mercoledì 4 gennaio 2017

il dibattito delle idee_ L'ACCOGLIENZA PRUDENTE _ (Ferrera su Miller) - IL PONTE SULLO SRA

CORRIERE DELLA SERA- LA LETTURA DEL 20 NOVEMBRE
MAURIZIO FERRERA  discute delle tesi di DAVID MILLER
"Il filosofo inglese David Miller critica l'ideologia di chi invoca confini aperti. Perchè uno stato ha diritto di porre limiti sensati all'ingresso di stranieri"

Questo è il link al blog di Ferrera
https://maurizioferrera.wordpress.com/2016/11/20/laccoglienza-prudente/

Questo un breve estratto a mio avviso significativo

Miller chiama la sua teoria “nazionalismo liberale”: due termini in tensione, ma non inconciliabili. I principi di base della teoria sono quattro.

Il primo è il “cosmopolitismo debole”. Tutti gli essere umani hanno pari dignità e meritano eguale rispetto. Le politiche migratorie non possono violare i diritti umani e in qualche caso debbono agire per proteggerli direttamente, ad esempio accogliendo e assistendo chi fugge da guerre e genocidi. Tuttavia, ciò che dà forma e significato alla nostra vita sono i legami privilegiati che intratteniamo con i nostri familiari, amici, concittadini, con i quali condividiamo memorie, tradizioni, progetti. E’ perciò legittimo per uno stato imporre restrizioni all’ingresso, purché esse siano chiare e normativamente difendibili.

Il secondo principio è l’autodeterminazione nazionale. L’immigrazione può disturbare e persino sfidare gli standard sociali e culturali del paese ricevente; in una democrazia i cittadini hanno diritto di decidere se queste sfide sono accettabili oppure no. Anche qui, però, esistono dei limiti: le motivazioni devono essere conformi ai principi liberali. Questa condizione discende dal terzo principio, che Miller chiama “equità”. Si può limitare l’accesso in base ai livelli di istruzione o alle qualifiche professionali, che sono capacità acquisite. Non si può discriminare in base al colore della pelle, frutto della lotteria naturale.

Il quarto principio è infine quello dell’integrazione. Che è cosa diversa sia dall’assimilazione (modello francese) sia dal multiculturalismo (modello inglese). Non si può imporre all’immigrato di rinunciare alla propria identità e cultura. Si può però chiedere l’apprendimento della lingua e degli standard di comportamento civico del paese di destinazione. Secondo Miller, un migrante mussulmano in Italia non può obiettare al crocifisso appeso nell’aula scolastica di sua figlia, simbolo di una lunga e radicata tradizione culturale. Ma la scuola non può vietare certi tipi di abbigliamento (velo compreso), purché compatibili con le leggi vigenti (il viso deve essere riconoscibile in pubblico). In nessun caso alle varie comunità etniche possono essere concesse deroghe (il turbante anziché il casco in motocicletta per i Sikh, come nel Regno Unito) o delegate funzioni di competenza pubblica (ad esempio la giurisdizione nel campo dei rapporti familiari).


Solo un piccolo inciso. Non ho memorizzato gli eventi, ma a sensazione mi sembra che la polemica sulla presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche non sia propria dei genitori musulmani quanto dei genitori laici che, sia detto per inciso, hanno perfettamente ragione essendo la scuola un ambiente laico in una nazione laica. Ma non è una battaglia su cui perderci troppo tempo. I crocefissi sono diventati invisibili pezzi di arredamento e solo le polemiche li rimettono al centro dell'attenzione.

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