mercoledì 27 maggio 2020

SCONFINATE _ cura di Emanuele Giordana

SCONFINATE _  cura di Emanuele Giordana
Una delle innumerevoli contraddizioni che mi contraddistinguono è quella di essere un internazionalista che auspica un utopico mondo senza Stati e nazioni, nel quale ciascuno dà quello che può e prende quello che gli serve, e dall'altro lato essere affascinato dalle frontiere e dai confini, soprattutto quelli più anomali, sconosciuti, virtuali. Mi affascinano i passaggi doganali minori, le enclave e le exclave (conoscevo Kalinigrad, ma ora ho scoperto Okussi Ambeno), voglio visitare Panmunjon e tornare a Baarle-Nassau.
Forse anche per questo mi è piaciuto (molto) questo libro che ho scaricato da MLOL e che man mano lo leggevo diventava quello che metteva in stand by gli altri che sto leggendo contemporaneamente.
I saggi raccolti per questo libro (per dare il livello dirò che sull'Africa uno degli autori è Raffaele Masto) non sono una semplice elencazione e descrizioni dei confini, magari alla ricerca della stranezza. Non è neppure un libro di viaggio come ha mirabilmente fatto e scritto Erika Fatland. Sono brevi saggi molto pensati, molto ricchi e densi di contenuto sul confine (e sulla differenza tra confine e frontiera). Il confine non è solo un solco in un campo che divide ciò che sta ai due lati, molti sono in confini nella nostra società, nelle nostre società. Orizzontali e verticali. Fortunatamente non è un libro di teoria dei confini. I saggi sono ricchi di informazioni, di storia, di avvenimenti (alcuni conosciuti, magari precisati, altri nuovi, in ogni caso illuminanti sulle conseguenze contemporanee e posteriori al loro accadere).
Non ci si annoia leggendolo, oserei dire che è un libro avvincente, spesso il confine di cui si tratta è stato attraversato fisicamente dall'autore (ancora, per quanto conosco io, Masto parlava sempre di un Africa la cui polvere era depositata sulle sue scarpe). La lezione di geopolitica e storia quindi si intreccia con la spinta a vedere di persona questi confini (nel limite del praticabile oggi). Stimola non solo la curiosità di conoscere le ragioni del mondo un po' di più e meglio di quanto l'informazione nostrana ci concede (uno degli effetti collaterali di letture come queste è quello di risparmiare soldi evitando di comperare giornali che si distinguono per pigrizia e provincialismo e di risparmiare tempo dal vedere informazione televisiva con le stesse caratteristiche - ci sono le eccezioni come Euronews o Internazionale). Stimola anche il Wanderlust, un Wanderlust però curioso, che gratta il ghiaccio, non un semplice accumulare miglia e tacche sulla propria bandoliera del viaggiatore.
Un libro suggerito e consigliato. Potrei sbagliarmi, ma a mio avviso vale la pena di leggerlo

sabato 23 maggio 2020

LA SIMMETRIA DEI DESIDERI _ ESHKOL NEVO

LA SIMMETRIA DEI DESIDERI _ ESHKOL NEVO

Secondo la mia impressione e il mio giudizio di lettore semplice, quando Nevo scrive un bel libro, questo è VERAMENTE un bel libro.
E "La simmetria dei desideri" è un libro che si legge volentieri fino alla fine senza momenti di stanchezza. Ma se cerco di capire perché, e di spiegarlo, mi trovo un po' in difficoltà. Senza voler anticipare, per chi non lo ha letto (ma non è un giallo, non si spoilera nulla), il plot della vicenda, posso dire che è la storia di un tratto di vita di quattro amici che non riescono (forse un po' vorrebbero senza successo) a separarsi anche se le vicende che attraversano potrebbero indurli a farlo. Ma esito a dire se sia un libro sull'amicizia virile. Mi sembrerebbe riduttivo. Ugualmente non posso dire che le quattro figure siano archetipi di tipologie umane. Certo non sono monadi, tratti comuni li esprimono, ma ugualmente mi sembrano personaggi ben dipinti ma particolari. Per un lettore non israeliano la contestualizzazione della vicenda nella vita comune in Israele è sempre affascinante (consapevolmente conosciamo la vita comune degli oppressori - consenzienti o critici- e non degli oppressi. Nel libro c'è un momento molto commovente senza essere patetico e un momento di fortissima denuncia sulla vicenda dell'Occupazione). La presenza della vita militare nelle vicende comuni delle persone per noi Europei è di difficile comprensione.
C'è un filo comune che ho trovano nei libri che ho letto (tra quelli che ricordo, la mia memoria zoppica) di Nevo: la relazione dei protagonisti con il padre (potrei dire con i genitori, le madri sono figure protagoniste e importanti, ma il rapporto con il padre è più drammatico). L'ho trovato in Neuland e lo trovo in questo libro. Forse è anche un rapporto generazionale - in una nazione giovane e con un passato prossimo che pesa come un macigno  - forse due passati: la Shoah e il periodo eroico della fondazione della nazione (fatta scacciando nella Nakba un'altra nazione) e dei Kibbutz.
Ho tralasciato il cuore del libro, la simmetria dei desideri (questo forse è l'elemento del libro che è meglio lasciare scoprire a lettore) e la sua relazione con questa amicizia corale. Ecco, questo aspetto: la presenza di un folto numero di protagonisti (almeno 8) e la capacità di Nevo di dipingerli coerentemente per tutto il libro a me è sembrato uno dei punti di forza del libro. Sono un lettore superficiale e quindi potrei sbagliarmi, ma se mi chiedo se ho trovato delle incongruenze o incoerenze nell'inserirsi dei personaggi nelle dinamiche dei rapporti intrecciati tra loro devo dire di no e questo è uno dei motivi per cui il libro è godibile. E' un libro consigliabile.

sabato 16 maggio 2020

JOHN STEINBECK _ VIAGGIA CON CHARLIE ALLA RICERCA DELL'AMERICA

JOHN STEINBECK _ VIAGGI CON CHARLIE ALLA RICERCA DELL'AMERICA

Che gran libro questo "Viaggi con Charlie" di John Steinbeck. Devo ringraziare gli amici lettori che, in uno degli incontri del lunedì sera su ZOOM organizzati dalla Associazione Amici del Gabbiano, me lo hanno consigliato. Un vero, stupendo LIBRO DI VIAGGIO. Il libro narra il viaggio fatto nel 1960 da Steinbeck a bordo di un camper chiamato Ronzinante (già il nome ispira simpatia) assieme al suo cane francese di nome Charlie.
 Il viaggio è un periplo interno degli USA (compreso un tentativo infruttuoso di una puntata in Canada) in senso antiorario. 
Leggendolo ho pensato molte volte a una contemporanea giovane scrittrice di riferimento Erika Fatland, autrice di due libri di viaggio che mi hanno entusiasmato. Ho trovato un filo rosso tra questo libro di  viaggio di 60 anni fa e i libri di viaggi di Fatland. Per me sono archetipi, mai raggiunti purtroppo, di come devono essere scritti questi tipi di libri.
Ho trovato una attenzione cortese, umile, un rispetto profondo per i luoghi e le persone. Steinbeck, se riesco ad esprimere ciò che penso, non giudica ma partecipa con le sue idee in un dialogo sincero e trasparente con coloro con cui entra in relazione. Sa superare la prima impressione, in un caso ricordo lo esprime chiaramente, e si sforza di leggere dentro le persone con le quali dialoga (dialoghi tra l'altro riportati con un bellissimo stile).
Spesso il luogo o l'accadimento gli ispirano riflessioni che riporta con digressioni mai scontate o banali.
In alcuni vezzi mi ci sono ritrovato, come il piacere di stare a cavallo dello spartiacque naturali, un piede sul versante che portano i fiumi verso il Pacifico e un piede sul versante verso l'Atlantico, oppure il gusto di andare in una cittadina insignificante, mi sembra di ricordare Fargo (non so se il fratelli Cohen c'entrano) perché è proprio sulla piega di metà delle cartine degli USA. Lo svolgersi del racconto è un amalgama perfettamente riuscito di notazioni paesaggistiche, di riflessioni personali, di descrizioni del paesaggio, di dichiarazione di amore per la sua America, di valutazioni critiche e dolorose sulla cura dei luoghi, di ironiche ma tenere note di costume. Due parti mi hanno particolarmente colpito. La parte sulla visita al parco delle Sequoie e la visita New Orleans proprio nel periodo nel quale i bambini neri dovevano essere scortati dagli agenti Federali per poter accedere, tra gli insulti razzisti dei bianchi, alle scuole non segregate. Tutta la parte sulla questione razziale è scritta con partecipazione senza essere edulcorata. Steinbeck si presenta come è, un uomo con le contraddizioni normali negli anni '60.
Mi hanno colpito alcune affermazioni sull'ambiente che lo collegano al dibattito di questi tempi. Per esempio : " La montagna di cose che buttiamo via è molto più grossa delle cose che usiamo (continua citando, l'Italia come patria invece del riuso... e si sorride amaramente nel pensare come ci siamo omogeneizzati alla cultura americana)... Non dico questo per criticare un sistema o l'altro, ma mi chiedo se verrà mai un tempo in cui noi non potremo più permetterci questa disposizione allo spreco... spreco chimico nei fiumi, spreco metallico dappertutto, spreco atomico sepolto in fondo alla terra o affondato nel mare..."
Ci sono nel libro molte altre osservazioni, espresse sempre con una pacatezza umile e saggia che lo rendono contemporaneo, o diversamente, evidenziano come non stiamo affrontando ora problemi nuovi, quanto problemi costanti che costantemente non siamo capaci di risolvere, essendo noi " una specie scaltra quanto basta per spaccare l'atomo, ma non scaltra quanto basta per vivere in pace con se stessa".
Ci sono molti motivi per leggere questo libro, il piacere di leggere un bel libro è il primo e motivo sufficiente se si vuole. Ma se qualcuno vuole imparare a scrivere un libro di viaggio penso che questo potrebbe essere un ottimo esempio da imparare.