mercoledì 10 giugno 2020

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation

Q _ Luther Blisset _ wuming foundation
E' un libro del 1999, 21 anni fa. Lo scopro ora. No, meglio precisare. Lo leggo ora (che esistesse il libro, la Wumingfoundation, il nome collettivo Luther Blisset lo sapevo da tempo. Ma è stato grazie agli incontri del lunedì sera, organizzati dalla Associazione AMICI DEL GABBIANO che ci hanno tenuto compagnia durante la fase dura del lockdown, e soprattutto grazie alla sollecitazione dei giovani amici Silvia e Fabio che finalmente mi sono deciso a leggerlo.
Ho fatto fatica nelle prime pagine (non amo molto i romanzi che ti immergono subito nella storia senza crearti l'ambientazione e presentarti con pedanteria svizzera i personaggi). Ho fatto fatica soprattutto perché tratta di un argomento e di un periodo storico (l'inizio del Luteranesimo e le rivolte contadine) che non è sconosciuto. Sarebbe stato più facile fosse stato sconosciuto (si creano solo le mappe mentali per posizionare i personaggi e gli eventi). Così invece per molte pagine ho letto distratto da quella condizione per cui ciò di cui si tratta è nascosto dietro un velo sottile della memoria, si vedono solo ombre, si riconoscono persone e posti ma avvolti dalla nebbia del rimbambimento senile che tende a cancellare come in dissolvenza sempre più accentuata ciò che si è studiato (quanto pare poco, male e inutilmente). La tentazione era di leggere in contemporanea un manuale di storia, ma poiché sarebbe l'ennesimo libro che si legge contemporaneamente, sono venuto a patti con me stesso e ho accettato di leggere il romanzo nei limiti delle mie conoscenze.
Vorrei introdurre in questa breve riflessione sul libro ciò che si trova sulla pagina della fondazione:
«Ma perché tornare a raccontare quella storia? Perché un romanzo storico su un soggetto tanto anacronistico? Che significato potevano mai avere Thomas Müntzer e la Guerra dei contadini nei “ruggenti anni Novanta”? Il “comunismo” era stato sconfitto, la “democrazia” aveva vinto, la fede nel Libero Mercato era tanto indiscussa che in Francia si era coniata l’espressione “Pensiero unico”. L’ideologia neoliberista era trionfante. Davvero volevamo scrivere un romanzo su degli straccioni proto-comunisti dimenticati da chissà quanto? Certo che sì.»
Certo che sì. E' vero. Guardare la storia da un lato diverso da quello ufficiale, un po' stantio, concentrato su poche figure apicali. Cambiare prospettiva e soprattutto immergersi nel fango di esistenze sopraffatte, di ansie di rivolta schiacciate, di sangue e letame, tradimenti e giochi di potere che sono la vera e reale condizione nella quale si muove la storia dell'umanità (e questa riflessione sarebbe bene traslarla ai nostri tempi, per avere maggiore acutezza di analisi e comprensione dei fatti che viviamo).
Il libro è anche un affresco della società del tempo, ricorda i quadri di Pieter Bruegel (per esempio Proverbi Fiamminghi), è questa ricerca è uno dei pregi del libro. Ha i suoi limiti ovviamente. Li lascerei scoprire al lettore (indico il passaggio tra la prima e la seconda parte, ma qualunque precisazione sarebbe per me un poco cortese spoiler, l'evoluzione della vicenda va gustata).
Mi ricorda, l'epilogo, la banalità e la casualità di accadimenti dirimenti le sorti, come nei libri di McMurtry.
Insomma ci sarebbe molto di cui parlare ancora (sperando di non inanellare inutili banalità o clamorose sciocchezze) ma vorrebbe dire anche svelare la vicenda sempre piuttosto stimolante, e questo impedimento probabilmente è un pregio del libro. Solo un suggerimento finale: vale la pena leggerlo.

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