ERNESTO CHE GUEVARA _LATINOAMERICANA I DIARI DELLA MOTOCICLETTA
Appunti sparsi
Partiamo dal presupposto che io conosco il mito del CHE ma
poco il personaggio storico. Probabilmente questo è il primo libro su questo
personaggio che leggo, e ringrazio Julian per avermelo regalato. Mi ha fatto
venire voglia di cercare nella mia libreria una biografia di Ernesto Guevara
che mi sembra di ricordare di avere. Anche per capire l’evoluzione del
personaggio, ancora molto in formazione come si descrive nel diario, curioso e
attento ma che non fa trasparire subito una scelta di vita. Ricordo che un
certo punto fa un discorso molto retorico e panamericano, ma, come dice con
simpatica autoironia, influenzato anche dalla abbondante libagione di pisco
fatta con i commensali (che grazie al liquore apprezzano con entusiasmo il suo
ragionamento).
Non è un libro semplice, credo, se lo si vuole capire fino
in fondo. Probabilmente per capirlo fino in fondo occorrerebbe sovrapporre le
cartine, quella del viaggio, sopra una cartina politica del Sudamerica dei
tempi del viaggio, a una economica e a una sociale.
E’ un piacevole e divertente diario di un viaggio picaresco
forse difficilmente immaginabile ai nostri giorni dove anche il più avventuroso
ha uno smartphone sul quale ha almeno una applicazione per trovare posto su un
divano di una casa accogliente. I nostri eroi invece spesso rischiano, o
veramente si devono adattare, a dormire all’aperto, e alla fine di ogni tappa
non sanno realmente dove troveranno alloggio.
Tra l'altro l'impressione è che "la poderosa" sia più di nome che di fatto e li abbandoni abbastanza presto. Molti itinerari sono fatti sui cassoni dei camion che portano animali, cose e persone, spesso insieme, sulle impervie strade andine dei Paesi occidentali della America Latina.
L’autoironia sincera e disarmante rende simpatici questi
giovani che non esitano a spremere lacrime per impietosire e scroccare passaggi
o pasti.
E’ paradossalmente interessante vedere come il Che e il suo
amico Alberto si affidino ai posti di polizia o di guardia civile (non suona
strano per il futuro rivoluzionario?) per dormire e trovare ospitalità.
Non si può non sorridere nel leggere terminologie e
valutazioni usate dal Che che oggi farebbero rizzare i capelli sulla testa ai
cultori del politicamente corretto. Se non sapessimo chi ha scritto quelle
pagine e il diario fosse pubblicato oggi, penso ci sarebbe qualche difficoltà a
farlo entrare in molte biblioteche o librerie.
Le parti più “leggere” non devono distogliere l’attenzione
dalle annotazioni più politiche, quasi un percorso di formazione. A me ha
colpito per esempio la forte separazione linguistica tra i discendenti delle
popolazioni originarie e quelle di origine europea che parlano castigliano. La
non conoscenza del castigliano è una vera forma di apartheid culturale.
E’ uno di quei libri che meritano una doppia lettura, una
prima più leggera, quasi più distratta dalle avventure picaresche, e una invece
che estrapoli le annotazioni più profonde, seconda lettura che a mio avviso
necessita di un supporto che aiuti a contestualizzare e a indirizzare come si
svolge il percorso formativo.