martedì 28 luglio 2020

ANDREA MARCOLONGO _ ALLA FONTE DELLE PAROLE

ANDREA MARCOLONGO _ ALLA FONTE DELLE PAROLE

Che libro "entusiasmante" questo di Andrea Marcolongo. Da tempo non leggevo un libro con tale "diletto", esperienza sublime per un lettore dilettante quale sono. Mi sono divertito a utilizzare due etimi tra i 99 sui quali con grazia e leggera serietà immagino volare e posarsi la nostra scrittrice.
Sento già lo stridere delle unghie sui vetri, costante sensazione di arrampicarmi dove non sono capace quando mi metto a scrivere di libri che sono ben oltre la mia capacità di comprensione e di analisi. Perché lo faccio, con il rischio, anzi la certezza, di ammantare con gravose banalità libri che dovrei semplicemente commentare con un semplice e sincero "che bello"?
Forse perché stuzzicano un sentimento recondito, come se smuovessero qualcosa che è dentro nel profondo e che non trova, per povertà di linguaggio e idee, la possibilità di emergere.
Grandi sono questi libri, dico grazie a chi li scrive, che pur rivolgendosi all'universale, sa parlare con confidenza a ciascuno di noi.
Voglio citare dal libro alcune brevi frasi ( a fatica estrapolate da un testo che mi affascina dall'inizio alla fine):
"incendiare il reale e non accontentarsi delle sue ceneri, questo significa SENTIRE le parole che ci bruciano dentro. Smettere di essere aneddoti sfocati, e ricominciare a essere uomini e donne messi a fuoco - e a nudo."
"De-costruire una parola per ri-costruirci come esseri umani. Di fatto, sentirci pungere dentro da un significato che avevamo smarrito nelle pieghe della nostra memoria o nei musei di chissà quale passato e scoprirci pienamente vivi, ben saldi nel nostro presente"
"La lingua che parliamo, quella che abbiamo appreso fin dalla nostra infanzia e che da secoli qualcuno ha parlato prima di noi, serve a esprimere noi stessi in quanto esseri umani"
infine
"Gli etimi sono la cassaforte del nostro sguardo sul mondo"
Libri dotti come questo generalmente mi consentono di provare il piacere dell'ignoranza, sentendomi come un vaso riempito di humus e di acqua fresca, ma nel caso presente la sensazione è più complessa. Avendo studiato, in ere geologiche anteriori, latino e greco, qualche parvenza di ombra di rimembranza aleggia tra le mie sinapsi. La sensazione è come, se posso permettermi, ironicamente, il paragone, se mi trovassi nella caverna di Platone, dalla quale vedo le ombre etimologiche delle parole, di alcune solo, per carità, e con Marcolongo tolgo la patina che mi impedisce la piena conoscenza e riesco a vedere le figure complete alla luce.
Ho apprezzato anche lo stile e il tono. La leggera ironia non supponente (a volte in libri di dotti che vogliono apparire alla mano è artefatta ) e la, immagino reale, sincerità con la quale si pone nei confronti del lettore. L'immagine è quella di un dialogo che io situo per esempio su una panchina alla sera guardando il mare, nel quale due amici discorrono dei fatti della vita e una dei due svela il significato delle parole che usiamo per rappresentarci e rappresentare le nostre esperienze, rendendo più vivo e preciso il nostro interrogarci e raccontarci.
Può forse sembrare un panegirico questo commento al libro della signora Marcolongo. In realtà è scritto con la schietta sincerità di chi non dispone di molti strumenti critici di analisi (avrà sicuramente i suoi difetti, lascio a chi ha migliori frecce nella sua faretra la loro puntualizzazione). Io esprimo liberamente la mia "meraviglia", senza, come dice l'autrice citando Catone, cercare la sua fiducia - impossibile non conoscendoci - con chili di lodi.
A mio avviso un ottimo libro da leggere una prima volta tutto d'un fiato, e poi, tenendolo a portata di mano, un etimo al giorno, con maggiore lentezza.



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