lunedì 8 marzo 2021

ERNESTO CHE GUEVARA _LATINOAMERICANA I DIARI DELLA MOTOCICLETTA

 

ERNESTO CHE GUEVARA _LATINOAMERICANA I DIARI DELLA MOTOCICLETTA

Appunti sparsi

Partiamo dal presupposto che io conosco il mito del CHE ma poco il personaggio storico. Probabilmente questo è il primo libro su questo personaggio che leggo, e ringrazio Julian per avermelo regalato. Mi ha fatto venire voglia di cercare nella mia libreria una biografia di Ernesto Guevara che mi sembra di ricordare di avere. Anche per capire l’evoluzione del personaggio, ancora molto in formazione come si descrive nel diario, curioso e attento ma che non fa trasparire subito una scelta di vita. Ricordo che un certo punto fa un discorso molto retorico e panamericano, ma, come dice con simpatica autoironia, influenzato anche dalla abbondante libagione di pisco fatta con i commensali (che grazie al liquore apprezzano con entusiasmo il suo ragionamento).

Non è un libro semplice, credo, se lo si vuole capire fino in fondo. Probabilmente per capirlo fino in fondo occorrerebbe sovrapporre le cartine, quella del viaggio, sopra una cartina politica del Sudamerica dei tempi del viaggio, a una economica e a una sociale.

E’ un piacevole e divertente diario di un viaggio picaresco forse difficilmente immaginabile ai nostri giorni dove anche il più avventuroso ha uno smartphone sul quale ha almeno una applicazione per trovare posto su un divano di una casa accogliente. I nostri eroi invece spesso rischiano, o veramente si devono adattare, a dormire all’aperto, e alla fine di ogni tappa non sanno realmente dove troveranno alloggio.

Tra l'altro l'impressione è che "la poderosa" sia più di nome che di fatto e li abbandoni abbastanza presto. Molti itinerari sono fatti sui cassoni dei camion che portano animali, cose e persone, spesso insieme, sulle impervie strade andine dei Paesi occidentali della America Latina.

L’autoironia sincera e disarmante rende simpatici questi giovani che non esitano a spremere lacrime per impietosire e scroccare passaggi o pasti.

E’ paradossalmente interessante vedere come il Che e il suo amico Alberto si affidino ai posti di polizia o di guardia civile (non suona strano per il futuro rivoluzionario?) per dormire e trovare ospitalità.

Non si può non sorridere nel leggere terminologie e valutazioni usate dal Che che oggi farebbero rizzare i capelli sulla testa ai cultori del politicamente corretto. Se non sapessimo chi ha scritto quelle pagine e il diario fosse pubblicato oggi, penso ci sarebbe qualche difficoltà a farlo entrare in molte biblioteche o librerie.

Le parti più “leggere” non devono distogliere l’attenzione dalle annotazioni più politiche, quasi un percorso di formazione. A me ha colpito per esempio la forte separazione linguistica tra i discendenti delle popolazioni originarie e quelle di origine europea che parlano castigliano. La non conoscenza del castigliano è una vera forma di apartheid culturale.

E’ uno di quei libri che meritano una doppia lettura, una prima più leggera, quasi più distratta dalle avventure picaresche, e una invece che estrapoli le annotazioni più profonde, seconda lettura che a mio avviso necessita di un supporto che aiuti a contestualizzare e a indirizzare come si svolge il percorso formativo.



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