LO
S.R.A. CERCA DI CAPIRE LA RIFORMA COSTITUZIONALE_16.1 TITOLO V LE
REGIONI, LE CITTA' METROPOLITANE, I COMUNI ARTT. 114-133
Questa
parte tratta della famosa riforma del TITOLO V della Costituzione.
Sono numerosi articoli con variegate modifiche o abrogazioni. Non mi
sembra si tratti solo di togliere la parola PROVINCE e di inserire il
nuovo termine di CITTA' METROPOLITANE (per inciso, sono andato a
vedere che significato ha METROPOLITANO sul vocabolario Treccani,
beh, non è che sia un termine lusinghiero per cittadini, come me, di
Trezzo che fa parte della CITTA' METROPOLITANA DI MILANO. Ecco cosa
dice la Treccani: “b) che appartiene a una metropoli, cioè alla
città principale di uno stato, o in genere, a una grande città (…)
in relazione al formarsi di estese conurbazioni, che in quanto tali
tendono ad attenuare l'importanza dei grandi centri urbani, l'agg. È
spesso usato nel linguaggio politico e sociologico (…) per
connotare territori di recente (recente Trezzo???)
urbanizzazione, per lo più indifferenziati e privi di un centro di
riferimento, talvolta caratterizzati da degrado edilizio e sociale”.
Sicuramente non è questa la visione del Parlamento, ma questo ho
trovato).
Occhieggiando
qua e la il dibattito (meglio per ora le reciproche invettive, che di
dibattito ne ho visto poco) sulla Riforma, non mi sembra che questa
parte sia al centro dell'attenzione, ci si concentra di più sulla
lunghezza dell'articolo 70.
Forse
in molti esiste la consapevolezza che la precedente modifica del
titolo V della Costituzione fu figlia della debolezza di pensiero e
di una visione miope timorosa verso che coloro che sembravano essere
gli astri nascenti della politica e che sono finiti o a giudizio, o a
vivacchiare grazie alle generosità dello stato.
Non
ricordo il dibattito politico di quei tempi, ricordo il clima
plumbeo.
La
cessione di potere, con la legislazione concorrente, alle Regioni non
fu altro, in estrema sintesi, che una moltiplicazione per venti dei
difetti esistenti, in cambio di benefici dei quali ora non me ne
viene in mente neanche uno. Non ci voleva un genio per capirlo, lo
avevo intuito io, e se lo avevo intuito io...
Mi
piacerebbe, avendo il tempo, di andare a ricercare un po' di
motivazioni espresse a quel tempo.
L'analisi
delle modifiche contenute in questo ambito mi sembra un po' complesso
e un po' da specialisti.
Cercherò
qualche supporto meglio attrezzato.
Per
ora mi limito a scrivere che personalmente, in generale, vedo con
favore questo intervento. Che sicuramente non sarà perfetto, anzi,
queste CITTA' METROPOLITANE mi convincono molto poco
Come
idea generale, io sono favorevole a uno Stato centralizzato fondato,
amministrativamente, su una forte burocrazia ferrea, efficiente,
formata in scuole nazionali di alto profilo ed estremamente selettive
e con e in grado di inculcare un forte sentimento di essere “civil
servant”. Un servizio per lo Stato nel quale è difficile entrare
ma è facile essere espulsi.
Una
burocrazia i cui esponenti sono in grado di lavorare in diversi
settori e la cui carriera è soggetta a continue e costanti rotazioni
con spostamenti di settore e di ambito geografico.
Al
limite, se ci fossero limiti seri che rendessero le cariche elettive
politiche soggette a forti e continui ricambi (nonostante le
polemiche di questi giorni su Roma io non credo alla “carriera di
politico” e sono favorevole al limite dei mandati e, per assurdo,
visto la situazione, al sorteggio delle cariche politiche – magari
negli ambiti più territoriali - )non sarei contrario per principio
allo “spoiling system”, valutando che la fiducia tra burocrate e
politico possa far compensare la direzione ideale e politica di
determinate scelte con il limite temporale del mandato politico e il
collegato limite temporale della carica burocratica.
Continua
con l'analisi delle modifiche.
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