domenica 29 maggio 2016

LA SINISTRA HA SMESSO DI ESISTERE? -1

LA SINISTRA HA SMESSO DI ESISTERE? -1
Considero Michele Serra un vero intellettuale. Uno dei motivi è che in 22 parole riesce a esprimere un concetto, un idea, un dubbio, una provocazione che a me, senza la stessa chiarezza, lungimiranza e capacità di analisi, richiederebbe pagine e pagine verbose e inconcludenti. Questo incipit lo dimostra. E' un mio archetipo perchè spesso, quasi sempre, esprime bene ciò che anche io penso.
Sabato si è espresso a proposito di una intervista che Cacciari ha rilasciato a Mauro sul tema "Riforme Costituzionali". Mi trovo molto d'accordo con Cacciari e a maggior ragione con Serra, anche se non ho ancora deciso convintamente il mio voto e sono alla disperata ricerca di analisi e non solo commenti ( o invettive) sui due fronti combattenti.
Ma, insita nella spiegazione eppure trascendente il contesto (posso usare "trascendente"? E' un po' tirato, ma la Treccani non me lo impedisce), leggo una frase che mi sembra tremenda e potente.
La cito
"Dal riflusso in poi (dunque dai primi Ottanta) la sinistra semplicemente ha smesso di esistere se non come reazione stizzita al presente."
22 parole dicevo. Per come lo conosco Michele Serra sembra tutto fuorché uno che incide le parole sulla carne degli altri con un marchio a fuoco, eppure questa frase, penso scritta con consapevolezza, può apparire così. Un marchio.
Non è certo questa pagina che Google mi concede (in cambio di non so neppure io che cosa) per i miei deliri il posto dove discutere di quanto ha detto Serra, però mi vengono in mente quattro domande (magari iniziali di un ragionamento)
- E' un epitaffio?
- E' una consapevolezza prodromo di un inizio?
- E' semplicemente un giudizio sbagliato?
- E' una valutazione elitaria che confonde una fallimentare classe dirigente, elite intellettuale ancor più che politica, con il popolo di sinistra - se è sinistra dovrebbe essere popolo - che invece con mille difficoltà, cadute, errori, ripartenze, e con costanza e cocciutaggine, non reagisce stizzito al presente ma cerca sempre di progettare un futuro di maggiore benessere per la maggior parte di tutti, anche quando, come ora, è minoritario e "politicamente scorretto" rispetto al pensiero mainstream?

lunedì 23 maggio 2016

LA POVERTA' DEL POVERO ICARDI

LA POVERTA' DEL POVERO ICARDI
#Paolo Di Stefano
Oggi ho cercato di smaltire un po' di carta arretrata, e come sempre, prima di indirizzare verso la differenziata ho scorso i giornali accumulati cercando qualcosa di interessante.
Ho ritrovato, sul Corriere, un articolo di Paolo di Stefano che avevo mentalmente annotato.
E' dedicato a un giocatore giovane e abbondantemente pagato da una scarsa, e tifata, squadra milanese che vive ancora sulle glorie di un anno magico e ormai un po' polveroso. Ma non è delle modeste sorti dell'Inter che vorrei interessarmi, quanto sull'esuberanza pacchiana e meschina del giocatore.
L'articolo è rintracciabile a questo link: http://www.corriere.it/opinioni/16_maggio_19/smartphone-icardi-quella-ricchezza-esibita-6814fb00-1d1e-11e6-a8eb-04e4fcf1d7a7.shtml e lo consiglio vivamente
Ne copio alcuni brani:
"La non notizia è che Mauro Icardi, il centravanti argentino dell'Inter, ha comperato uno smartphone da 20mila euro (...) Naturalmente sarebbero fatti suoi (...) Se non fosse che Icardi ha pensato bene di comunicare il nuovo acquisto su Instagram, mostrandolo al mondo (...) Ciò significa che si ostina a ritenere la felicità infantile che gli deriva dalla ricchezza come una questione di pubblica rilevanza e condivisione. E siccome la ritiene tale, gli potrebbe essere utile un modesto consiglio: il cellulare (anche uno smartphone da 20 mila euro) offre (...) l'incredibile chance di gettare uno sguardo sul mondo, che purtroppo esiste e fa capolino qua e là: con le sue fatiche (e tragedie) quotidiane. Icardi potrebbe anche approfittarne per ascoltare (disponibili su You Tube) i discorsi di un tizio, un suo conterraneo che si chiama Francesco. Sarebbe un'occasione per interrogarsi su quanto intollerabili possano risultare le sue allegre spacconate da ricco."

martedì 10 maggio 2016

IL SENATO DELLA CONOSCENZA

IL SENATO DELLA CONOSCENZA

Si vede in questi giorni, all'inizio di un percorso che ci porterà, probabilmente più inzaccherati e rabbiosi di come partiamo, piuttosto che più saggi e consapevolmente partecipi, al Referendum Costituzionale, quale errore sia stato ignorare, sin da subito, la proposta che fu propria del SOLE 24 ORE/DOMENICA, di rendere il Senato una "Camera Alta" dedicata alla conoscenza e allo studio della legislazione che sarebbe poi stata compito del Parlamento.
Copio, perchè la riproduzione è riservata, ma meriterebbe di essere letto tutto, il breve articolo di Massarenti apparso il giorno 8 Dicembre 2013 è che si può ritrovare nell'archivio digitale dell'inserto.
Di seguito incollo il link per raggiungere un profondo dialogo tra Ichino e De Bortoli, posti su due posizioni differenti rispetto alle Riforme Costituzionali, che nel clima di miasmi diffusi con il ventilatore di questi giorni, appare essere una boccata di aria fresca e salubre.

Ecco Massarenti
Da qui potrebbe partire la riforma del bicameralismo. Il Senato dovrebbe diventare il luogo delle indagini conoscitive, del controllo dei fatti e del monitoraggio dei saperi che permettono all'intero assetto istituzionale di agire con saggezza e lungimiranza. Il modello è la House of Lords, un'istituzione "alta" che in Gran Bretagna produce documenti di analisi su problemi caldi (uno degli ultimi è sulle staminali) suggerendo a Parlamento e Governo uno spettro di azioni da intraprendere per affrontarli alla luce delle migliori conoscenze disponibili. Alla luce di dati allarmanti (analfabetismo funzionale, corruzione, scarsa libertà di ricerca, d'impresa e d'informazione) appare chiaro che il Paese ha bisogno di una complessiva, graduale, coerente, ricostruzione culturale e mentale e di istituzioni e procedure ridisegnate per fare in modo che il faticoso lavoro decisionale, proprio di ogni processo democratico, possa viaggiare sicuro sui binari di un Paese civile e moderno.

Ecco il link per il dialogo Ichino/DeBortoli, sembra un po' lungo, ma è un'impressione. Merita.
http://www.pietroichino.it/?p=40147

domenica 1 maggio 2016

SIAM PRONTI ALLA VITA. L'ITALIA CHIAMO' - perchè è una proposta ancora valida, a mio avviso

SIAM PRONTI ALLA VITA. L'ITALIA CHIAMO' - perchè è una proposta ancora valida, a mio avviso

Giusto un anno fa veniva inaugurato EXPO MILANO. Ci fu un avvenimento, nella cerimonia inaugurale che mi colpì profondamente. Cantando l'Inno Nazionale, un coro di adulti e bambini meravigliosamente miscelato, si ardì la modifica di alcune parole, non banali bensì significative, cantando “siam pronti ALLA VITA.L'Italia chiamò”.

Ritenni geniale questa modifica, la vidi come attualizzazione storica delle parole di un testo che era legato agli anni in cui era scritto e che per me doveva essere attualizzato senza essere snaturato.

Come spesso accade fu un “evento” (viviamo di eventi e non di costanza e programmazione), che suscitò un briciolo di dibattito e svanì nell'aria.

Per me questo “lasciar perdere” è stato un errore. Io sono ancora fermamente convinto che queste parole SIAM PRONTI ALLA VITA, in un testo che dovrebbe, in quanto INNO, essere identificativo di una nazione, di un popolo che, secondo me, si identifica per l'appartenere allo stesso suolo e non a un ceppo di sangue (assurdo per un posto fisicamente e storicamente di passaggio come la nostra penisola), siano un “Nuovo” che non cancella il “Vecchio- inteso come storico” ma lo ingloba, la fa suo e lo amplia nel significato.

Parto dal presupposto che la morte sia una delle parti della vita, ma che la VITA sia ben di più, anche in termini di ricchezza, di sacrificio, di donazione e altruismo, della sola morte. Ricordiamo in questi giorni sia i Partigiani che fecero la straordinaria scelta di mettere a repentaglio vita, affetti, condizione sociale, libertà, patrimonio per combattere per liberare l'Italia dagli occupanti e dai dittatori, ricordiamo anche Pio La Torre e Rosario di Salvo, uccisi dalla mafia per il loro impegno, nel corso delle LORO VITA , contro il potere mafioso.

Continuo insomma a credere che sia dell'impegno nella nostra VITA che la nostra Italia (e nella mia visione l'Europa) ha bisogno, e per consentirci di dare il nostro migliore contributo nella nostra vita ( con il nostro lavoro, studio, impegno, volontariato, civismo) le “classi dirigenti” sono chiamate a migliorare di gran lunga la qualità del loro lavoro.

Ho avuto occasione di vedere, grazie a ANPI TREZZO e SOLDELLADDA, un documentario che ha raccontato l'esperienza di partigiana di Annita Malavasi, nome di battaglia “Laila” e delle sue compagne di lotta “Iva”Bonilauri e Gina “Sonia” Moncigoli.

Titolo del documentario, altamente evocativo e significativo, “NON CI E' STATO REGALATO NIENTE”. In una scena, durante un dialogo, Sonia, per sottolineare la necessità del continuo impegno sociale e di attenzione alla cura della cosa pubblica che ciascuno di noi deve esprimere, esclama “Non dovremo aspettare un'altra guerra!?!”. Mi ha colpito questa frase, questo invito a saper coltivare l'interesse per la “cosa pubblica”, per la propria Nazione, anche in tempi di relativo benessere – e di pericolosa convinzione di ineluttabilità della democrazia -, insomma questo richiamo ad ESSERE PRONTI ALLA VITA. L'ITALIA CHIAMO'.