Questo libro è un gran bel libro.
E fino a qui è stato facile. Ora
dovrei spiegare perché lo è (per me) e mi accorgo di non avere gli
strumenti tecnici per saperlo fare. Con molta presunzione mi addentro
in questo accidentato percorso.
Non so nulla di Antonio, ma la Carla
che ho conosciuto attraverso il libro rende onore alla prima parte
del suo cognome. Mi si rappresenta come una giovane donna vitale,
coriacea, curiosa, insomma piena di vita. Una persona complessa e
interessante. Probabilmente lontana da me astemio, non fumatore
neanche di tabacchi leciti, monogamo e incapace di pensare di dormire
in una casa della quale non abbia pagato il mutuo (ma forse, come
vedremo oltre, il fascino sta anche nella diversità). Ma tutto
questo non sarebbe sufficiente se Carla Vitantonio avesse scritto un
libro noioso.
Cosa che non è: non ho trovato momenti
di stanchezza ne mi sono annoiato pagina dopo pagina leggendo questo
bellissimo diario del suo periodo di lavoro e di vita in Corea del
Nord. La tensione, sincera e ironica, è stata sempre mantenuta lungo
tutta la narrazione. Tirando una linea retta di attenzione e
interesse soddisfacente, le pagine si pongono, con una linea
sinusoidale, a volte sotto e molto più spesso sopra lungo tutto il
libro.
Non so se si possa definire un diario
intimo (ma Carla osa molto nello svelarsi), sicuramente appare
sincero ( e sono convinto lo sia) e ne traiamo due benefici, del
primo ho già detto, il secondo si rivela nel suo raccontarci la
Corea del Nord.
No, meglio: nel raccontarci i Coreani
del Nord.
Devo fare un inciso e ammettere un
atteggiamento non onorevole. Io guardo su you tube e su facebook
pagine e video prodotti dalla Corea del Nord e non posso negare di
guardare con una atteggiamento che dobbiamo chiamare con il suo nome,
di superiorità, tutte quelle persone schierate che battono
freneticamente le mani, cercando di apparire più entusiaste del
vicino, o piangono apparendo le più addolorate, o marciano
simmetriche come automi. E mi dico, che fortuna di essere Europeo.
Intendiamoci, mi “segno con i gomiti” per essere Europeo. Ma
ciascuna di quelle persone è una persona singola, inimitabile, non
riproducibile. Anche se deve fare quei gesti per sopravvivere. Cosa
c'è dietro quella maschera che le viene imposta. Questo io leggo, e
di questo ringrazio, Carla Vitantonio. Il racconto delle persone. E
anche se lei nelle ultime pagine scrive: “Niente, non ho capito
niente di questo Paese. Come si amano le persone, come discutono,
come si proteggono. Cosa fanno la sera dopo cena. Come fanno gli
adolescenti a ribellarsi ai genitori. Cosa sognano le ragazze
assopite negli autobus cadenti, con la testa appoggiata al finestrino
e le camicette sempre pulite. Dove trovano i soldi per comprare le
borsette piene di brillantini e le scarpe dai tacchi vertiginosi.
Dove vanno le signore rugose e ingobbite con i sacchi (pieni di
cosa?) riciclati dagli aiuti umanitari degli anni 90 – e conclude
il paragrafo – Niente, non ho capito niente di questo piccolo mondo
che resiste eroicamente contro la storia”
Che stupenda frase, alla quale credo
poco (dopo aver letto il libro). Io scrivo su un evitabile blog i
miei diari di viaggio. Sono purtroppo diari da turista e non da
viaggiatore, ma l'ho pomposamente chiamato “Grattando il ghiaccio
per cercare terra fertile” che vuole dire, in modo inutilmente
criptico, che vorrei guardare i posti dove viaggio con un occhio più
attento del turista che scivola sul ghiaccio nei pochi giorni di
permanenza. Ecco credo che Carla, lo dico sapendo di fare
involontaria ironia leggendo alcune sue pagine sugli inverni a
Pyongyang, abbia abbondantemente grattato il ghiaccio. Perché credo
poco alla sua affermazione delle ultime pagine. Devo riprendere una
pagina molto anteriore, forse la più bella del libro (a mio avviso):
(sta salutando i suoi allievi)” Me li guardo tutti, me le guardo
tutte. All'improvviso mi rendo conto di quanto siano diversi, Myong
ama Vasco Rossi e andare in palestra, e fa sempre i compiti in
fretta. Han grande ha una immaginazione che la porterebbe a scrivere
storie di mondi fantastici, se solo sapesse che è possibile
(drammatica questa affermazione, mia nota), e ha sempre freddo. Cho è
la più elegante di tutte, sempre e comunque, e quando si concentra
per cercare i verbi strizza gli occhi. Ri è il più entusiasta e
impazzisce per i computer, vince tornei su torne alle gare
universitarie. So invece di fare i compiti va in trattoria, e a volte
copia. Pang copia sempre, ma ha doti di grande organizzatrice e una
voce meravigliosa. Kim è la campionessa di sport dell'università,
dipinge, colora e fa tutte le attività del mondo, salvo non portane
a termine nemmeno una.” E così via, non voglio togliere tutto il
piacere di leggere questa pagina. E poco dopo scrive “ E quello che
spero che i vostri sogni diventino i vostri progetti di vita” che
detto in Nord Corea non è una frase banale. Se confrontiamo questa
pagina con quanto ho scritto all'inizio sul mio approccio, si capisce
perché questo libro mi ha conquistato.
Attenzione, Carla Vitantonio non
nasconde nulla della realtà, solo che il suo sguardo è più vicino
e più a livello del suolo. Vede la Nord Corea dalla altezza dei suoi
occhi, e registra (con acutezza e senza sconti) avendo la possibilità
non di valutare dallo schermo del proprio computer ma con tutti e
cinque i sensi (vibrazione del terreno comprese). Mi sembra che
abbia ben chiaro i criteri di valutazione, quindi non fa sconti, però
senza pregiudizio. Questo perché come dicevo guarda i cittadini più
che il sistema (con cui si scontra, dovendo anche adeguarsi, più
volte).
C'è anche, nel suo libro, il fascino
di orizzonti molto più ampi del mio, che nel campo lavorativo è
orientato sulla tratta Trezzo – Bergamo. La scelta quasi improbabile
la porta in una realtà internazionale fatta di relazioni con persone
che arrivano da tutti i paesi del mondo. Verso la fine del libro dice
di aver fatto un paio di settimane di vacanze in Cambogia, dove a un
certo punto decide di fare un giro al sud in moto con un amico. Per
me che per organizzare un viaggio devo avere mille certezze, alberghi
o b&b prenotati dall'Italia, tutti!, voli acquistati con mesi di
anticipo tanto da essere i primi a scegliere i posti, tutto ciò
rappresenta (ormai alla mia età) più un rimpianto che una
possibilità.
Ci sarebbero tante altre cose da
scrivere di questo bel libro. Una piccola nota, un particolare che
probabilmente noto io collezionista di targhe che potrebbe sfuggire
ai più, quando scrive dell'ultima gita a Hamhung e dice che
(rispetto a Pyogyang che sta cambiando) “ Hamhung sono pure le
vecchissime Skoda che circolano sulla strada principale, TARGHE A
CINQUE CIFRE come a Pyongyang non se ne vedono più da anni”. Il
mio cuore da targofilo ha avuto un sobbalzo. Penso che le targhe
della Corea del Nord siano vicino a quelle del Vaticano come valore
per un collezionista.
Non so se ho colto il senso (o uno dei
sensi ) di questo libro. Per me, che vorrei visitare la Corea del
Nord ma che la visiterò da turista che scivola sul ghiaccio, questa
lettura è stata un'ottima guida per cercare di aprire meglio gli
occhi se mai percorrerò le strade di quel Paese.
Da leggere.