domenica 21 giugno 2020

PYONGYANG BLUES di Carla Vitantonio

PYONGYANG BLUES di Carla Vitantonio

Questo libro è un gran bel libro.
E fino a qui è stato facile. Ora dovrei spiegare perché lo è (per me) e mi accorgo di non avere gli strumenti tecnici per saperlo fare. Con molta presunzione mi addentro in questo accidentato percorso.
Non so nulla di Antonio, ma la Carla che ho conosciuto attraverso il libro rende onore alla prima parte del suo cognome. Mi si rappresenta come una giovane donna vitale, coriacea, curiosa, insomma piena di vita. Una persona complessa e interessante. Probabilmente lontana da me astemio, non fumatore neanche di tabacchi leciti, monogamo e incapace di pensare di dormire in una casa della quale non abbia pagato il mutuo (ma forse, come vedremo oltre, il fascino sta anche nella diversità). Ma tutto questo non sarebbe sufficiente se Carla Vitantonio avesse scritto un libro noioso.
Cosa che non è: non ho trovato momenti di stanchezza ne mi sono annoiato pagina dopo pagina leggendo questo bellissimo diario del suo periodo di lavoro e di vita in Corea del Nord. La tensione, sincera e ironica, è stata sempre mantenuta lungo tutta la narrazione. Tirando una linea retta di attenzione e interesse soddisfacente, le pagine si pongono, con una linea sinusoidale, a volte sotto e molto più spesso sopra lungo tutto il libro.
Non so se si possa definire un diario intimo (ma Carla osa molto nello svelarsi), sicuramente appare sincero ( e sono convinto lo sia) e ne traiamo due benefici, del primo ho già detto, il secondo si rivela nel suo raccontarci la Corea del Nord.
No, meglio: nel raccontarci i Coreani del Nord.
Devo fare un inciso e ammettere un atteggiamento non onorevole. Io guardo su you tube e su facebook pagine e video prodotti dalla Corea del Nord e non posso negare di guardare con una atteggiamento che dobbiamo chiamare con il suo nome, di superiorità, tutte quelle persone schierate che battono freneticamente le mani, cercando di apparire più entusiaste del vicino, o piangono apparendo le più addolorate, o marciano simmetriche come automi. E mi dico, che fortuna di essere Europeo. Intendiamoci, mi “segno con i gomiti” per essere Europeo. Ma ciascuna di quelle persone è una persona singola, inimitabile, non riproducibile. Anche se deve fare quei gesti per sopravvivere. Cosa c'è dietro quella maschera che le viene imposta. Questo io leggo, e di questo ringrazio, Carla Vitantonio. Il racconto delle persone. E anche se lei nelle ultime pagine scrive: “Niente, non ho capito niente di questo Paese. Come si amano le persone, come discutono, come si proteggono. Cosa fanno la sera dopo cena. Come fanno gli adolescenti a ribellarsi ai genitori. Cosa sognano le ragazze assopite negli autobus cadenti, con la testa appoggiata al finestrino e le camicette sempre pulite. Dove trovano i soldi per comprare le borsette piene di brillantini e le scarpe dai tacchi vertiginosi. Dove vanno le signore rugose e ingobbite con i sacchi (pieni di cosa?) riciclati dagli aiuti umanitari degli anni 90 – e conclude il paragrafo – Niente, non ho capito niente di questo piccolo mondo che resiste eroicamente contro la storia”
Che stupenda frase, alla quale credo poco (dopo aver letto il libro). Io scrivo su un evitabile blog i miei diari di viaggio. Sono purtroppo diari da turista e non da viaggiatore, ma l'ho pomposamente chiamato “Grattando il ghiaccio per cercare terra fertile” che vuole dire, in modo inutilmente criptico, che vorrei guardare i posti dove viaggio con un occhio più attento del turista che scivola sul ghiaccio nei pochi giorni di permanenza. Ecco credo che Carla, lo dico sapendo di fare involontaria ironia leggendo alcune sue pagine sugli inverni a Pyongyang, abbia abbondantemente grattato il ghiaccio. Perché credo poco alla sua affermazione delle ultime pagine. Devo riprendere una pagina molto anteriore, forse la più bella del libro (a mio avviso): (sta salutando i suoi allievi)” Me li guardo tutti, me le guardo tutte. All'improvviso mi rendo conto di quanto siano diversi, Myong ama Vasco Rossi e andare in palestra, e fa sempre i compiti in fretta. Han grande ha una immaginazione che la porterebbe a scrivere storie di mondi fantastici, se solo sapesse che è possibile (drammatica questa affermazione, mia nota), e ha sempre freddo. Cho è la più elegante di tutte, sempre e comunque, e quando si concentra per cercare i verbi strizza gli occhi. Ri è il più entusiasta e impazzisce per i computer, vince tornei su torne alle gare universitarie. So invece di fare i compiti va in trattoria, e a volte copia. Pang copia sempre, ma ha doti di grande organizzatrice e una voce meravigliosa. Kim è la campionessa di sport dell'università, dipinge, colora e fa tutte le attività del mondo, salvo non portane a termine nemmeno una.” E così via, non voglio togliere tutto il piacere di leggere questa pagina. E poco dopo scrive “ E quello che spero che i vostri sogni diventino i vostri progetti di vita” che detto in Nord Corea non è una frase banale. Se confrontiamo questa pagina con quanto ho scritto all'inizio sul mio approccio, si capisce perché questo libro mi ha conquistato.
Attenzione, Carla Vitantonio non nasconde nulla della realtà, solo che il suo sguardo è più vicino e più a livello del suolo. Vede la Nord Corea dalla altezza dei suoi occhi, e registra (con acutezza e senza sconti) avendo la possibilità non di valutare dallo schermo del proprio computer ma con tutti e cinque i sensi (vibrazione del terreno comprese). Mi sembra che abbia ben chiaro i criteri di valutazione, quindi non fa sconti, però senza pregiudizio. Questo perché come dicevo guarda i cittadini più che il sistema (con cui si scontra, dovendo anche adeguarsi, più volte).
C'è anche, nel suo libro, il fascino di orizzonti molto più ampi del mio, che nel campo lavorativo è orientato sulla tratta Trezzo – Bergamo. La scelta quasi improbabile la porta in una realtà internazionale fatta di relazioni con persone che arrivano da tutti i paesi del mondo. Verso la fine del libro dice di aver fatto un paio di settimane di vacanze in Cambogia, dove a un certo punto decide di fare un giro al sud in moto con un amico. Per me che per organizzare un viaggio devo avere mille certezze, alberghi o b&b prenotati dall'Italia, tutti!, voli acquistati con mesi di anticipo tanto da essere i primi a scegliere i posti, tutto ciò rappresenta (ormai alla mia età) più un rimpianto che una possibilità.
Ci sarebbero tante altre cose da scrivere di questo bel libro. Una piccola nota, un particolare che probabilmente noto io collezionista di targhe che potrebbe sfuggire ai più, quando scrive dell'ultima gita a Hamhung e dice che (rispetto a Pyogyang che sta cambiando) “ Hamhung sono pure le vecchissime Skoda che circolano sulla strada principale, TARGHE A CINQUE CIFRE come a Pyongyang non se ne vedono più da anni”. Il mio cuore da targofilo ha avuto un sobbalzo. Penso che le targhe della Corea del Nord siano vicino a quelle del Vaticano come valore per un collezionista.
Non so se ho colto il senso (o uno dei sensi ) di questo libro. Per me, che vorrei visitare la Corea del Nord ma che la visiterò da turista che scivola sul ghiaccio, questa lettura è stata un'ottima guida per cercare di aprire meglio gli occhi se mai percorrerò le strade di quel Paese.
Da leggere.

giovedì 11 giugno 2020

IL MONDO NUOVO _ ALDOUS HUXLEY

IL MONDO NUOVO _ ALDOUS HUXLEY
Lo ammetto, un po' invidio i "lettori professionali", che hanno (oltre a una preparazione specifica e un allenamento mentale rigoroso) strumenti e tecniche per poter schematizzare in modo razionale e organizzato le diverse riflessioni e sollecitazioni che i libri propongono, a maggior ragione un libro che immagina, sulla base di riflessioni e osservazioni del presente, il futuro (in questo caso distopico) come questo IL MONDO NUOVO.
Perché un lettore semplice come me lo legge in poltrona, oppure passeggiando per il paese, o a letto prima di dormire quando le già tremolanti capacità cognitive sono messe a dura prova dal cuscino. E quindi si affastellano nella mente infiniti spunti distraenti che portano la mente a divagare.
Si legge un paragrafo e si pensa a 1984 e a come la compressione sociale e politica sia ipotizzata non nella distribuzione artificiale del piacere bensì con "lo stivale che calpesta la testa del succube". Oppure l'eugenetica standardizzata e industrializzata ci rimanda ad Harari e alle sue 21 lezioni per il XXI secolo.  La sfiducia nella libertà dell'individuo stimola il ricordo dell'isola di Utopia dei Tommaso Moro. E si crea un brain storming personale che è eccitante e deprimente allo stesso tempo.
Ho ammirato la visione di Huxley. Sono curioso di leggere i saggi che compongono la seconda parte del libro ( Ritorno al mondo nuovo), ma già alla fine di questa prima parte, scritta nel 1931, la sensazione di avere a che fare con un visionario d'ingegno (non conosco sinceramente la produzione di Huxley) è evidente. Si può forse sorridere di alcune ingenuità, ma se, oltre a metterlo in rapporto con altri scritti e altre riflessioni, semplicemente guardiamo attorno a noi la società contemporanea, non possiamo non manifestare alcuni moti di stupore per le sue intuizioni. Probabilmente non bisogna fare l'errore di pensare che il libro sia stato scritto pensando alla società del XXI secolo, e che il momento che stiamo vivendo sia il punto di arrivo della evoluzione. La diversa tecnologia può modificare le modalità nelle quali i rapporti di forza all'interno delle società umane si sviluppano, ma l'avidità e l'ingordigia sono costanti e comuni nella storia umana. In questo libro sembra che il fine ultimo sia il controllo sociale, e nella seconda parte, con il lungo dialogo tra il Governatore e il Selvaggio su questo argomento ci si concentra, ma il cuore del sistema è la creazione di classi di schiavi subalterni (immaginati come geneticamente condizionati ad accettarsi tali). Nel mondo reale non è così,  la ricchezza di pochi è generata dalla violenza e dallo sfruttamento coercitivo su molti ( e ecco un altro motivo di distrazione, la mente corre alla Laudato sì di Francesco e al recente libro NIENTE DI QUESTO MONDO CI RISULTA INDIFFERENTE), probabilmente il condizionamento mentale avviene nei benestanti, quelli a metà tra i ricchi padroni del mondo e la massa di sfruttati, in modo da fonir(ci) una giustificazione morale per lo stato delle cose.
Questo libro ha prodotto alcuni effetti su di me, probabilmente ingenui e poco interessanti: uno è lo stimolo a leggere Shakespeare (che, arrivato in tarda età, devo ammettere di non conoscere. Ma spesso le mie letture sono stimolate da curiosità sorte da altre letture, come per una ragnatela nella quale ogni nodo è collegato ad altri numerosi nodi); un secondo è quello di stimolare una riflessione sui segnali nella nostra odierna società di quanto il piacere della schiavitù possa essere stimolato e indotto (ma soprattutto, visto che nessuno ammetterebbe di essere succube a ciò, quanto inavvertitamente assimilato).
Insomma, potevo probabilmente scriverlo una trentina di righe prima, senza annoiare con tante elucubrazioni, un libro scritto quasi un secolo fa che è moderno e la cui lettura è uno sforzo meritevole di essere consumato.

mercoledì 10 giugno 2020

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation
E' un libro del 1999, 21 anni fa. Lo scopro ora. No, meglio precisare. Lo leggo ora (che esistesse il libro, la Wumingfoundation, il nome collettivo Luther Blisset lo sapevo da tempo. Ma è stato grazie agli incontri del lunedì sera, organizzati dalla Associazione AMICI DEL GABBIANO che ci hanno tenuto compagnia durante la fase dura del lockdown, e soprattutto grazie alla sollecitazione dei giovani amici Silvia e Fabio che finalmente mi sono deciso a leggerlo.
Ho fatto fatica nelle prime pagine (non amo molto i romanzi che ti immergono subito nella storia senza crearti l'ambientazione e presentarti con pedanteria svizzera i personaggi). Ho fatto fatica soprattutto perché tratta di un argomento e di un periodo storico (l'inizio del Luteranesimo e le rivolte contadine) che non è sconosciuto. Sarebbe stato più facile fosse stato sconosciuto (si creano solo le mappe mentali per posizionare i personaggi e gli eventi). Così invece per molte pagine ho letto distratto da quella condizione per cui ciò di cui si tratta è nascosto dietro un velo sottile della memoria, si vedono solo ombre, si riconoscono persone e posti ma avvolti dalla nebbia del rimbambimento senile che tende a cancellare come in dissolvenza sempre più accentuata ciò che si è studiato (quanto pare poco, male e inutilmente). La tentazione era di leggere in contemporanea un manuale di storia, ma poiché sarebbe l'ennesimo libro che si legge contemporaneamente, sono venuto a patti con me stesso e ho accettato di leggere il romanzo nei limiti delle mie conoscenze.
Vorrei introdurre in questa breve riflessione sul libro ciò che si trova sulla pagina della fondazione:
«Ma perché tornare a raccontare quella storia? Perché un romanzo storico su un soggetto tanto anacronistico? Che significato potevano mai avere Thomas Müntzer e la Guerra dei contadini nei “ruggenti anni Novanta”? Il “comunismo” era stato sconfitto, la “democrazia” aveva vinto, la fede nel Libero Mercato era tanto indiscussa che in Francia si era coniata l’espressione “Pensiero unico”. L’ideologia neoliberista era trionfante. Davvero volevamo scrivere un romanzo su degli straccioni proto-comunisti dimenticati da chissà quanto? Certo che sì.»
Certo che sì. E' vero. Guardare la storia da un lato diverso da quello ufficiale, un po' stantio, concentrato su poche figure apicali. Cambiare prospettiva e soprattutto immergersi nel fango di esistenze sopraffatte, di ansie di rivolta schiacciate, di sangue e letame, tradimenti e giochi di potere che sono la vera e reale condizione nella quale si muove la storia dell'umanità (e questa riflessione sarebbe bene traslarla ai nostri tempi, per avere maggiore acutezza di analisi e comprensione dei fatti che viviamo).
Il libro è anche un affresco della società del tempo, ricorda i quadri di Pieter Bruegel (per esempio Proverbi Fiamminghi), è questa ricerca è uno dei pregi del libro. Ha i suoi limiti ovviamente. Li lascerei scoprire al lettore (indico il passaggio tra la prima e la seconda parte, ma qualunque precisazione sarebbe per me un poco cortese spoiler, l'evoluzione della vicenda va gustata).
Mi ricorda, l'epilogo, la banalità e la casualità di accadimenti dirimenti le sorti, come nei libri di McMurtry.
Insomma ci sarebbe molto di cui parlare ancora (sperando di non inanellare inutili banalità o clamorose sciocchezze) ma vorrebbe dire anche svelare la vicenda sempre piuttosto stimolante, e questo impedimento probabilmente è un pregio del libro. Solo un suggerimento finale: vale la pena leggerlo.

lunedì 8 giugno 2020

MAL D'AFRICA _ Angelo Ferrari e Raffaele Masto

MAL D'AFRICA _ Angelo Ferrari e Raffaele Masto

Ho appena terminato questo libro. Forse sarebbe,da parte mia,  più onesto dire che necessita di una seconda lettura prima di poter fare delle considerazioni. O meglio ancora, non fare considerazioni ma limitarsi a farlo sedimentare, e utilizzarlo come cartina di tornasole su cui far reagire tutte le notizie che i media tradizionali ( o i social superficiali) forniscono sull'Africa. E' un esercizio che dovrebbe essere fatto con tutti i libri di Raffaele Masto.
Questo, per quanto ricordo e per quanto ho capito, mi è sembrato, rispetto ad altri, più cupo, con meno prospettive. Tanto che alla fine è stato necessario leggere la postfazione di Trovato per cercare una via d'uscita, un barlume di luce in fondo a un tunnel.
Come se il titolo, che secondo la narrazione Occidentale poteva far intendere il titolo "Mal d'Africa" come quella malia che prende chi conosce l'Africa che obbliga a voler tornare, invece fosse un drammatico gioco di parole dove Male sta proprio a significare Male. Con la M maiuscola.
Per quanto il libro inizi, in ricordo di Raffaele, con un suo scritto che è una lettera di amore per questo continente (ma lo scritto termina con considerazioni molto dure " l'Africa del terzo millennio è un continente che non sa dove andare, abbagliato dal mito dell'Occidente e contemporaneamente delusa, rassegnata, rosa dal cancro della corruzione e dilaniata dalle guerre. Questa paralisi è il risultato della storia, è un effetto ritardato dell'incontro con l'Occidente"), i restanti capitoli sono una lucida analisi della situazione sociale, economica e geopolitica che non fa sconti a nessuno, se non a una società civile giovane, colta, con voglia di vivere e di riuscire che è sempre troppo compressa da interessi contrastanti che fanno, se si può essere sommari, dell'Africa un serbatoio di risorse e non un mercato regolamentato.
Credo di non essere scontato se dico che questo è un libro da leggere, soprattutto per chi non conosce Raffaele Masto, non legge abitualmente gli articoli di Africa Rivista, Nigrizia, o non segue blog dedicati con attenta serietà all'Africa. (chi lo fa, ritroverà brani già letti, e forse potrà notare la necessità di una revisione editoriale - se si può fare una critica sembra che sia stato assemblato con una certa fretta questo libro). Penso che dovrebbe essere motivo di curiosità per chi sull'Africa (che abbia una visione comunque a priori e pregiudiziale nei due versanti: negativa perché razzista e quindi se sono così è perchè sono popolazioni incivili, positiva perché è tutta colpa delle multinazionali e degli Occidentali rapaci -senza considerare quanti Stati a iniziare dalla Cina succhiano linfa dall'Africa-) ragioni per stereotipi o ammetta onestamente di non conoscere la realtà del continente. A tutti noi, ma a loro in particolare suggerisco la lettura.

mercoledì 3 giugno 2020

LA STORIA E' TUTTA UNA SCIOCCHEZZA

LA STORIA E' TUTTA UNA SCIOCCHEZZA
Aldous Huxley: IL MONDO NUOVO

"Voi tutti ricordate, " disse il Governatore, con voce forte e profonda " voi tutti ricordate, suppongo, quel bellissimo e ispirato detto del Nostro Ford: <La storia è tutta una sciocchezza>.
La storia" ripeté lentamente " è tutta una sciocchezza".
Agitò la mano; ed era come se, con un invisibile piumino, avesse spazzato via un po' di polvere, e la polvere era Harappa, era Ur dei Caldei; delle ragnatele, ed esse erano Tebe e Babilonia e Cnosse o Micene. Una spolveratina, un'altra, e dov'era più Odisseo, dov'era Giobbe, dov'erano Giove e Gotamo e Gesù? Una spolveratina... e quelle macchie di antica sporcizia erano tutte scomparse. Una spolveratina... il posto dov'era stata l'Italia eccolo vuoto. Una spolveratina, via le cattedrali; una spolveratina, un'altra, via Re Lear, e i Pensieri di Pascal. Una spolveratina, via la Passione; una spolveratina, via il Requiem; e ancora, via la Sinfonia, via ...