UN UOMO DI POCHE PAROLE_ di Carlo Greppi
Sentivo che c’era un collegamento che mi sfuggiva mentre leggevo questo libro importante e interessante di Carlo Greppi sulla vita di Lorenzo Perrone, l’uomo che “salvò” (letteralmente) Primo Levi fornendogli per un lungo periodo un cibo supplementare che lo aiutò a sopravvivere.
Poi finalmente la lampadina si è accesa.
Prima di svelare il collegamento, devo fare una ammissione. La
mia conoscenza di Primo Levi, il mio approccio alla sua opera (ponderosa,
Greppi scrive che sono più di 4000 pagine) è così lacunosa, che di Perrone
prima di questo meritorio libro non avevo conoscenza.
E il colmare questa mia colpevole lacuna è già motivo di
ringraziamento per Greppi che ha scritto questo libro non facile e non
scontato. Ma c’è altro, si va oltre.
E vengo al collegamento, mi piace pensare che sia uno degli
scopi per il quale Greppi ha scritto il libro, e nasce dalla domanda sul perché
uno fa del bene gratuitamente, opta per una scelta rischiosa o costosa trovando
la motivazione per farla nella scelta stessa che legge il contesto in cui si
esplicita.
Anche quando può sembrare controintuitiva, apparentemente
contraddittoria con le condizioni e il retaggio con cui si convive.
Il collegamento è con un libro che ho appena letto, un libro
che ho apprezzato moltissimo: TEMPESTA, di Camilla Ghiotto.
Renzo Ghiotto il padre di Camilla nato e cresciuto nel fascismo
prende le armi e sale in montagna per combattere per la democrazia che non ha
mai sperimentato. Lorenzo Perrone si trova da Lavoratore volontario di fronte
il prigioniero destinato a morire di consunzione ad Auschwitz e per un lungo
periodo gli porta una gamella di zuppa di nascosto.
Renzo e Lorenzo (due persone diversissime, ma evidentemente accomunate
non solo dalla similitudine del nome) fanno una scelta controintuitiva, rischiosa,
gratuita.
In una intervista a Greppi viene chiesto perché Lorenzo
sceglie di fare la cosa giusta. Risponde: “Voglio credere e sono convinto del
fatto che la nostra capacità di determinarci sia molto più forte del patrimonio
genetico e persino del contesto che forma il nostro carattere. Lorenzo sembrava
un predestinato ad incattivirsi. Ma questo è il messaggio: la scelta ce l’hai
sempre, indipendentemente da chi sei e dal contesto in cui ti trovi. Quella
scintilla può nascere in chiunque, perché tutti ce l’abbiamo dentro”. Questa
scintilla Renzo Ghiotto kantianamente la chiamava “la legge morale dentro di sé”.
Ecco il collegamento
che mi è venuto finalmente in mente finito il libro.
Ci sono altri spunti di riflessione molto profondi in un
libro che non mi sembra semplice e che richiede una buona dose di attenzione
per cogliere tutto ciò che offre. Mi sembra che, per la sentita partecipazione
alla vicenda, e alla ricerca, che Greppi mette in questo libro, che i
protagonisti siano tre, Perrone ovviamente e pure ovviamente anche Levi, ma
pure Greppi stesso, che racconta la sua ricerca soprattutto nelle parti dove
finisce in un vicolo chiuso, dove lo scavo non porta da nessuna parte. Non so,
sbaglierò, ma non mi sembra mania di protagonismo, quanto la sottolineatura
della tendenza a sparire nel nulla, all’oblio, la storia della gente minuta
anche quando compie gesti clamorosamente grandi.
Un altro spunto che mi ha colpito è tratto da Levi stesso,
che trova nel gesto di Perrone la possibilità di tornare ad aver fiducia nell’uomo.
E infine, forse debordo, mi viene da triangolare nel pensiero
tra chi ha compiuto tanto male e, scampando dal giudizio umano, probabilmente
vive bene il resto dei suoi giorni, tra chi ha sofferto tanto male e non si è
ripreso più (Amery, forse Levi stesso), e chi, come sembra dire la storia di Perrone,
ha visto il male e ha perso la voglia di
vivere.
Concludo dicendo che è un libro da leggere e sul quale
sarebbe bello poterne discutere in libreria con Greppi, molti ne trarrebbero
beneficio.
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