CAMILLA GHIOTTO
TEMPESTA. Non è mai troppo tardi per imparare ad essere
figli, né per riannodare la memoria al presente.
Non ho cultura e strumenti tecnici per scrivere con
cognizione di causa e proprietà di questo libro di Camilla Ghiotto, eppure non
resisto. Pur banali e confusi che siano, desidero mettere su carta alcuni pensieri, che
cercheranno di spiegare quanto questo libro mi abbia colpito, mi sia piaciuto,
abbia il desiderio che le persone che amo lo leggano, e di quanta stima nutra
per una giovane che ha quasi l’età dei miei figli.
Per un caso sono stato incaricato dalla associazione Amici
del gabbiano di intervistare Camilla Ghiotto quando è stata ospite nella nostra
libreria Il gabbiano a Trezzo. Ho quindi diligentemente letto il libro,
ringraziando il caso, man mano che lo leggevo, che mi ha fatto prendere questo
incarico. Magari senza di esso non avrei avuto la curiosità di leggerlo. Come non
hanno avuto la curiosità in molti di venire ad ascoltare la presentazione e a
scegliere di leggere il libro. Parafrasando il sottotitolo, non è mai troppo
tardi, il libro in libreria c’è, e su you tube si può ascoltare Camilla parlare
del suo libro.
Paradossalmente credo che se il titolo è un omaggio al
padre, comandante Partigiano con quel nome di battaglia, le due frasi di
sottotitolo siano il più sintetico ma più preciso riassunto del libro, la
traccia che il racconto di Camilla Ghiotto segue nel suo percorso di crescita
come figlia (che parte con un “non gli ho mai fatto le domande giuste… vorrei
che la morte smettesse di essere irreversibile”) e come cittadina che ha un
doppio esito, in un bellissimo dialogo con Tommaso e con un intervento pubblico
che invito a raggiungere quasi al termine di circa 300 pagine necessarie.
La doppia trama, il racconto di Camilla che inizia dalla
morte del padre (ricordiamo perché importante, di 75 anni più vecchio di lei) e
che è intercalato dalle pagine intense ma scevre da ogni retorica eroica del
manoscritto del padre Partigiano, è indovinata. Direi che è in dialogo tra
Camilla e il padre. Un dialogo che ci accompagna, che comprendiamo, con domande
che sono le nostre domande (anche per me che anagraficamente sono della
generazione della mamma di Camilla) e che sono comunque parte di quella Italia
liberata da chi, come il Renzo Ghiotto – nato nel fascismo, educato nel fascismo,
formato nel fascismo – ha sentito dentro di sé la legge morale e ha saputo
scegliere, e mettersi a repentaglio, per qualcosa che non aveva mai conosciuto,
la democrazia.
È un racconto di formazione, è un romanzo civile, è la
storia di una persona che è consapevole che le occasioni si perdono e non si
possono recuperare, ma che accetta questo limite e scopre che, come dicevamo,
non è mai tardi per imparare a essere figli. E questo vale per tutti, anche per
anziani che ricordano ciò che non c’è stato con i loro genitori.
Ma, e questo a mio avviso è un pregio, con una scrittura che
emoziona, commuove a volte, purtuttavia sempre rigorosa, non retorica e non
patetica. Lucida. A me viene questo termine. Camilla Ghiotto è lucida anche
nella sincerità nell’esporsi. Evitando l’eccesso consente al lettore di
rimanere concentrato sul messaggio e contemporaneamente essere empatico con lei
(poi mi piacerebbe sapere con che differenti gradi di empatia. A me anziano
suscita una empatia che forse sarà diversa da un coetaneo o co-generazionale).
È, dicevo, un romanzo civile, perché il personaggio, i
personaggi, non si muovono nei recinti delle loro problematiche, vivono nella
realtà civile e politica. Comprendono che non esiste un relativismo politico,
certe scelte hanno conseguenze che altre evitano. Sanno scegliere la veglia e
non il sonno. E lo dicono, lo agiscono (se posso usare questa strana forma
verbale). Camilla alza la testa, pensando a suo padre, e vede sopra di sé il
cielo stellato, e sente dentro di sé la legge morale.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, invito ad andare a
cercare recensioni che sappiano spiegare meglio perché questo è un grande
libro. A noi della associazione rimane il piacere di averla ospitata e a me
personalmente l’onore di averla intervistata.