelli

Non è un libro facile, non è un libro semplice. E' un libro serio, una analisi storica senza sconti, quasi apatica di fronte agli stermini e alle sofferenze imposte a milioni e milioni di persone. Ma una persona non scrive un libro del genere per uno sfizio personale o per una ricerca accademica. La scelta dell'argomento è la sostanza della partecipazione umana. Ma rifuggendo da semplificazioni emotive, lo studio delle dinamiche, degli scopi, dei metodi e contestualizzando delle cause (e complicità), consente al lettore di conoscere e comprendere. Non credo che il '900 sia un secolo particolarmente efferato nella storia dell'umanità, ma è il secolo nel quale la vita di molti di noi è trascorsa nella sua maggior parte (quantitativa e qualitativa) ed è il secolo nel quale è iniziato il più impressionante succedersi di rivolgimenti e cambiamenti nella storia umana (una accelerazione che vediamo continuare con aumenti di velocità esponenziali). Ne siamo quindi maggiormente coinvolti. Leggere in questi giorni delle indicibili sofferenze che una parte dell'umanità ha inflitto a un'altra parte più debole è un buon esercizio di contestualizzazione e misura della prove della vita. Dai campi di concentramento inglesi nei quali venivano rinchiuse le famiglie boere fino alle vicende della ex Jugoslavia, Vercelli passa in rassegna le diverse esperienze descritte nel titolo del libro (solo l'Africa rimane un po' esclusa - Rwanda a parte - non saprei dire se perché l'Africa è il solito buco nero o perché stermini e deportazioni africane (subite dagli africani) risalgono più al secolo prima  - ma del Sudafrica dei Bantustan si è dimenticato?)). Se il tono del libro potrebbe sembrare fin troppo asettico, sono le ultime pagine a rivelare lo sguardo di denuncia sociale e politica dello sguardo
Ne traggo due citazioni, per finire, che si possono trovare nelle ultime pagine e che concorrono, con le dense altre dense considerazioni, a inquadrare il valore di questo libro.
Primo stralcio: " Laddove le peggiori nequizie si consumano ininterrottamente con contro intere collettività, infatti, non è assolutamente vero che sia tollerato, invece, l'atto di gratuita violenza nella sua singolarità... il ricorso alla violenza ingiustificata contro il singolo può generare, negli osservatori, un moto di identificazione con la vittima (pensiamo alla nostra commozione di fronte alla foto di Aylan_mia nota), l'avere a che fare con il "trattamento" burocratico di comunità definite ostili, crea divisioni, alterità e, infine, indifferenza (pensiamo alla lezione di Liliana Segre_mia nota)."
Secondo stralcio: " Poiché le guerre civili, le violenze di Stato, i massacri in massa, gli stessi genocidi si inscrivono storicamente all'interno del più generale capitolo legato al perdurare di condotte  collettive dove la sopraffazione ai danni di molti è la chiave dell'immorale ricchezza o dell'ingiustificato benessere di pochi. Da questa asimmetria, dal suo ripetersi, dalla scandalosa indifferenza con la quale l'umanità procede verso mete che legano il progresso e le fortune di certuni alle disgrazie degli altri, non possono che derivare preoccupanti considerazioni su come ciò che è stato potrebbe ancora ripetersi, oggi come nei tempi a venire".